ULTIMISSIME DAL MEDIOEVO. VIII. IL BARATRO, 2007-2020?
«Capire, almeno capire» *
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Premio letterario “Jean-Baptiste Labat” indetto tra gli studenti delle scuole superiori di Civitavecchia, 27 giugno 1990, Centro Culturale “Villa Albani”
Relazione della Commissione
La Commissione giudicatrice del “Premio Jean-Baptiste Labat”, esaminati gli elaborati presentati dagli studenti degli Istituti superiori di Civitavecchia, rileva il vivo interesse e l’impegno dimostrato per la storia della città e delle sue origini che Jean-Baptiste Labat tanto bene ha rappresentato nella sua opera Voyage en Espagne et en Italie ed esprime un vivo ringraziamento ai presidi ed agli insegnanti che ne hanno reso possibile l’iniziativa.
Alfio Insolera, Assessore alla Cultura
Francesco Correnti, Architetto Urbanista autore di studi sulla città di Civitavecchia
Odoardo Toti, Presidente Associazione Archeologica Centumcellae
Sergio Carboni, Direttore Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio
Silvio Serangeli, Pubblicista
L’opera riprodotta in copertina è del pittore Giovanni Massacesi.
Presentazione di Fabrizio Barbaranelli, Sindaco di Civitavecchia
Ho avuto il privilegio di leggere molti anni fa i volumi del Labat: essi figuravano in una posizione di rispetto nella biblioteca di mio padre ed erano tra i più consultati quando si affrontavano i problemi della città. La traduzione delle parti più significative rende giustizia di una omissione grave: l’aver lasciato a pochissimi quel vastissimo patrimonio di conoscenze, di curiosità sulla Civitavecchia del ’700 che Labat seppe rappresentare con così acuta osservazione e con grande incisività.
Mi auguro fermamente che presto possa pubblicarsi la traduzione integrale dell’opera e che possa conoscere una divulgazione e una diffusione corrispondente all’importanza che riveste.
È un diario di viaggio, ma è il diario di un uomo che, oltre a conoscere alla perfezione l’arte della narrazione, riesce ad insinuarsi, a scrutare i meandri della realtà che osserva e getta l’occhio penetrante sui fatti, sulla gente, sulle tradizioni.
Credo non sia ardito sostenere che si incunea nel solco della storia sociale, in cui campeggiano non già i grandi personaggi, ma vive il concreto manifestarsi delle relazioni, dei culti, dei rituali, della cultura di una collettività.
Ne esce un quadro sufficientemente istruttivo della Civitavecchia di quell’epoca: una comunità che si dispiega dinanzi a noi attraverso l’opera di un erudito capace di rappresentare le sue esperienze di viaggio e di renderle fatto culturale.
È un passaggio importante per gli storici, per chi vuole affrontare le conoscenze nelle epoche più remote, ma credo sia un utile strumento di conoscenza per ognuno di noi, per coloro che si interrogano sulla città, sul suo passato e sul suo divenire.
L’opera del Labat è un altro passaggio obbligato per recuperare la nostra memoria, che è parte essenziale per una società che ha bisogno di capire per riscoprire la sua identità.
Prefazione di Alfio Insolera, Assessore alla Cultura
Promuovendo la III edizione del Premio letterario tra le classi terminali delle scuole superiori di Civitavecchia, l’Assessorato alla Cultura del Comune, con il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Roma, ha inteso proporre uno scrittore “inedito”, ben immaginando, dalle peculiarità dell’insolito personaggio, la presa che avrebbe potuto esercitare sui giovani lettori (e non solo su di essi). All’interesse letterario, poi si somma in questo caso il tema dei brani offerti in lettura, riguardanti tutti (e in modo minuzioso e vivacissimo) la storia e l’aspetto di una Civitavecchia di quasi tre secoli addietro, che sembra uscire e farsi materia viva dalla polvere del tempo e delle irrimediabili trasformazioni urbanistiche.
