STORIA DELLE OLIMPIADI – E finalmente arrivò l’ora di Atene.

di STEFANO CERVARELLI

E quando è che arriva? In uno dei momenti più angosciosi  della storia: dopo il 21 settembre 2001.

Certo erano passati tre anni, ma dal punto di vista di sicurezza mondiale, di programmi e piani antiterroristici, era come se fossero passati tre mesi, tanto più che il CIO  si trovò a dover fronteggiare l’impatto che gli atti terroristici contro gli Usa ebbero sulle olimpiadi invernali di Salt Lake City.

Gli attentati avvennero proprio lo stesso giorno in cui il presidente del comitato organizzatore Mitt Kennedy si trovava a Washington per illustrare il programma della sicurezza per i giochi.

Apparve quindi subito chiaro che era opportuno ridefinire i piani d’allerta per le città ospitanti i giochi, specialmente quelle statunitensi, perché i Giochi olimpici, al pari di altre volte, potevano diventare il miglior palcoscenico mondiale per ulteriori atti terroristici.

E’ chiaro che il pensiero e il timore di quanto potesse accadere coinvolse anche  Atene: quale posto migliore se non la città culla delle olimpiadi per mettere in atto sensazionali attacchi  davanti agli occhi di tutto il mondo?

La sicurezza per gli spettatori, per gli atleti, e per tutti quelli che sarebbero convenuti nella capitale greca, iniziò ad occupare il primissimo posto nei pensieri  dei membri del CIO e del comitato organizzatore greco.

Ma prima c’erano i giochi invernali di Salt Lake City.

La Casa Bianca ovviamente, avendo  giochi invernali in casa, si preoccupò prontamente di redigere  un documento per definire un piano di massima allerta. In particolare venne rafforzata la sicurezza aerea con la creazione di uno spazio aereo con  accesso ridotto a 50 miglia, i voli commerciali furono dirottati su scali secondari e il traffico passeggeri ridotto della metà; molte altre furono le iniziative, basti dire che nel programma di sicurezza furono coinvolte 60 agenzie, 15.000 volontari mentre le  unità delle forze di polizia vennero raddoppiate.

Questo costò circa 100 milioni di dollari. La parata delle nazioni fu preceduta da una delegazione dei vigili del fuoco di New York, che sfilarono dietro una bandiera statunitense lacerata, ritrovata  a New York sul luogo degli attentati.

Sulla scia  di questo clima vennero successivamente preparate le olimpiadi di Atene. Nei mesi precedenti i giochi si approntarono norme di sicurezza ancor più rigide di quelle previste per due motivi: gli atleti americani avevano minacciato il loro ritiro se non fosse stato attuato un adeguato programma di sicurezza, una richiesta che trovò ulteriore giustificazione quando, a Madrid, nel marzo 2004 vi furono attentati terroristici di gruppi vicini al Al-Qaida.

Al governo greco e al comitato organizzatore a quel punto non rimaneva da fare che una sola cosa: e la fecero.

Definirono un programma di sicurezza che in larga parte si sarebbe avvalso del contributo logistico militare della NATO. A migliaia di agenti fu impartito un addestramento speciale, e per tutta la durata dei giochi aerei militari sorvegliarono la Grecia; tutti gli aeroporti, porti, stazioni ferroviarie furono messi in sicurezza; addirittura, con l’aiuto logistico della NATO, vennero allestite basi missilistiche.

I giochi di Atene finirono per essere i giochi più sicuri di sempre, con  l’operazione militare più imponente per una zona che non era coinvolta in conflitti armati.

Comunque nonostante il pericolo del terrorismo, nonostante la ferrea sorveglianza militare ai quali furono sottoposti i giochi di Atene dallo spostamento degli atleti, ai controlli assidui effettuati nei luoghi di gara ed in ogni altra struttura compresa nell’area olimpiaca, vennero ricordate come “ le olimpiadi greche”,  anche perché, con un gesto molto apprezzato e simpatico, agli atleti vincitori, oltre la medaglia venne consegnata una corona di ulivo confezionata con i ramoscelli dei sacri alberi di Olimpia.

I greci furono doppiamente soddisfatti della loro Olimpiade sia perché era andato tutto bene sia perché gli atleti di casa ottennero il più alto numero di medaglie della loro storia olimpica.

Ad Atene arrivano 202 nazioni (record di partecipazioni, una risposta netta a chi prefigurava pesanti assenze causa terrorismo), gli atleti sono 11.099 (6.595 uomini – 4.504 donne).

Partecipazione record per l’Italia che porta 367 atleti (242 uomini – 135 donne).

