Il civitavecchiese Raul DI GENNARO: “un ragazzo della Folgore, un Eroe italiano”
di DANIELE DI GIULIO ♦
PREMESSA
Dalla testimonianza del Maggiore Giuseppe IZZO (Comandante del V° Battaglione paracadutista) in riferimento al 24 ottobre 1942 (ore 3 circa) in località Menahir El-Daba (Alamein):…“Un comando secco richiamò la mia attenzione. Una massa scura, poco discosto, ai piedi dell’altura, apparve verso la mia destra. Il plotone artieri paracadutisti, allineato sul presentatarm. Gli elmetti e le armi mandavano riflessi alla luce lunare. Il sottotenente Di Gennaro mi si piantò davanti, salutando in perfetta posizione di attenti. Mi presentò il plotone e mi chiese l’onore per sé e per i suoi artieri di partecipare al combattimento del V°. Ringraziai e detti gli ordini, che furono eseguiti da piazza d’armi”.
20 ottobre 2002 El- Alamein 60° Anniversario della Battaglia. Alfiere d’onore per la consegna della bandiera di combattimento delle Specialità d’Arma, che parteciparono alla battaglia, al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio CIAMPI
CARRIERA MILITARE
Raul DI GENNARO nasce a Civitavecchia il 17 gennaio 1919. Chiamato alle armi il 31 agosto del 1940, si arruola come allievo Ufficiale di complemento nell’Arma del Genio (Regio Esercito).
Il 20 maggio del 1941è nominato Sottotenente artiere minatore e destinato al 1^ Reggimento Genio con sede a Verona. Nel giugno del 1941 è frequentatore della Scuola di paracadutismo di Tarquinia e il successivo mese di dicembre ottiene il brevetto di paracadutista.
Il 22 marzo 1942 è assegnato alla Divisione Folgore e il 6 maggio successivo è nominato comandante di plotone nella compagnia genio artieri minatori . Nei primi di luglio la Grande Unità Complessa si disloca in Puglia ed a partire dalla metà dello stesso mese, inizia il trasferimento verso il fronte di El Alamein (Africa Settentrionale).
Il 29 luglio del 1942 il sottotenente Di Gennaro, con partenza da Lecce e per via area, raggiunge i suoi compagni paracadutisti. Il 24 ottobre 1942 durante i combattimenti compie un atto estremamente valoroso per cui riceverà successivamente la Medaglia d’Argento al Valore Militare. Il 7 novembre del 1942 è catturato dalle truppe britanniche e condotto come prigioniero di guerra in Egitto. Il 1^ luglio del 1945 rientra in Patria sbarcando a Taranto e il 21 ottobre del 1945 è assegnato alla 774° compagnia genio lavoratori. Il 23 novembre 1945 è trasferito Roma presso il Deposito dell’8^ Reggimento genio: in questo nuovo incarico partecipa allo sminamento nelle località di Latina, Terracina, Sperlonga fino al’1^ maggio 1946, data in cui è posto in congedo.
LA DIVISIONE FOLGORE NELLA TERZA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN
A partire dal 23 ottobre fino al 4 novembre 1942, a El Alamein, un centinaio di chilometri a ovest del Nilo, è stata combattuta la più grande battaglia in terra d’Africa della 2^ Guerra Mondiale. Il fronte, su terreno completamente desertico, era compreso (partendo nord a sud) tra la costa del mar mediterraneo e il ciglio della “grande depressione” di El Qattara. Su questa linea era schierata a difesa l’Armata italo-tedesco in cui era inquadrata la Divisione Paracadutisti Folgore che nello specifico presidiava circa un quarto dello schieramento all’estremo sud (fronte di 15 chilometri) con: 3000 uomini circa, 80 obici avuti in supporto da altre unità, alcune decine di cannoni controcarro da 47/32, pochissimi autoveicoli e munizionamento razionato. Inoltre, quasi tutti i paracadutisti erano affetti da dissenteria e seriamente indeboliti da tre mesi trascorsi in condizioni di vita estremamente faticose. Comunque tutti erano pronti a sostenere “l’urto”, qualsiasi esso fosse, ben decisi ad opporsi con ogni mezzo allo strapotere avversario.