L’immediatezza della narrazione si conduce per le vie della città di allora come una guida affascinante e fantastica. Ci si immedesima nel racconto, ci ritroviamo in Piazza d’Armi ad assistere al “volo” dalla torre della Rocca del “ciarlatano”, ci appiattiamo “come una sogliola” contro la parete interna dell’antemurale sotto l’imperversare della tempesta, ci accalchiamo nella folla al passaggio della processione di Santa Ferma, correndo di volta in volta più avanti per gli assistere alla scena…
Mi sembra che questa partecipazione alla narrazione abbia caratterizzato tutti i temi degli studenti che hanno aderito all’iniziativa e mi auguro che, più in generale, tutti coloro che hanno voluto leggere la pubblicazione edita dal Comune ne abbiano tratto utili riflessioni per un rilancio culturale della nostra città.
Questa manifestazione e le molte altre, tutte di rilievo, promossi dall’Assessorato alla Cultura in questi anni rappresentano un bilancio altamente positivo. Agli studiosi, ai ricercatori, ai collaboratori e, per questa particolare iniziativa, ai docenti e studenti delle nostre scuole, va il mio ringraziamento più vivo per aver contribuito efficacemente a rendere possibile l’azione della Amministrazione in questo settore basilare.
Introduzione di Francesco Correnti
Una “lettura” di attualità: indicazioni da un esperimento
Nato a Parigi nel 1663 o nel 1664, entrato nel convento domenicano dell’Annunciazione in rue St-Honoré (detto des Jacobins. che nel 1791-94 divenne sede dei rivoluzionari capeggiati da Robespierre) all’età di vent’anni, pronunciati i voti l’11 aprile ’85, Jean-Baptiste Labat si dedicò agli studi di filosofia, che poi insegno per qualche anno a Nancy.
Nel 1693, rispondendo ad un appello dei confratelli missionari nelle Antille, partì anch’egli per quelle isole (Martinica, San Domingo, Guadalupa), dove svolse le più svariate attività, compresa quella di ingegnere militare nell’apprestamento delle fortificazioni contro la flotta inglese.
Rientrato in Europa nel 1705 (sbarcò a Cadice il 10 ottobre), andò a La Rochelle, da dove raggiunse Bologna per partecipare al capitolo generale dell’Ordine nel maggio-giugno 1706. Essendogli stato interdetto il ritorno nelle isole americane, per ordine espresso di Luigi XIV, rimase circa tre anni a Parigi e a La Rochelle, per partire nel maggio 1709 verso Marsiglia, giungere a Roma l’8 giugno e trascorrere il resto dell’anno nel convento di Tivoli. Il 1° gennaio 1710 da Roma partì alla volta di Civitavecchia, dove si stabilì rimanendovi fino al 1716, salvo brevi escursioni nei dintorni, un viaggio lungo le coste dell’Italia meridionale fino a Messina nel 1711 ed una puntata fino a Marsiglia nel 1714, al seguito della regina di Polonia. La morte di Luigi XIV, avvenuta il 1° settembre 1715, determinò le condizioni per porre fine all’esilio del Labat, che – attraverso le influenti amicizie italiane – ottenne di lasciare Civitavecchia il 21 gennaio dell’anno successivo, giungendo a Parigi il 19 maggio. Da allora si dedicò alla vita del convento ed alla stesura e pubblicazione, in diverse edizioni, delle sue memorie di viaggio. Morì il 6 gennaio 1738, l’età di 75 anni.
