PRIMA CHE IL TRAMONTO SIA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Che ne sarà del nostro Occidente che già nel suo nome ospita la fine?
Occidente deriva da occasus quel momento in cui il crepuscolo è già sfiorito ed I raggi dileguano inghiottiti dall’orizzonte. Un’ ultimo bagliore e, quella che era la terra della luce, realizzando ciò che il nome custodisce, cede la signoria secolare: nomina sunt omina!
Al tramonto dell’Occidente, oggi, si affianca l’antico argomento del tramonto apocalittico.
Putin, l’ultima reincarnazione dell’eterno ritorno del nichilismo, è apparso nella sua ciclicità a rendere attuali le cose solo pensate.
Ma Putin non ha dignità di causa prima. No! E’ solo una delle cause seconde.
Quando il rapporto d’essere è sostituito dal rapporto d’avere, quando la terra è aggredita dal fare, dal commerciare, dal produrre, quando il meravigliarsi del miracolo della Natura è scalzato dall’indifferenza, quando l’essenza dell’umanità si estrinseca nel possesso delle cose, quando al Dio morto non si sa più cosa sostituire, quando gli Dei antichi sono fuggiti ed i nuovi tardano a venire, quando la vacuità del senso rende l’uomo sempre più solitario e vuoto in se stesso, quando ci si sente sempre più “funzionari della tecnica”: ecco che abbiamo individuato la causa prima e Putin è determinato ad agire dalla Necessità del tempo.
Ma davvero possiamo aver a che fare con una terza guerra mondiale?
Davvero potremo vedere un sole accecante, diverso dal nostro materno astro, devastare, con il suo bagliore improvviso ed il suo vento impetuoso, ogni cosa?
Potremo evitare un conflitto mondiale ma di certo la transizione ecologica sarà pesantemente influenzata. Potremo evitare la terza guerra mondiale ma è possibile che la forza di dissuasione nucleare provocherà una guerra tradizionale continuata nel tempo, guerra che provocherà morti, distruzioni ma che permetterà al grande apparato tecnologico, industriale, consumistico di continuare in mezzo ad una “distruzione creativa”. Guerra permanente ma condotta entro limiti tali da non oltrepassare il “non ritorno”. Tutto questo sotto l’incubo “damocleo” mai sopito di un intervento nucleare dall’una all’altra parte dei contendenti .
Può finire il mondo?Può finire quell’enorme sforzo dell’umanità di reggere il mondo come Atlante che sostiene e sa di sostenerlo? Certo il mondo può finire ma dovrebbe finire per cause sue, naturali non per mano umana.
La fine di “un mondo” è un concetto che ci appartiene, è una esperienza vitale: tutto finisce, finisce il mondo dell’infanzia, finisce il mondo del lavoro, vediamo morire le persone amate, vediamo gli alberi cadere, il divenire ci appartiene. Siamo cosci della fine di un mondo, il nostro mondo.
Ma ora, improvvisamente, ecco apparire dopo la grande epidemia non più l’argomento della “fine di un mondo” ma “la fine del mondo”, ovvero qualcosa che non provoca solo paura ma angoscia.
Un malessere verso qualcosa di non pensabile che va oltre l’esperienza biologica della fine .
Che cosa ci è dato sperare?
Una sola cosa: che il rischio radicale (posto in essere dalla causa prima) trovi nella ragione il suo superamento. Nel suo Atlante mai stanco. Nel suo Atlante che deve essere maschio quanto donna se il suo compito è sorreggere il mondo.
Atlante, l’ermafrodito, Atlante dotato di animus ed anima, maschio -femmina non potrà cedere, continuerà il suo sforzo immane nel sostenere il peso di questo nostro pianeta.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Un altro intervento sospeso tra sentimento di profonda inquietudine e bisogno di speranza.. Che bella l’immagine finale con la rivisitazione ermafodita di un mito segnatamente maschio! Tiro un sospiro di ammirazione, ansia speranzosa e fiducia cooperante. Un effetto complesso e indefinibile quello suscitato dalle tue parole, ma come sempre stimolante.. 👍❤️
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caro Carlo, hai ragione: se l’Occidente smarrisce la categoria di “senso”, inevitabilmente si riaffaccia il nichilismo, per il quale l’essere in sé è niente, o, per dirla con Heidegger, è qualcosa solo nell’ “ente” che vive, lavora, produce. Hai messo giustamente l’accento sulla causa prima che è questa idea di dominio, di sfruttamento dell’uomo sulla natura, in un trionfo della tecnica sempre più concepita come fine anziché come mezzo. Sta proprio nella sua essenza nichilistica
la crisi valoriale e quindi di senso dell’Occidente.
