RADIO, UNA PASSIONE!
di PAOLA LIBERATORI ♦
Un filo rosso mi ha accompagnato nella vita, un leitmotiv che ha caratterizzato in maniera quasi continua un percorso dotato di accessori obbligati, quali microfono e cuffie. Parlo della radio, un ponte stupendo che porta tra la gente, che diventa strumento di dialogo e di condivisione, atto a tenere e fare compagnia. Dopo un inizio timido quanto inaspettato, restai stupita dall’accoglienza fatta di graditi ascolti. Erano gli anni settanta quando accanto a mamma Rai, nascevano i figlioletti, tanti, curiosi e divertenti, senza dubbio innovativi. Bastava occupare una modulazione di frequenza(FM) senza disturbare la modulazione di Ampiezza(AM) riservata alla Rai. Poco importava se, come portata geografica, era molto limitata, aveva il pregio unico del senso di appartenenza e interazione. Com’era bello per l’ascoltatore avere la possibilità di udire la propria voce attraverso la radio, poter raggiungere con una canzone, si chiamava “dedica”, una persona amata anche se lontana. Poter intervenire da casa con un commento o un parere personale su tematiche che fino allora erano state appannaggio solo di personaggi illustri. La quotidianità prendeva vita insieme alla propria autostima. Anche per me c’era gratificazione nel rendermi conto di essere attesa, compresa, perché il mio parlare a braccio, senza copioni preparati, era sentito qual’era in realtà, sincero, senza forzature. Quante ascoltatrici mi chiedevano consigli, come se stare davanti un microfono mi potesse rendere onnisciente. La cosa mi faceva sorridere e era motivo di dialoghi divertenti, ma alla fine imparai anche a fare incetta di consigli preziosi, anche se probabilmente non seguiti, perché ognuno di noi vuole sbagliare… in proprio. La mia prima trasmissione non era certamente strutturata, si parlava di tutto, delle gioie, dei dolori, delle speranze e ricordo ancora con commozione la voce emozionata di una donna: ringraziava poiché ascoltandoci ogni mattina, riusciva lentamente a reagire alla dolorosa solitudine seguita a un lutto famigliare. La radio privata era un nuovo mondo, una realtà promettente e tuttora, dopo decenni, seppure la frenesia abbia trasformato la vita in una corsa obbligata alla conquista del benessere, c’è chi ama ascoltare il suono di una voce amica che, magari non ha un volto, ma è ormai di casa. Cosa significa dunque fare radio? Significa riuscire a creare un legame reciproco con gli ascoltatori, tale da rendere una diretta un appuntamento irrinunciabile, parlo di diretta perché non ho mai voluto andare in registrato, ho sempre e solo fatto dirette, amo la contemporaneità da ambo le parti, il vero on-line… quello mi emoziona e quando “il bello della diretta” si trasforma nel “brutto” allora lì inizia la sfida tra il conduttore e l’imprevisto: deve vincere il conduttore, assolutamente. La radio in fondo è sempre stata una competizione, un mettersi alla prova. Una buona fidelizzazione decreta il successo del proprio format, tutto questo è solo frutto di esperienza e, ovviamente, un pizzico di talento e passione per il proprio lavoro. Una caratteristica dei primi tempi della radio, anni settanta-ottanta, era la voglia di giocare, un passatempo che implicava la disponibilità a impegnarsi nella ricerca di soluzioni non sempre a portata di mano. Oggi quei giochi non avrebbero più senso causa l’avanzamento del progresso tecnologico: ora sarebbe sufficiente una veloce ricerca sul web e la suspense sarebbe azzerata, ma allora si dovevano sfogliare enciclopedie e dispense o affidarsi chi alla propria cultura, chi alla fortuna. Per i giochi più difficili, con premi notevoli, si creavano addirittura delle equipe di esperti a casa dell’uno o dell’altro: erano occasioni per vincere una settimana di vacanza, o una cucina accessoriata, a volte erano in palio elettrodomestici