Questa, in rapidissima sintesi, la biografia dell’autore proposto da quest’anno all’attenzione degli studenti delle scuole superiori di Civitavecchia, intenzionati a partecipare alla terza edizione del premio letterario. Da essa si ricava una generica ma già stimolante impressione di un personaggio non comune e d’una vita, al contrario della placida trascendenza dell’ambiente claustrale, tutta dedicata all’avventura, non fosse altro che per i rischi e gli imprevisti dei viaggi per mare e per terra in quei tempi. Ma è la lettura delle opere del Labat a dare una connotazione del tutto particolare al personaggio, a fare uscire da sotto al severo abito domenicano uno spirito anticonformista, un atteggiamento tanto “moderno” da non sembrare concepibile in quell’epoca e in quell’ambiente, se non superando i nostri pregiudizi e la nostra superficiale conoscenza di essi. Certo, una riflessione sulla produzione letteraria del periodo tra Seicento e Settecento, particolarmente di quella francese, porta a collocare il Labat nell’ambito d’una ben rappresentata tradizione, ma non voglio entrare in un campo che non mi compete e che esula anche dal rapporto che si è voluto stabilire tra questo autore e le giovani generazioni: un rapporto che, oltre alla scoperta dello scrittore, portasse gli studenti alla scoperta dell’oggetto delle sue descrizioni puntuale dettagliate, cioè la città di Civitavecchia. Dai componimenti presentati, indubbiamente, il senso di questa “scoperta”, per un verso per l’altro, emerge. Dire che essa sia profondamente compresa, nelle implicazioni che porterebbe il confronto tra la città di oggi e la città di ieri, forse è azzardato: pochi, tra i ragazzi partecipanti, hanno espresso con chiarezza i sentimenti che suscita in essi l’ambiente urbano in cui sono cresciuti, rispetto a quello – così denso di episodi significanti – delineato delle parole del domenicano, così abile a “leggere” la città. Forse questo è l’aspetto più interessante dei temi prodotti. L’assuefazione ad una città che presenta tutti gli aspetti negativi degli agglomerati urbani dei nostri giorni, ne attenua – in qualche misura – l’impatto psicologico e non far sentire la differenza di qualità della vita che poteva offrire (almeno a certi livelli sociali) la città del passato. Essa è vista, dalla maggioranza dei giovani concorrenti, non come una fase precedente dell’evoluzione della città attuale, ma come qualcosa di astrattamente e fisicamente diverso, quasi che nulla sia più riconoscibile di quella e il legame tra le due non più intuibile o verificabile. Ciò porta a riflettere su due lacune che ritengo parimenti gravi nella formazione di questi nuovi cittadini: la scarsa conoscenza della loro città nelle sue componenti urbane e la scarsissima conoscenza della storia municipale. La prima lacuna porta non far comprendere il ruolo e il significato della città e delle sue parti e, quindi, a non possedere gli strumenti per partecipare alla vita e, in un domani, al governo della città. La seconda porta ad ignorare il valore (che è al tempo stesso politico, sociale, economico e culturale) delle preesistenze storiche della città e ad assumere (se ne hanno molti esempi) atteggiamenti di indifferenza o di insofferenza per questi valori, che sono una forma di autodifesa e di alibi per il senso di inferiorità che ne deriva.
Appare evidente quanto più frequenti ed estese dovrebbero essere le ricerche e le conversazioni sui temi della storia urbana che pure si organizzano in alcune scuole cittadine. Il Centro di documentazione urbanistica del Comune invia a tutte le scuole i propri quaderni periodici, ma credo necessario – ed è un impegno che l’Assessorato alla Cultura dovrà assumersi quanto prima – ideare una “Guida alla città ed alla sua storia”, agile e di facile lettura ma priva dei consueti errori, ampiamente illustrata ma esente da ricostruzioni folcloristiche, da distribuire a tutti gli scolari e studenti di Civitavecchia, invitando gli insegnanti ad intraprendere sull’argomento un vero e proprio ciclo di lezioni “parallele” ai normali corsi di storia generale (e di storia dell’arte nelle superiori). Un modo questo, tra l’altro, di avvicinare maggiormente i ragazzi alle materie scolastiche.
Nelle classi terminali, questo studio potrebbe esteso all’assetto urbanistico attuale e previsto, abituando i giovani ad interessarsi al dibattito sulle scelte dello sviluppo e ponendo le premesse per una vera “urbanistica partecipata”, che cosa è ben diversa da quella “negoziata” oggi così di moda.
Gli anni critici delle inadempienze del Comune capofila del PRUSST (2007-2012) dal verbale del Collegio interregionale di vigilanza presso il Ministero delle Infrastrutture.