“L’Occidente è una nave che affonda, dove tutti ignorano la falla e lavorano assiduamente per rendere la navigazione sempre più comoda”. (E. Severino).
Enrico Iengo
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” Nomen omen”, ma dove trovo questo concetto? Sul mio computer, sul mio watsapp, sul libro che stavo leggendo, su di una diretta televisiva, su La7 o su Skay TG24?
Il Caos dell’inizio è stato regolato dall’ intelligenza cartesiana, dalle figure, dai piani di attacco e di difesa di Waterloo, di Leningrado, del Donbass.
In questa confusione ci aggrappiamo alle storie di vita, dei bambini feriti, che emigrano, ripetendo l’eterna diaspora, delle donne incinta e sanguinanti..e su tutto questo applichiamo , ormai ed ancora, la logica occidentale del ” Sarà vero? Sarà falso?”.
Non prendiamo atto di essere avvolti in un mondo schizofrenico, fatto di dichiarazioni auto neganti: ” Devo- Non posso, Devo- Non posso”, con ricorrenza infinita.
Così Sisifo acquiescente rimugina la sua colpa, tenendo ben nascosta la sua Rivolta: ed in una condizione autoreferenziale( la mia storia, la mia vita) Sisifo, lo schizofrenico, esce fuori, si libera dalla dialettica del doppio vincolo, chè tutte le “Prescrizioni del Padre” ( dell’ Occidente, dell’ economico e della matrigna America) sono TRASGREDIBILI !
E’ questa la mia rivolta!
E non siamo ipocriti, la Rivolta negli anni ’70 c’è stata. Tutto ad un passo dalla lotta armata, per chi uscì da Lotta continua e fondò Prima Linea. La rivolta era anche quella del PCI, del Sindacato, della Sinistra eretica che reagirono alla minaccia reale del Colpo di Stato. Ci ricorda qualcosa Edgardo Sogno con i vertici militari, il golpe di Junio Valerio Borghese nel 1970, il golpe di cui parla Pasolini e infine la strage di Brescia nel 1974 che ci vide uniti di fronte al massacro?
Da quanto tempo noi ” che siamo al tramonto” ci ribelliamo a questa ” qualità della modernità” ?
Non devo, ma posso.
E così ,” nomen omen”, io anti fascista, anti tutto, incontrai il più missino a Civitavecchia. Avevo saputo che la sua biblioteca giaceva in stanzette ospitate dai missini. E me lo ritrovai, fascista e missino, in un bar ai Portici, con la sua sciarpetta ed il suo cappottino striminzito.
Volevo parlare con Lui di Aristotele e Platone e LUI, per la mia giovane età e per farmi un ” dono” gratuito, mi parlò della filosofia analitica! Di Popper e del falsificazionismo !
Delle sue tracce , ora che parliamo della Russia, mi vengono in mente ed il fascicolo delle sue poesie:
Terra mia , terra mia,
terra mia lontana,
gli occhi miei, gli occhi miei,
non ti vedràn più, mai più..
Dimitrij di Russia
Accademia di San Giorgio, Atti e Memorie. Museo di Provincia,1992.
Così la vita può trovare la propria espressione nel tramonto, che porta l’ odore della rivolta, della menta e del timo.
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Considerazioni realistiche che mettono tanta tristezza; in una brevissima pausa tra un turno e l’altro,( sono a Salsomaggiore ai campionati italiani di bridge) una leggera angoscia mi assale, chiusa in questo palazzo liberty della sala congressi che riflette in pieno la fine di una epoca tra disegni floreali e lesene decorate, mi sento sospesa in una realtà parallela e non so cosa troveró alla fine
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Nel commento ho fatto cenno alla teoria del”Doppio vincolo”Bateson e a Deleuze, L’Anti Edipo.
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