UNA QUESTIONE DI STILE

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Erano saliti in cielo in cinque alle ore 14 e trentadue minuti di un lunedì  piovoso, da varie parti d’Italia. Contemporaneamente.

Non si conoscevano, erano solo legati dal fatto della sincronia del decesso.

Entrati nel caliginoso Cielo dell’Attesa era stato loro imposto di assumere nomi di martiri o di saggi del primo cristianesimo. Accadeva sempre così, sia se il caso stabiliva questa consonanza temporale, sia se l’ascesa riguardava un singolo spirito.

 La Ruota dei sacri nomi , sempre rotante, aveva fatto scattare la combinazione dei seguenti cinque nomi:    Policarpo, Petronilla, Atanasio, Procopio, Evaristo. Così, con queste nuove denominazioni i cinque dovevano presentarsi al cospetto del Creatore.

Confabulavano preoccupati su quale fosse il modo migliore di appellare il Sommo una volta presenti al Suo cospetto.

Ognuno , in funzione del diverso modo d’essere stato al mondo, proponeva uno stile appropriato.

POLICARPO o DELLO STILE AFFETTATO.    “La prima cosa che mi viene in mente è di rivolgersi come ci si rivolgeva, un tempo, ad una Maestà. O forse dovremmo ricorrere a qualcosa dal sapore medievale del tipo: Messer Domeneddio.  Ma, riflettendo meglio, sono del parere che dovremmo usare un ordine ecclesiastico di scala gerarchica ascendente. Partendo dai titoli di Don, Monsignore, Eccellenza, Eminenza, Santità il vertice di tutta questa piramide non potrà che acquisire il nome di Santità delle Santità, ovvero Santissimo”.

PETRONILLA O DELLO STILE METAFISICO.    “No! Dobbiamo smettere di pensare ancora secondo modi umani. Fra qualche istante saremo di fronte al Mistero dell’Essere. Ecco: “Assoluto” potrebbe essere il modo giusto. Ma forse sarebbe meglio “l’Uno”, o forse, più rispondente al celestiale tomismo che qui alberga di sicuro, “Atto Puro”. E se utilizzassimo il “Totalmente Altro”? Ecco, ci siamo! Il nome giusto è quello di Ente Massimo, l’Ente degli enti:   l’Entissimo!

Già, ma se pronunciamo così , l’Entissimo, sembra che ci rivolgiamo ad una forma di bradipo. Sono in preda al dubbio, che facciamo?”

ATANASIO O DELLA MISERICORDIA.   “ Fratelli, abbandoniamo l’impertinenza. Rimettiamoci alla clemenza del Giudice Ultimo. Pietà per le nostre miserie, per i peccati commessi. Pietà o Misericordioso perchè misero è il nostro cuore al Tuo cospetto, o Pietoso. Sii Tu  benevolo con i Tuoi supplici. Ascolta i nostri lamenti. La vita è stata una prova e noi non siamo stati in grado di oltrepassare le nostre iniquità, la nostra meschina egoità.

 Accogli, o Benevolo, il nostro pianto”. Benevolo possa essere Tu appellato!

PROCOPIO O DELLA INTRANSIGENZA.  “ Siete tutti folli? Come osate miscredenti pronunciare ciò che non può essere pronunciato. Non disse Egli:   Io sono Colui che Sono? Come può l’uomo, squallida pozzanghera, confrontarsi con l’Eterno? Blasfemia! Blasfemia è nominare il nome di Colui che è. Non ricordate il roveto ardente? Cenere diventeremo quando ci apparirà dinnanzi. Cenere di uno spirito il cui corpo è già cenere.

Alla Causa di tutte le cose  e che è superiore a tutte le cose non si addice nessun nome e, nondimeno, si addicono tutti i nomi delle cose che sono.

Tu che non puoi aver nome perché sei oltre ogni nome.

Tu che sei ciò che si oppone al Nulla.

 Tu sei Colui dai Molti Nomi, tu sei Colui Senza Nomi.

EVARISTO O DELLA TRACOTANZA.     “Padrone, ecco a Te cinque nuovi servi della vita. Ecco, o Padrone della vita. Causa di tutto, del bene ma anche del male. Autore del cosmo, della sua vita ma anche  delle sue crudeli morti. Perché hai gettato l’uomo nel mondo? Perché non hai impedito al male di fare il suo corso? Perché la Storia si è rivelata una gigantesca macelleria? Perché ci hai indotto in tentazioni? Perché il Tuo Regno non si è mai avverato? Perché la Tua Volontà è stata spesso tanto amara? Perché il pane promesso è stato, per moltitudini e moltitudini, così scarso?

Dunque, è giunta l’ora che devi rimetterci nostri debiti?

  Ebbene, o Padrone del tempo e dello spazio, eccoci al Tuo cospetto!

 Che cosa hai da dirci che noi non già sappiamo?”

Mentre ognuno tentava di trovare il giusto modo,  il tempo dell’attesa stava per terminare. Un cherubino serafico ma  alquanto corrucciato sprofondò dall’alto folgorandoli con la sua luce accecante.

“ Gente di poca fede!

Non rammentate il vero nome con il quale nominare?

Eppure non siete stati ancora condotti verso l’oblio della vostra vita terrena, all’algida fonte del  Lethe, presso il bianco cipresso diritto. Come potete non ricordare? Soltanto poche ore fa eravate calore di vita, cuore palpitante, nervi vibranti.

       Padre Nostro.

Ecco come nominare il Nominabile Innominabile.

 Ma, ascoltate e prestate bene la vostra attenzione.

Il Padre non è il “padre”. Il Padre è il “padre” ma è anche la “madre”. La distinzione fra maschio e femmina non è di questo luogo eterno. Il genere, qui, non ha più alcun senso. Aveva senso nella vita terrena. Rispondeva ad un ordine biologico. Qui è il regno della coincidenza degli opposti. Padre-Madre, Maschio-Femmina, Madre-Padre, Femmina-Maschio. Ascoltate bene ciò che io dico e conservate questo per sempre:

                    Dio è maschio solo per bestemmiatori!!”.

 Il cherubino serafico ma alquanto corrucciato aprì la Tenda e la Luce squarciò la Tenebra.

 .   .   .

E’ di questi giorni che Francesco con Motu Proprio ha equiparato i sessi per l’esercizio di due ministeri liturgici. Precisamente il Lettorato e l’Accolitato (distribuzione dell’Eucarestia).

Mancano all’appello le funzioni sostanziali e non accidentali, del Diaconato, del Presbiterato(sacerdozio) e dell’Episcopato.

Possono essere questioni marginali, forse risibili per chi è ben lontano dalla religione. Tuttavia, tali questioni hanno a che fare con il clima generale che ancora affligge la parità di genere. Dunque, anche l’intero mondo degli agnostici dovrebbe tener conto che la conquista della parità deve passare anche in questo dominio che registra un accanimento non di poco conto da parte dei tradizionalisti, dei nostalgici e dei fondamentalisti.

Accettare  nella donna l’incapacità di governo decisionale nei temi religiosi significa decretare la non-visibilità di essa(nonostante l’esistenza di un diffuso culto mariano)

Ma ancor di più: accettare che il Sacro passi solo per le mani del maschio significa ribadire un assioma millenario che vede la donna come essere “impuro”.(Eccezione: il dominio della Grande madre neolitica e la relativa materlinearità)

Ove esista l’aldilà, come proclamato dalla Chiesa, di certo sarà tappezzato di manifesti con sopra scritto a chiare lettere quell’adagio:   Dio è maschio solo per i bestemmiatori

CARLO ALBERTO FALZETTI