mondo dello spettacolo

di LUCA GUERINI
Come si andrà avanti? Me lo chiedo spesso dovendo interpretare il ruolo del “non-essenziale”. E’ una domanda che non ha risposte perché è impossibile pianificare una ripartenza. Mi spiego: ci fosse stato detto “a maggio tutti liberi di vedervi gli spettacoli che più vi piacciono” saremmo stati un po’ più silenziosi , ma è questa incertezza che porta a flash mob (ora si chiamano così) e proteste anche ai limiti del grottesco (domenica scorsa si è, ad esempio, interrotta una messa nella domenica delle palme, roba tipo Casa di Carta: entri nella navata centrale, requisisci il Messale e ti metti a declamare un dramma di Shakespeare o una gag da “Indovina chi viene a cena?”). A complicare le cose ci si mettepoi l’assurdità delle leggi e funzionari del Ministero che (me li starò facendo amici,  ma così è) non sanno nemmeno di cosa stanno parlando. Quando si era raccontata la storia (è un’enantiosemia e la sto usando volontariamente) della riapertura del 27 marzo nessuno ha spiegato al Mibact che esiste sia il centro commerciale con 400 negozietti inutili sia il negozietto a conduzione famigliare nel borgo di 1000anime, spesso anziane. Forse chi legifera è stato (forse) al Teatro dell’Opera coi biglietti gratis e non sa che esistono (ad esempio a Roma) un buon 60% di teatri con un centinaio di posti, od anche un trentina di posti. Ebbene il 27 marzo si consentiva la riapertura al 25% della capienza e, vi risparmio il conto della serva, le spese fisse (SIAE, agibilità, tassa sul biglietto) erano superiori al massimo ricavo possibile, tralasciando il fatto che lo Stato ti chiedeva di mentire a sé stesso (dichiarando di pagare ogni attore 52eu di aria probabilmente). Mi scuso di questa parentesi da contabile, ma ritengo doverosa per chi non è nel settore che, mentre veniva trasmesso su Rai Uno il festival dei fiori, ti fermava per chiederti: “Perché ti lamenti? T’hanno detto che ti fanno aprì!”.  C’è un’immagine che ho postato sui miei social: ci sono tre bambini di diverse altezze che vogliono vedere la partita oltre una staccionata. Nella prima tutti hanno un rialzo. Al più alto è del tutto inutile perché vedrebbe comunque, al secondo è indispensabile, mentre il terzo più basso non vede neanche con quest’aiuto. Questo è il principio di uguaglianza e questo è quello che è successo con la legge sulla riapertura. Nella seconda immagine il più alto non ha più lo sgabello ma il più basso ne ha due: ora tutti e tre possono vedere la partita. Ecco un esempio di equità che è quella che noi che lavoriamo nel mondo del culturale vorremmo attuata. Non le stesse regole, ma regole eque che aiutino i bassi.  Metaforicamente infatti il più alto rappresenta i teatri stabili, il secondo le grandi produzioni spesso con finanziamenti pubblici, il più basso sono gli indipendenti e i privati, sconosciuti ai più ma che comunque lo fanno per lavoro, pagano le tasse e meritano lo stesso rispetto di tutti gli altri, anche se nessuno li fermerà per strada per chiedere loro un autografo o un selfie venuto mosso. Cosa ci si inventa quindi in questo periodo di stop obbligato? Si passa all’onlain (scritto intenzionalmente così, perché le cose che non ci sono famigliari ci rimangono sempre indigeste) che è diventato per chi fa spettacolo come il dark web ma senza la pornografia e il rischio che ti arrivi a casa un kalashnikov consegnato da Bartolini o una dose di vaccino che ti puoi autoiniettare. Lì puoi trasmettere di tutto: il filmino del battesimo pure se riesci a trovarlo, ci sarà qualcuno che lo vedrà (ma chissà se potrai monetizzare). La Politica stessa ti sprona: “Attore, vai sul web che lì c’è pubblico, sfoga lì il tuo ego, facci divertire!”. Ma questo non può bastare, non soltanto perché odi le risate finte, ma perché potrebbe (ed è una mia preoccupazione) far abituare lo spettatore alla comodità del divano, quando potrà uscire dalla sua casa ben progettata, cercare parcheggio ed infilarsi in un teatro che poi potrebbe andare peggio: potrebbe piovere! Quello che avviene sul web (e noi come Skenexodia facciamo diverse cose che spero siano interessanti) non è però teatro e non può in nessun modo definirsi tale: il teatro è in presenza, è qui ed ora. Online personalmente mi annoia anche il Cirque du Soleil, figuriamoci!  Non resta che chiederci quindi che pubblico vorremmo quando si potrà tornare, in sincerità, mi aspetto un pubblico consapevole che sul palco, dietro le quinte, in fondo alla sala ci sono persone che stanno lavorando ugualmente come hanno fatto loro durante la giornata in ufficio o in negozio. Infine, non vorremmo la molesta luce o addirittura la suoneria del cellulare che, quando si faceva teatro, aveva preso il posto in sala del fastidioso colpo di tosse che disturbava quelle registrazioni di cui vi parlavo.
E’ buio
non perché è finito uno spettacolo;
non usciremo a raccogliere applausi o fischi, se ce li siamo meritati.
Ci hanno detto che siamo pericolosi? E’ vero, siamo colpevoli,
siamo quelli che non fanno addormentare nonostante le poltrone comode
siamo quelli che ti diamo il piacere di fumare anche dopo che ti rimane solo il mozzicone
Prima eravamo gli uni davanti agli altri: su questo si basava il gioco
ora al buio non ci vediamo, ma sappiamo che ci siete
allora mettiamo un nuovo piano, guardiamoci negli occhi, ancora sì
torneremo ad accendere la luce, dovranno permettercelo.
LUCA GUERINI