Il piacere del falso
dii CATERINA VALCHERA ♦
Asseriva Umberto Eco che non c’è miglior modo per diffondere un libro che parlandone male. Si potrebbe applicare lo stesso principio all’attuale diffusione sui social e sui media di tutta una congerie di credenze, superstizioni, manipolazioni di dati, pregiudizi e pseudo-giudizi, che dovrebbero essere incompatibili con il senso stesso della modernità e quindi autoeliminarsi, per una sorta di reset intellettuale da parte di tutti gli esseri pensanti. Quindi non dovrebbe rendersi necessario confutarli e dare loro l’attenzione e la risonanza che non meritano, correndo così il rischio di concorrere alla loro diffusione. Invece, per incredibile paradosso, mai come in questi tempi ultramoderni vanno affermandosi o resuscitando idee, ideologie, dicerie ai confini del pettegolezzo, pensieri (?) che negano convinzioni razionalmente fondate e storicamente accreditate, solo grazie a un rinnovato bisogno di falso. Sembra dominare il piacere del falso o -come dice Umberto Eco- la forza del falso. Così titola infatti un suo scritto, che è poi l’ampliamento della Prolusione tenuta all’inaugurazione dell’Anno Accademico 1994/95 all’Università di Bologna. Un tema, quello della materia dei falsari a lui molto caro, confluito nel romanzo Il cimitero di Praga che ha per argomento la storia di un grande falso, i Protocolli dei Savi di Sion, in cui l’autore svela ogni snodo del meccanismo di quella paradossale verità. All’inizio della Prolusione, Eco cita la risposta di san Tommaso alla Quaestio quodlibetalis XII,14 e cioè se sia più potente, più convincente il potere del re, quello del vino , il fascino della donna o quello della verità (utrum veritas sit fortior inter vinum et regem et mulierem). L’Aquinate, che aveva in sede opportuna dimostrato di saper resistere a quello muliebre, risponde che se sull’intelletto pratico si esercita il potere del re, cioè del comando, l’unica forza che muove l’intelletto speculativo è la verità. Giocando come al suo solito sul paradosso, Eco mette in dubbio tale risposta, ipotizzando un’uguale e contraria forza del falso e ricordando che nel corso della storia credenze e affermazioni, smentite dall’attuale Enciclopedia, hanno non solo avuto credito, ma un credito di tale portata da soggiogare i sapienti, ispirare opere poetiche e imprese umane di ogni genere. Dunque esiste una forza del falso?- si chiede. Mi è venuto in mente questo suo intervento, ricco come sempre di rilievi e documenti suggestivi, poiché in tempi recenti i social danno ampio spazio a negazionisti, terrapiattisti, complottisti, cultori di depistaggi, pseudofili per gusto provocatorio o per moda o semplicemente per ignoranza. Nessuna voce però- a quanto mi risulta- si prende oggi la briga, come faceva Eco, di parlarne “seriamente”, di accoglierli in un serrato gioco dialettico sul problema vero/falso, di smontarli non con il richiamo a un’evidenza che potrebbe risultare altrettanto fideistica, ma ricordando che almeno i falsi della storia, anche quelli colossali (vedi la falsa donazione di Costantino), venivano costruiti con un lavoro accurato, molto più credibile della falsa scoperta in Iraq delle armi di distruzione di massa. La vera linea di demarcazione tra le falsificazioni del passato e le false credenze dell’oggi è che le prime, spesso nate come esercizi retorici, giochi eruditi o addirittura scherzi tra eruditi ( come la stessa Donazione di Costantino- cui Dante verosimilmente non credeva ma che gli tornava molto utile nella sua polemica antitemporalistica- o i manifesti dei Rosa-Croce, probabilmente riconducibili ad esercizi letterari del genere utopistico) erano state poi in grado di imporsi grazie alla loro forza narrativa, che le rendeva verisimili e capaci di spiegare ciò che diversamente risultava incomprensibile. I geografi medievali disegnavano le mappe come se la terra fosse piatta (lo si fa ancora), ma che fosse tonda lo sapevano Tolomeo (diversamente non avrebbe potuto dividerla in 360 gradi di meridiano) e lo sapevano già i Padri della Chiesa e Isidoro di Siviglia, costretti a competere con la tradizione biblica e la relativa forma terrestre a tabernacolo. Il credito assegnato al testo della Donazione costantiniana è legato agli effetti di tale testo : garantire il continuum storico tra il potere imperiale romano e quello del pontificato, tra latinità e cristianesimo con la prosecuzione di una guida universale. Le contraffazioni, dunque, si giustificavano in quanto racconti che da un lato accendevano l’immaginario e dall’altro assumevano una funzione storicamente strumentale o esplicativa del reale. La stessa dei miti. Talvolta in quei testi figuravano iperboli non solo fantastiche ma anche morali, come nella famosa Lettera di Pietro dove, a proposito dell’immaginaria isola del regno di Pietro si leggeva: Tra di noi nessuno mente[..]Tra di noi non vi è chi sia adultero. Nessun vizio ha potere presso di noi. Tale lettera tradotta dal latino e parafrasata per secoli sino al