Anche in Grecia sono gli atleti degli Stati Uniti ad ottenere il maggio numero di medaglie: 103 di cui 35 d’oro e 39 d’argento. Segue la Russia con 92 ( 27-27 ), terza è la Cina che però conquista più medaglie d’oro dei russi, infatti sebbene il suo bottino sia  di 63 medaglie ben 43 sono d’oro e 17 d’argento. L’Italia riattraversa l’Adriatico portandosi via 32 medaglie (10-11) piazzandosi sesta nel medagliere, avendo davanti Australia e Giappone; una  spedizione che si può ritenere senz’altro lusinghiera.

Per la prima   prima volta partecipiamo con ben otto nazionali negli sport squadra e non ci mancano le soddisfazioni: argento nel basket maschile e nella pallavolo maschile, bronzo nel calcio, dove una medaglia olimpica mancava dal 1936; ma la gioia più grande, di maggior prestigio, ce la regalano le donne della pallanuoto che vincono l’oro alla prima partecipazione olimpica.

Trionfiamo nella scherma, andiamo bene nella ginnastica artistica dove Igor Pessina vince l’oro alla sbarra con un esercizio che porterà il suo nome.

Come non ricordare poi due epiche imprese sulle strade di Atene nella cornice dell’Acropoli? Quella del ciclista Paolo Bettini che arriva da solo al traguardo e quella, ancor più emozionante, di Stefano Baldini nella maratona, gara emblema delle olimpiadi, ma che rivestiva un significato ancor più importante, lo era particolarmente di più in questa occasione perché si disputava nella terra dove  questa specialità trovò la sua origine.

La gara, svoltasi in una tiepida sera estiva, si concluse poco prima  dell’inizio della  cerimonia di chiusura permettendo in tal modo l’ascolto dell’Inno di Mameli in mondovisione. Nel nuoto femminile a difendere i colori dell’Italia c’è una ragazza di appena 16 anni, gareggia nei 200 s.l., stupisce tutti conquistando l’argento 32 anni dopo Novella Calligaris; in seguito stupirà quando non vince: si chiama Federica Pellegrini.

questa volta L’atleta-immagine dei giochi  non dobbiamo cercarla tra le ragazze, bensì tra i vigorosi nuotatori statunitensi

L’eroe indiscusso di Atene è infatti Michael Phelps che vince sei medaglie d’oro e due di bronzo. Al termine delle olimpiadi dichiarerà  che nell’edizione seguente ha intenzione di vincerne otto d’oro: ci riuscirà.

Il ruolo, per così dire, romantico dei giochi è affidato ad una signora: alla tedesca Birgit Fischer che, a 42 anni, nel Kayak, conquista l’ottavo oro nella specialità K4 500 e un argento nel K2 500 portando  il suo medagliere a quota 12; è l’unica donna a salire sul podio nello spazio di 24 anni (1980-2004).

Impresa di riguardo anche quella della giapponese Ryoko Tamura che nello Judo (categoria superleggeri fino a 48 chili) ripete il successo del 2000 dopo aver già vinto gli argenti nel 1992 e nel  1996.

Lasciando piscine e palazzetti, ci trasferiamo allo stadio: qui troviamo il marocchino Hicham El Guerrouj trionfare nel mezzofondo dove vince 1.500 e 5.000 metri. Trova degna compagnia nella britannica Kelly Holmes: anche lei  realizza una doppietta aggiudicandosi  gli 800 e 1.500 metri.

Malgrado  tutti i proclami e gli annunci rassicuranti di CIO eWADA (agenzia mondiale antidoping)

ad Atene i casi di doping registrati sono26. 

Ai controlli furono trovati positivi quattro vincitori di medaglie d’oro (due lanciatori ungheresi, un cavaliere irlandese, una pesista russa……) una medaglia d’argento nel sollevamento pesi e tre  medaglie di bronzo: nel canottaggio, sollevamento pesi e ciclismo femminile. Due velocisti  greci, un uomo e una donna, per sfuggire ai controlli inscenano un fantomatico incidente motociclistico con tanto di ricovero in ospedale. La IAAF ( Federazione mondiale dell’atletica) reagì escludendo i due dalle gare olimpiche.

Anche l’Italia fu interessata da un caso di doping. Riguardava uno dei 13 oriundi che facevano parte della squadra di Baseball, l’americano Davide Francia.  Trovato positivo a un controllo eseguito durante gli allenamenti a Nettuno, pochi giorni dall’inizio dei giochi, venne fatto rientrare in Italia senza clamore e pubblicità.

Era la seconda volta che un nostro rappresentante alle olimpiadi si trovava coinvolto in un caso di doping, la prima volta riguardò il martellista Gian Paolo Urlando, escluso dopo essersi classificato quarto alle olimpiadi di Los Angeles nel 1984.