Di fronte alla Folgore, incaricata dell’attacco a sud, era dislocato il 13° Corpo d’Armata britannico, articolato su 4 Divisioni, con più di 50.000 uomini, 400 cannoni, 350 carri armati, 250 blindati, munizioni praticamente illimitate e migliaia di automezzi. L’ulteriore vantaggio era dovuto sia al totale dominio dell’aria sia al terreno favorevole all’impiego in massa dei corazzati.
Alle 20.45 (ora italiana) del 23 ottobre 1942, circa mille cannoni inglesi aprirono contemporaneamente il fuoco contro le posizioni italo-tedesche. Di seguito intere brigate corrazzate e di fanteria mossero all’attacco della Folgore investendo, sul centro della loro linea di difesa, le compagnie 6° e 19°. La lotta si accese subito furibonda: i paracadutisti si accanirono principalmente sulla fanteria in modo da dissociarla dai carri e, combattendo impetuosamente, vi riuscirono quasi dovunque. Durante la notte, ebbe inizio l’azione di contro assalto anche verso i mezzi corrazzati, con il lancio sia di bombe a mano sia di “bottiglie incendiarie”. All’alba, l’attacco in forze portato contro le postazioni centrali della Folgore aveva subito un primo e decisivo colpo d’arresto: di fronte alla reazione di non più 350 paracadutisti, intere Brigate nemiche avevano dovuto fermarsi.
Nella stessa notte, l’estrema ala destra dello schieramento paracadutista in località Naqb Rala fu oggetto di un altro violento attacco da due battaglioni della Legione Straniera “Divisione Francesi Liberi” (in totale circa 2000 uomini), sostenuti da una “colonna volante” (comandante Kersauzon) formata da carri armati, autoblindo, blindati scoperti, autovetture da ricognizione con al seguito armi controcarro e mortai.
I paracadutisti erano circa 100 unità (tra essi il Sottotenente Di Gennaro con il suo plotone) che, sul terreno aperto, affrontavano un avversario venti volte superiore. I difensori, suddividendosi in piccoli nuclei, riuscirono a contenere l’impeto degli assalitori e a farli indietreggiare costringendoli infine, dopo tre ore di cruenti scontri, a battere in affannosa ritirata.
EVENTO DEL 24 OTTOBRE 1942
Nelle ore precedenti all’evento in questione, Il compito del plotone divisionale artieri minatori del Sottotenente Di Gennaro era stato di predisporre un campo minato (mine inglesi, disattivate e riattivate per l’esigenza!) in località Menahir El-Daba di fronte alle postazioni difensive dei paracadutisti, garantendo una maggiore resistenza per arrestare l’imminente attacco del nemico. Alle 3 circa del 24 ottobre 1942, il comandante Di Gennaro, avendo terminato la sua missione, avrebbe potuto raggiungere nelle retrovie il comando divisionale, ma non intese lasciare i suoi compagni paracadutisti e, presentandosi incredibilmente in maniera “formale” con i suoi 28 uomini (nonostante il “martellante” tiro dell’artiglieria nemica), chiese al Comandante del V° battaglione (Maggiore IZZO) l’onore di partecipare al combattimento.
Il Cte del battaglione assegnò al plotone artieri minatori di porsi sul ciglio est dello schieramento e da tale posizione scambiarono per due ore raffiche con i soldati del 1^ battaglione dei legionari francesi e alla fine del combattimento si registrarono soltanto due feriti tra gli artieri minatori.
Il risultato incredibilmente straordinario si verificò, in parte per la buona sorte, ma soprattutto per l’abilità del comandante Di Gennaro che seppe sia scegliere accuratamente il luogo dell’appostamento sia predisporre che tutti i suoi uomini periodicamente cambiassero posizione. Tali disposizioni consentirono agli artieri minatori di evitare di essere un facile bersaglio e di far credere al nemico che il loro numero fosse largamente superiore.