Va rilevato che, in tutto il periodo commissariale Iurato e, per lungo tempo, durante la successiva amministrazione Moscherini (dirigente urbanistico l’arch. Guratti), la sede del Dipartimento Territorio, Urbanistica e Beni Culturali in piazza Luigi Piccinato (attivata nel 1995) presso la quale aveva operato la direzione dell’Ufficio Consortile, è stata completamente abbandonata, incustodita e senza controllo, con tutto il materiale e i documenti in dotazione, tra cui l’archivio storico dell’Area Urbanistica comunale e quello del programma PRUSST (compreso il Patto Territoriale degli Etruschi e gli altri successivi). Ignoti vandali e, forse, individui indirizzati da persone interessate a trafugare o a manomettere documenti, hanno operato indisturbati, malgrado le denunce alle forze dell’ordine, con varie intrusioni che hanno causato sfregi, imbrattamenti e gravi danni ai locali dell’ufficio ed al loro arredo fisso e mobile, alle attrezzature tecniche ed a diversi documenti e pratiche lì custodite. Le manomissioni del materiale d’ufficio hanno comportato effetti di inutile stupidità, come il disordine delle pratiche sistemate in armadi e su scaffali, gettate a terra ed estratte dai faldoni, la distruzione senza senso dei diversi plastici dei piani urbanistici (tutti di interesse documentario e informativo, alcuni di valore storico in quanto risalenti ai progetti dei grandi urbanisti del dopoguerra) e tanto altro ancora.
La situazione, dovuta anche al momento di grave crisi generale e di grande assenza di senso civico, fu denunciata pubblicamente, con segnalazioni e appelli all’opinione pubblica ed alla stampa dal professor Roberto Tamagnini e da vari altri esponenti politici, nonché ripetutamente constatata (e fotografata) dal direttore Correnti in sopralluoghi richiesti ufficialmente e svolti con i funzionari del Comune di Civitavecchia e con la presenza di amministratori e dirigenti di numerosi Comuni che vedevano con preoccupazione i loro progetti inseriti nel PRUSST bloccati e inaccessibili nei locali di piazza Piccinato. Tempo dopo, nonostante le lettere e le disposizioni del suddetto responsabile e le allarmate raccomandazioni dell’Organismo di controllo e degli amministratori di diversi Comuni, l’archivio del PRUSST è stato trasferito al Parco della Resistenza da una squadra di operai, senza alcuna assistenza del personale tecnico addetto e senza alcun accorgimento per garantirne l’ordine e l’integrità e per curarne la sistemazione nel nuovo locale, mai reso accessibile e mai attrezzato per le attività della direzione e del Nucleo di monitoraggio, malgrado gli impegni poi assunti dal Comune di Civitavecchia con l’Accordo di programma e le conseguenti deliberazioni.
Tornando al periodo in cui la direzione dell’Ufficio Consortile ha avuto la sua sede presso la Provincia di Viterbo, coordinando l’attività di quegli uffici e del Gruppo di consulenza [va ricordato che i Gruppi di assistenza tecnica di cui all’art. 6, comma 1, lett. a) del Bando ministeriale operanti nei vari ambiti territoriali del PRUSST con la direzione ed il coordinamento dell’arch. Correnti comprendevano oltre un centinaio di professionisti tecnici e amministrativi], l’attività progettuale ha potuto proseguire proficuamente, portando a notevoli risultati. In primo luogo, nel corso di tutto l’anno 2007, si è svolta l’attività del Gruppo Tuscia 40. Dal 25 al 26 gennaio si è poi avuta la partecipazione ai Seminari tecnici sul Programma innovativo Porti e Stazioni presso il Circolo del Ministero delle infrastrutture sul Lungotevere Thaon di Revel, in cui la direzione dell’Ufficio ha presentato la relazione Una esperienza insolita di collaborazione tra enti locali (poi riproposta alla RUN di Matera). A febbraio, con proprie disposizioni, il presidente della Provincia di Viterbo ed i sindaci di Orvieto, Pitigliano e Viterbo hanno confermato l’arch. Correnti nella direzione dell’Ufficio, mentre da parte del direttore generale del Comune di Civitavecchia, Biagio D’Ambrosio non si sono avuti i provvedimenti richiesti per la prosecuzione delle attività e l’accesso ai documenti del PRUSST (ed anzi si sono verificati gravissimi atti di mobbing e di ostacolo), nonostante i ripetuti solleciti. In particolare, è stato fatto presente sia al suddetto sia al commissario e sub commissari, che, presso la Regione Lazio, erano state attivate – ma al momento sospese – le conferenze dei servizi per gli interventi in variante ai rispettivi PRG dei Comuni di Ladispoli, Soriano nel Cimino, Canino, Canale Monterano, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Castel Sant’Elia, Sacrofano, oltre che della stessa Civitavecchia, evidenziando il danno economico che stava derivano ai soggetti proponenti ed ai Comuni interessati da quella situazione di stallo, per la quale giungevano, infatti, quotidiani solleciti da parte dei sindaci interessati agli interventi in via d’approvazione.