Oltre casi di doping chimico ad Atene ci fu un caso, nel baseball, che potrebbe ritenersi altrettanto un caso di… doping perché palesemente indirizzato ad alterare i rapporti di forza. La squadra greca di baseball venne formata direttamente negli Stati Uniti con giocatori di presunta origine ellenica più o meno recente. La Federazione greca, dal canto suo, si era limitata a pagare il viaggio dell’aereo. Timori di atti terroristici a parte poteva essere quella di Atene un’Olimpiade senza controversie e ripicche politiche? No, ed infatti non lo è stata.

Nel torneo di judo, il judoka iraniano Arasch Mirasmeili, due volte campione del mondo, fu squalificato per aver superato il peso consentito della sua categoria. Di questo l’atleta, 23enne, apparve contento e sorridente, ma perché? Perché essere contenti di una squalifica? Per di più voluta? Presto detto. L’atleta iraniano si era rimpinzato di cibo proprio con l’obiettivo di superare il limite massimo appunto della categoria. Ma, chiederete,  dove sta la politica? Ecco la risposta.

Così facendo l’iraniano aveva evitato di  affrontare l’avversario israeliano che gli era toccato per sorteggio al primo turno. Proclamando: ”Non intendiamo riconoscere il regime sionista in alcun evento internazionale. Non possiamo accettare la presenza di qualcuno che porti questa bandiera”. Ingrassare quindi per non combattere. Il presidente della nazione persiana Mohammad Khàtami disse che Miresmaeili doveva essere considerato: ” il campione dei giochi olimpici del 2004” e che la sua scelta” sarebbe passata alla storia dell’Iran”;  infine, ordinò che all’atleta venisse corrisposto lo stesso premio che avrebbe ricevuto in caso di vittoria.

Un altro iraniano conquista la sua dose di fama ancora per amor di patria. Si tratta del pesista Hassein Rezazadeh che ad Atene meritò ampiamente il titolo di uomo più forte del mondo, sollevando 472,5 chili, record mondiale; sta forse in questo il suo spirito patriottico, ovviamente no.

La Turchia aveva offerto all’iraniano uno stipendio mensile di 20.000 dollari se avesse scelto la nazionalità turca e di conseguenza gareggiare sotto i colori di quella nazione ai giochi di Atene, in più avrebbe ricevuto un premio extra di dieci milioni di dollari se avesse vinto. Vi immaginate la portata della proposta?

Rezazadeh rifiutò.

Questo e per esser stato il primo iraniano a vincere due medaglie d’oro alle olimpiadi, fece di lui un eroe nazionale. Per i suoi successi ricevette dal governo  iraniano un premio di 60.000 dollari, che gli servirono per costruirsi una casa. “L’ercole musulmano” come fu definito, alla ricchezza  antepose l’amore per la famiglia e per il suo Paese.

Nell’incontro di calcio Tunisia-Serbia un arbitro, proveniente dalle isole polinesiane, che nella vita privata faceva l’idraulico, fece ripetere un rigore concesso alla Tunisia sei volte! Quattro per presunte entrate nell’aria anzitempo dei giocatori tunisini e due perché il portiere serbo si era mosso in anticipo (parando effettivamente il tiro) quando l’arbitro alla fine dette buono l’ennesimo tiro dal dischetto, i giocatori tunisini, per paura, di altre infrazioni si erano portati a centrocampo!

Questo accadde perché la FIFA, in nome dell’ecumenismo sportivo, continuava a designare per gli incontri olimpici arbitri (per non parlare dei segnalinee !) di paesi con nessuna tradizione calcistica.

Anche questa volta voglio concludere  sperando di farvi fare due risate, leggete cosa è accaduto nel gabinetto di analisi dell’antidoping.

Il lanciatore di disco ungherese Robert Fazekas  stabilì con 70,93 il nuovo record olimpico.

Poco dopo la premiazione, mentre stava gustandosi questo successo, fu convocato, come era da prassi per i vincitori, per il controllo antidoping.

Senza nessuna obiezione ed incertezza il discobolo entrò nel bagno per adempiere a quanto richiesto. Il medico incaricato del procedimento, che ovviamente era con lui, notò qualcosa di strano.

Fazekas sorreggeva il pene con una mano per riempire il recipiente che teneva con l’altra, ma nel cavallo dei pantaloni, appariva un sospetto…rigonfiamento.

L’atleta venne fatto spogliare ed a questo punto non poté più nascondere il singolare inganno.

Il discobolo apparve in possesso di…. due membri, uno naturale ed un altro, di gomma, caricato con urina “pulita”, dal quale  usciva il liquido che cadeva nel contenitore.

Inutile dire che per Fazekas scattò, la squalifica, il ritiro della medaglia, la cancellazione del record e la denuncia.

Olimpiade: grande luna park dell’umanità che, ogni quattro anni, porta alla ribalta universale attrazioni sempre nuove.

STEFANO CERVARELLI