Il nostro eroe per questo evento fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare.
EPILOGO
Negli anni a seguire Raul Di Gennaro si prodigò per tener sempre vivo il ricordo di ciò che aveva vissuto in terra d’Africa. Partecipò a diversi consessi istituzionali, interviste con giornalisti televisivi di livello nazionale e incontri nelle scuole. Da un suo intervento al “Convegno per la ricorrenza del 63° Anniversario della Battaglia di El-Alamein – Tarquinia”, affermò:
…I paracadutisti della Folgore, a piedi, con armi leggere si scontrarono, su un piano di battaglia piatto, troppo ostile, contro carri armati nemici, eppure assaltarono e contro assaltarono. La Divisione però fu decimata ma i suoi superstiti circa 400 non si arresero, con scarse munizioni, poche armi, assetati ed affamati, non alzarono le mani ma si schierarono di fronte al proprio Comandante e questi al nemico. Alla fine fu concesso l’onore delle armi.
Io ero lì perché così avevo scelto, nella consapevolezza del rischio e delle scarse probabilità di sopravvivenza. Feci quella scelta non per ambizione, non per uccidere, non per conquistare medaglie, ma solo per dovere come tutti i giovani della mia età, “per amore della Patria” ….
A Voi giovani e meno giovani che siete il futuro e la speranza della Patria perché parte più viva del domani…Non abbiate mai paura di fronte alle avversità, come noi, senza paura, abbiamo affrontato la cattiva sorte e volontariamente gli siamo andati incontro…Ed ora un appello, un grido che nasce dal mio animo: Combattete per difendere la pace, la democrazia, la libertà dei popoli!
DANIELE DI GIULIO
La buca trema, la sabbia si ribella ai cingoli che tuonano a pochi metri. La mignatta unta di grasso è stretta al petto, è corpo del mio corpo. Ho pochi secondi. Chiudo gli occhi. Debbo fare ciò che il cuore mi comanda. Non posso aver paura. Eppure tremano le mie ossa, s’agita il cuore. Ecco decido. Esco fuori, non vedo nulla, tutta polvere. Non capisco dove andare e mi rotolo sul fianco. Mi fermo. Che Dio mi aiuti. Spero di essere in linea giusta sotto la pancia del carro e non sulla traiettoria dei cingoli. D,un tratto lo vedo, sento un fragore terribile .. Vedo a stento. Sento sopra di me il ferro. Mi capovolgo.Attacco la mignatta e rigido come mummia attendo che passi oltre. Ho la sabbia in bocca e non riesco a respirare.
Poi il boato.
Rientro nella buca. Il mostro è vinto.
Italiani. Mandati in guerra a mani nude. Mancarono i mezzi, vennero tradite le promesse, ingannati gli uomini. Una guerra che si doveva guerreggiare dall’altra parte, non da quella dell’aggressore. Ma questi sono i discorsi del dopo, i discorsi della storia.
Guai a non distinguere ciò che è generale dai fatti dei singoli.
Mancarono i mezzi ma non l’onore, almeno ad Al Alamein.
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Zio Raul, zio Jose Speranza, mio padre Bruno, li vedo, prima del 1940, ridere, ballare e nuotare, allestire spettacoli nel teatrino dei frati Zoccolanti, la comitiva del ponte delle Quattro Porte. Li rivedo negli anni ’60, alla piscina di Largo Caprera, genitori affettuosi, volitivi ed impegnati ad organizzare gare di nuoto e di pallanuoto.