Intervento del Sindaco ing. Antonio Cozzolino al Consiglio Comunale di martedì 5 marzo 2019 sui programmi finanziati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Si continua a parlare di outlet alla Fiumaretta, perché… [omissis] Non piace? ho capito! Nelle epoche in cui le Amministrazioni comunali o le amministrazioni statali si potevano permettere investimenti di miliardi di lire, oggi milioni di euro, sono finiti. Fi-ni-ti! e non è che lo dice il sottoscritto, e qui discorso sarebbe lunghissimo, sono le politiche economiche e finanziarie di questo paese all’interno di questo continente, che vanno in quella direzione… non lo decidiamo noi qual è il limite dell’indebitamento, non la decidiamo noi la politica economica e monetaria del paese, non lo decido io… dove hanno deciso di andare avanti o meno con i cicli economici oppure di avere periodi di deflazione… non lo decido io, non lo decide il popolo italiano, non lo decide il governo, lo decide qualcun altro… qualcun altro, che è un privato ma il discorso è lungo e quindi lasciamo perdere!
La questione dei PRUSST… La questione dei PRUSST… Allora, io ho capito che il collegio di vigilanza ha approvato, ma io non voglio spendere 50.000 € per il convegno finale del PRUSST: non ce costa nemmeno il convegno finale dei Mondiali di calcio 50.000 €! Non ce li voglio spendere, non voglio spendere i soldi sulla… sulla… sul campanile di Sant’Egidio, che sta sulla proprietà privata della persona con cui il Comune c’ha un contenzioso e della persona che ha passato qualche guaio giudiziario perché è stato infilato in una storia poco pulita di… di minacce… di… non mi ricordo che era… nella campagna elettorale più triste del secolo che è stata quella delle elezioni del 2012! non voglio spendere i soldi per l’Urban Center a…, non vogliamo spendere i soldi per Urban Center alla sede del… dell’urbanistica, io ’ste cose non le voglio fa’! abbiamo deciso che vogliamo fare altro. Abbiamo deciso che i soldi per la riqualificazione di piazza Porta Tarquinia ci servivano tutti! no quelli che decideva qualcun altro! abbiamo deciso che il Forte Michelangelo è ora che gli ridiamo vita, perché ce l’abbiamo in concessione, ma ce l’abbiamo sui denti, perché purtroppo, purtroppo! lo stato attuale dell’infrastruttura è tale che però ci si può fare quasi niente! di quello noi abbiamo dei grandiosi progetti, grazie anche a delle persone di buona volontà che… che sono competenti nel loro campo… c’è la grossa possibilità e qui ringrazio pure il comandante Leone del lavoro fatto insieme… di fare qualcosa di importante, però una sistematina… una sistematina gliela dobbiamo dare! con la sistematina… e direi che sono ambiti culturali, direi che sono opere di infrastrutturazione, e quindi rientrano nell’oggetto sociale del PRUSST, passatemi il termine non corretto, ci rientra una… una sistemata …al teatro sono opere tranquille… alla Cittadella della Musica, dove si vuole fare un progetto importante… sono tutte cose molto tranquille, che però hanno una prospettiva.. e il campanile di Sant’Egidio, l’Urban Center e il convegno dei Mondiali non ce l’hanno… quindi, se il collegio di vigilanza accetta queste nuove proposte, noi i soldi siamo tranquillamente in grado di spenderli… se l’interlocuzione che con l’assessore Ceccarelli stiamo portando avanti col Ministero… va in questa direzione… Io sono fiducioso. Comunque vedremo.