vari o significativi trattamenti di bellezza. Erano sicuramente bei tempi per la radiofonia locale, gradevolissimi per gli ascoltatori, un po’ meno per chi doveva gestire o addirittura aprire una nuova emittente privata. La legislazione in merito era praticamente inesistente, accaparrarsi un pezzettino d’etere era un’ardua impresa, c’erano grossi problemi di copertura che era limitatissima e fu così che per aggirare l’ostacolo nacquero in seguito i network, ovvero consorzi di radio che univano le loro reti unificando i programmi, un modo intelligente per ampliare la diffusione. In effetti in quel periodo le piccole emittenti private spesso non riuscivano neppure a coprire il loro comune di residenza, ma fortunatamente anche allora vigeva il detto che l’unione fa la forza. La radio libera all’inizio era considerata un’innocua moda passeggera; nessuno aveva pronosticato un coinvolgimento così importante da determinare cambiamenti profondi e una lunga durata. Nacquero nuove professioni: quella del Deejay, di tecnico audio, di agente pubblicitario per la radiofonia. Voglio ricordare tanti nomi noti di artisti che hanno iniziato come deejay di piccole emittenti: Jovanotti, Vasco Rossi, Francesco Facchinetti, ma anche Jerry Scotti. Altri cantanti di successo, che in tempi passati avevano avuto esperienze radiofoniche hanno voluto celebrare nelle loro canzoni il clima delle radio libere: lo ha fatto Eugenio Finardi ma anche Ligabue che ha dedicato il film RADIOFRECCIA proprio al mondo della radiofonia di quegli anni e ispirato da una vera radio libera. Esiste tutta una filmografia incentrata su questo affascinante settore. Arrivò poi un decennio particolare che amo definire un periodo di transizione. C’era la televisione a tubo catodico, i primi computer Apple e si navigava sul web con Internet Explorer. L’ascoltatore della radio venne forse distratto da altre tecnologie, attratto dalla televisione che mandava in onda gli stessi format della radio, i talk-show, i giochi con bellissimi premi e ovviamente il tutto era in video e non solo audio come si era abituati. Il primario entusiasmo per la radio si era trasferito, arricchito, sul piccolo schermo, determinando uno spontaneo, ma necessario giro di boa della programmazione nelle emittenti private… ancora non si parlava di streaming! Quelli furono gli anni in cui gli ascolti ebbero un notevole calo. Ne avrei sofferto personalmente se fossi stata ancora una conduttrice radiofonica, ma stavo facendo altro poiché ero stata chiamata come direttrice artistica in un noto grande locale della città, quindi mi impegnavo a creare eventi e, devo dire con grande successo. Esattamente per poco più di dieci anni ho creato eventi annuali fissi che hanno registrato sempre il sold out e attirato pubblico e ospiti da ogni dove. Ma torniamo a parlare di radio: chi ci lavora sviluppa inevitabilmente ecletticità, estroversione e fa perno sulle scelte dell’ascoltatore. La musica, a quel punto, diventò il pilastro delle emittenti che ne programmarono in abbondanza, con criteri da esperti del settore. La scelta era ampia, nacquero programmi specifici per generi di musica ad iniziare con la dance, poi spazi per l’house music, ci fu l’ascesa alla ribalta della musica techno, il meglio e le hit della musica europea e americana… che prese il sopravvento su quella italiana. Certamente scalette in cui apparivano artisti del calibro di Bruce Springsteen. Madonna, Rod Stewart, Elton John, Michael Jackson, Genesis e tantissimi altri, non potevano che essere più che gradite. Fu questo tipo di gestione uno dei motivi, insieme alla diffusione di Internet e alla nascita delle web radio. per cui nella seconda metà degli anni novanta ci fu un rilancio straordinario della radio, che recuperò moltiplicati i suoi ascolti. Dal duemila in poi la radio è in continua ascesa raggiungendo