Seicento rappresentò poi l’alibi per l’espansione del mondo cristiano verso Asia e Africa. Ma le cialtronerie di oggi, le deliranti fideistiche opinioni, le story-telling basate su fake news e che vantano schiere di sostenitori accaniti, a cosa potrebbero mirare o servire? In che cosa consiste la loro forza narrativa? Mi sembra che si tratti di un fenomeno davvero diverso, da contestualizzare e comunque da non liquidare- come si faceva con certe mistiche naziste- con il superficiale giudizio di follia. Oracolari e apocalittici nei toni, quasi novelli Nostradamus, anonimi o non, costoro diffondono principalmente on line teorie su “ciò che sta dietro e prima dei fatti”, su quello che si agita dietro le quinte, favoriti nell’ultimo biennio dalla pandemia che accelera e amplifica tutti i fenomeni implicanti ansia e paure collettive. La diffusione delle farneticazioni e delle “prove” fornite è facile grazie alla Rete, mentre la loro confutazione è rapsodica, frammentata, e in genere elusa perché si sa che “parlare” con o contro i portavoce di tali teorie, genericamente definite complottiste, significa essere immediatamente identificati come partigiani o addirittura appartenenti al complotto stesso. Se fosse vivo, Umberto Eco anche oggi suggerirebbe la pratica della verificazione di Peirce che si fonda sul lavoro lento, pubblico, collettivo, ma nel contempo ci suggerirebbe di tenere la mente sempre aperta e pronta a rimettere in discussione i racconti che ora riteniamo veri. Consapevoli cioè che In fondo il primo dovere dell’uomo di cultura è quello di tenersi all’erta per riscrivere ogni giorno l’enciclopedia.
CATERINA VALCHERA
Cara Caty,
vorrei rispondere al tuo stimolante articolo rifacendomi a Peirce.
Quattro sono le modalità attraverso le quali si attua una credenza.
In primo luogo, esiste il credere che si ostina a credere. Crede perchè la pulsione a credere lo soddisfa emotivamente. Se qualcuno prova a dissuaderlo nasconde il cranio nella sabbia. Togliere la credenza è privarlo di vita. Avviene così che costui pensi alla terra piatta, alla luna vergine, ad Adolfo in Argentina, al complotto permanente, al vaccino peggiore del virus.
In secondo luogo, esiste “ipse dixit”. Il timore reverenziale è fonte di credenza. Il Libro, anche se dice fesserie, non si discute.
In terzo luogo, c’è la forza dell ‘a priori. La ragione è fonte di verità perchè la logica è il dono che permette di ricercare verità. Ottimo, ma ognuno può ricercare in modo solipsistico: quante metafisiche esistono in giro?
In quarto luogo c’è la convinzione che la verità è pubblica oppure non è verità. La verità deve essere sperimentata da tutti attraverso un metodo riconosciuto. Condizione essenziale è che ogni teoria che si cerca deve essere “falsificabile” (come poi dirà Popper).
Il metodo, dunque, deve essere chiaro. Esso si basa su 4 distinti momenti:
il colpo di genio, puro intuito (anche fortuna)- la formulazione di conseguenti ipotesi provvisorie(Hp)-la deduzione da esse ipotesi di osservazioni di controllo- l’induzione da esse di una possibile teoria.(cioè l’ipotesi finale Hf)
O. . . . . . Hp——————>Oc———————-Hf
abduzione deduzione induzione
Oggi la Rete è il grande meccanismo che favorisce la prima modalità: l’ostinazione tenace.
Tuttavia esiste una grande differenza fra il prodotto odierno della falsità e quello di ieri.
Faccio un esempio rifacendomi ad Eco.
La “Fama Fraternitatis” del 1614 dei Rosacroce era certo un falso, ma che falso!
Tre filoni di pensiero confluivano nel Circolo di Tubinga. Il filone di Paracelso. Il filone della mistica renana (Taulero , Meister Eckhart). Il filone francescano risalente a Giochino da Fiore.
La falsità odierna è solo miserevole.
Grazie per avermi posto in “stato di eccitazione”.
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Che dotto commento. È una vera integrazione ai miei pensieri che, da letterata qual sono, non si possono addentrare nel discorso filosofico. Un incremento di senso storico e culturale che si intreccia con il bellissimo contributo sociologico di Nicola e Simonetta. Che aiuto mi date in questo periodo di semiclausura(domani faccio il booster..)! Andrò ad approfondire.. Ma so che non ho gli strumenti per “interrogare” Peirce!!!! 😅
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Un contributo stimolante che mi suggerisce una considerazione. Nell’universo della comunicazione social in cui sguazza, per esempio, la galassia no vax di cui ci stiamo occupando, si è avverata la profezia di McLuhan. Il medium è davvero diventato il messaggio: non caso l’autogestione comunicativa consentita dai nuovi media si ispira a quel principio di disintermediazione che è stato a lungo oggetto di culto per i populismi contemporanei. Che bazza poter discettare su tutto senza preoccuparsi di cose noiose come verificare le fonti, comparare i dati, leggere libri e documenti! Perfide strategie di intermediazione che vorrebbero imporci il pensiero unico…
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