Qualcuno ha detto: non avete fatto niente! vabbè questo è il mantra là… che seguita… l’unica opera che avete fatto è il Forno. Mi dispiace che è andata via la consigliera… No no no! non l’abbiamo fatto noi il forno: la decisione politica non l’ha presa ’sta maggioranza, la verità è un’altra. Io non so più come la devo raccontare questa storia, ma a prescindere, l’unica opera… il depuratore… l’abbiamo rimesso a nuovo… i parchi li stiamo rimettendo a nuovo…, il mercato… il mercato, checché se ne dica, prima erano accozzaglia di gente in giro che non aveva più neanche quella coesione commerciale che serve a un mercato cittadino! Adesso stanno tutti insieme, adesso l’ittico è riaperto, adesso san Lorenzo è riaperto e a Dio volendo… intendo la stazione unica appaltante… probabilmente riusciremo a vedere l’avvio dei lavori di riqualificazione di Piazza Regina Margherita! L’idrico… l’idrico a differenza … quello che diceva Francesco Fortunato, di chi diceva… non far più niente perché tanto arriva l’ACEA, … poi se rivolgeva a qualcun altro… e diceva “No, noi l’ACEA mai”, poi andava da ACEA e je diceva “Ma quando ve sbrigate a venire?!” [omissis] …io c’ho un delegato che non finirò mai di ringraziare… che è Antonio Visciola… s’è fatto quattro estati pe’ chiusini, tombini, serbatoi… [omissis]
FRANCESCO CORRENTI
Che tristezza, architetto Correnti. Spero che la documentazione e denuncia abbia la massima diffusione.
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Non so cosa dire, a dover esprimere le mie speranze. “Nutro fiducia” disse qualcuno nel ’22 (un secolo, l’anno prossimo) e si ritrovò con la cosa “facta”. Oggi potremmo dirci di stare sereni, e pure questa è una frase pessimistica. E tuttavia, avendo manifestato un mio auspicio, posso dire che mi è molto piaciuta la battuta: “Draghi, cosa ne pensate?” “Sì, esistono!”
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Non aver utilizzato i Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio penso sia stato un errore e un’omissione grave. I dettagli sono tanti ma il filo conduttore mi sembra lo stesso. Come commentavo poco fa sulla pagina del Fondo Ranalli tutto mi ricorda Antonio Baldini, acuto osservatore, giornalista brillante e instancabile viaggiatore che a proposito di Civitavecchia scriveva: “C’è nell’aria un’indolenza ancora papalina. Il tempo s’è fermato.” Non c’è l’Orenoque che “scaldò le macchine e se ne andò zoppicon zoppiconi”, Ora le navi da crociera languono al largo, i fumi sono diversi e più nocivi di allora ma la sensazione generale è che manchi l’orientamento oltre i valori.
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Ho immaginato, a volte, di gironzolare per la città, in un giorno qualunque di un anno qualunque, risalendo dalla prima alla seconda e alla terza strada ed oltre, passando dal Vicolo Rapallo a quello del Mondezzaro, per giungere poi all’ultimo Rione, nella via nuncupata la Risicata. E questo, udendo sul selciato di pietra scaglia il rumore dei miei passi e nessun altro suono o voce umana o verso di qualche animale, senza vedere né cristiano né turco, in un desolato silenzio, con quelle pareti di case scrostate, con macchie di umidità e muffa e ciuffi di capperi, unici segni di vita. Un luogo innaturale, certamente immaginario, ma forse simbolico. Comunque coerente con tante sensazioni provate nel corso degli anni, nel corso dei giorni, tante volte, Giorgio.
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