In mezzo la guerra, la “chiamata alle armi” per i nostri genitori ventenni nel 1940. Jose nella campagna di Russia ritornò con un piede congelato e rimase claudicante. Raul dimostrò il suo onore e il suo amore per la patria nella grande offensiva ad El Alamein. Il suo amico Bruno, mio padre, nel giugno del 1941, era lì accanto, fu fatto prigioniero a Tobruck. Questo
“piccolo non eroe” fu tirato fuori dal suo amato
carroarmato di latta da un Sik indiano con un turbante rosso, alto due metri, fu poi tradotto prigioniero a Bengasi, con la sua divisa fatta di corti calzoncini color caki e scarpe di pezza. Rimase in India, a riso cotto in brodaglia, per due anni. Poi, finalmente, per altri tre anni presso Oxford, dove imparò un perfetto inglese…
Carro zio Raul, che i vostri sacrifici siamo una perfetta testimonianza per la pace!
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Grazie Carlo di queste tue “vive” considerazioni che ci riportano alle condizioni reali di questo durissimo tipo di combattimento. Peraltro, la scarsezza di rifornimenti (sia munizionamento sia vettogliamento) ha costretto i parà della Folgore a trovare soluzioni “estreme”: il sottotenente DI GENNARO, per predisporre un campo minato in difesa alle postazioni italiane, recuperò dai campi minati nemici le mine che furono prima disattivate e poi riposizionate a difesa dello schieramento italiano (gli italiani non avevano il metal dector come i britannici ma utilizzavano la baionetta per scovare le mine!!!). Inoltre, per nutrirsi il nostro eroe cercava cammelli morti da cui trarrre acqua e carne. Il libro Inglese”Alamein war without hate” riporta la citata testimonianza del “Lieutenant” DI GENNARO quando era prigioniero dell’Esercito di Sua Maestà!
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Grazie Paola per il tuo scritto,non conoscevo tutta la storia di zio Bruno ,mi ha fatto molto piacere saperla,un caro abbraccio a te , anche da Marco
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Ho avuto il piacere di conoscere Raul Di Gennaro fin dalla mia adolescenza. L’ho frequentato nella veste lui di dirigente sportivo della SNC ed io di atleta. La sua passione per lo sport (ricoprì diversi incarichi nazionali) si coniugava con l’alta figura morale. Nutrivamo stima per quell’uomo che si avvicinava a noi ragazzi con l’atteggiamento di un buon padre, mai autoritario, sempre disponibile ad aiutare. Poi nella vita adulta ho avuto modo di continuare quella che è diventata amicizia e che ha consolidato la mia stima: Raul in modi diversi ha sempre servito il suo paese, da militare con generosità e coraggio, nella vita successiva come esempio da seguire.
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Hai perfettamente ragione. Per l’opera meritoria a favore dello sport, Raul Di Gennaro è stato premiato dal Presidente della Repubblica, dal C.O.N.I. e dalla FIN:
-1990 Premiato di Stella d’Argento al merito sportivo dal C.O.N.I.;
-1996 Premiato di Stella d’Argento al merito sportivo dal Comitato regionale FIN;
-1996 Insignito di Cavaliere dell’O.M.R.I. (Ordine al Merito della Repubblica Italiana);
-1996 Premiato di Stella d’Oro al merito sportivo dal Comitato regionale FIN;
-1998 Premiato di Stella d’Oro al merito sportivo dal C.O.N.I.;
– 2000 Attestato di Benemerenza Comune di Civitavecchia per lo sviluppo dello sport cittadino;
– 2005 Insignito di Commendatore dell’O.M.R.I. (Ordine al Merito della Repubblica Italiana).
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La lingua italiana usa il termine imbelle in modo se anticamente negativo e spesso offensivo. Tanto quanto inetto. Tale uso si iscrive evidentemente in una prospettiva polemofila se non totalmente bellicistica. Mi commuovono pagine di eroismo come quella raccontata da Daniele, ma nello stesso si consolida in me la forza della prospettiva (utopia?) irenistica. Spero non dipenda solo dall’essere donna…
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semanticamente
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Ebbi modo di conoscerlo e frequentarlo per motivi sportivi; non ho parole per descrivere la sua magnifica persona. Stefano Cervarelli
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