qualità superiori di trasmissione, sono documentati ascolti altissimi, più alti della televisione. Nel 2004 un sondaggio rivelava che oltre il 45% degli italiani dichiarava di preferire la radio alla televisione, che realmente aveva subito un grosso calo di telespettatori. Con vero piacere tutte le radio sono state gratificate dall’Unesco che, nel 2012, dichiarò il 13 febbraio Giornata Mondiale della Radio, perché in quel giorno del 1946 era stata effettuata la prima trasmissione radio dalle Nazioni Unite. Oggi il potenziale sociale ed economico dell’emittente privata è notevole poiché si è dimostrata in grado di condizionare i gusti del pubblico, con le sue programmazioni, molto più del previsto. Penso sia interessante accennare ai meeting nazionali della radio che si tengono ogni anno e nei quali si fanno bilanci, si scambiano esperienze e in cui si discutono percorsi, proposte, indirizzi, tecnologie e innovazioni varie. Sono stata interpellata in uno di questi tenutosi in Sicilia proprio sui format della radio generalista che, senza nulla togliere a quella tematica, è la mia preferita, anche perché possono essere comunque trattati tutti gli argomenti desiderati e con esperti specifici del settore. I miei colleghi giornalisti avevano anch’essi optato per un ritorno alla radio generalista, più calda, più completa, più vicina alla gente. Dai miei inizi è passato davvero tanto tempo, tutto trascorso davanti un microfono, eccezione fatta per la parentesi di direttrice artistica… ma anche in quel periodo avevo il microfono in mano: creavo gli eventi, ma poi li presentavo! Il mio programma a Idearadio mi regala attenzione e affetto da parte degli ascoltatori, Ancora quel filo rosso resiste, più che un filo è un fiocco che va a adornare quel Microfono d’Oro, oscar della radiofonia, con cui di recente, inaspettatamente, sono stata premiata a Roma. La radio, mia passione, mi ha fatto una sorpresa!
PAOLA LIBERATORI
Che bel racconto che hai fatto.
Oggi la radio, almeno per me, significa automobile. E quando ascolto qualcosa avverto un piacere che non ho tramite la TV. Certamente lo schermo mi offre il mondo in diretta: devo solo assorbire, sono presente come sono presente assistendo alla realtà che si va svolgendo..
Ma con una radio solo una parte di me è in presa diretta. La voce mi costringe ad esercitare la fantasia, l’immaginazione. Sono costretto ad essere attivo, non passivo.E’ la stessa situazione del leggere: devo attivare le facoltà, renderle attente, seguire il filo, dipingere la scena, riflettere.
Per te che hai passato tanti anni a diffondere nell’etere devi sentirti come può sentirsi chi ha scritto per altri: un attivatore di fantasia,Ma d’altra parte hai già scritto un libro di successo e ciò conferma quanto detto.
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Caro Carlo Alberto, un commento come il tuo è gratificante! È ciò che desidera chi fa radio, perché è esattamente ciò che esce non solo dall’etere ma dal cuore del conduttore. A te amico mio che ascolti in auto…anche questo ti permette la radio. Ascolti senza avere la visione occupata e puoi occuparti di ciò che vuoi. Grazie🤗
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Grazie Paola per questa creativa ed innovativa cronaca dei “settanta” anche locali. Da Arbore a Jack folla, da Pino Daniele a Sting, da Idea Radio a Radio Libere più impegnate”oltre la politica”, la radio è un medium che appartiene alla mia generazione. Ti faccio tanti complimenti, tu sei un vulcano!!! 😃
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Che bello Paola vederti volteggiare tra le hit di quel periodo…sono ricordi belli e come tutti i ricordi segnano i passi della nostra vita. Ti ringrazio, anche perché si può essere un vulcano solo se sai che qualcuno apprezza ciò che dai😘
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