SULLA PRESCRIZIONE: OPINIONI A CONFRONTO – II
di PAOLO F. MASTRANDREA ♦
Riportiamo il contributo dell’Avv. Paolo F. Mastrandrea al dibattito promosso dal gruppo consiliare del PD sul tema della prescrizione.
Nell’esercizio della giurisdizione, la Carta Costituzionale ha sancito alcuni principi ineludibili, la cui violazione è assunta a sintomo di abuso.
Il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) di tutti i cittadini dinanzi alla legge, di legalità (art. 25 Cost.) per cui nessuno può essere punito per un fatto non previsto dalla legge come reato, di laicità dello Stato, ma soprattutto (art. 111 Cost.) del giusto processo, che tutti i precedenti riassume, e che stabilisce la parità delle parti dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, della presunzione di innocenza, in un processo la cui durata deve essere ragionevole.
Il concetto di ragionevolezza della durata del processo è peraltro sancito nella Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo (art. 6, par. 19), laddove una durata irragionevolmente lunga è considerata una vera e propria lesione dei diritti delle parti in causa, imputato, parte civile nel processo penale, attore e convenuto in quello civile.
L’istituto della prescrizione è, proprio per questo, espressione della volontà di tutela dei diritti dei cittadini verso le inefficienze del sistema giudiziario. Se il processo si prolunga per colpa dello Stato, non deve pagare il cittadino.
Si parla infatti di processo come pena, ed in effetti chi abbia sperimentato sia pure una banale causa civile può confermare il disagio insito nella stessa lunga attesa di una sentenza.
Nonostante la genericità del disposto, il principio della ragionevole durata del processo non è una raccomandazione, ma un vero e proprio diritto del cittadino il quale, attraverso la legge Pinto, può ottenere un indennizzo nel caso di durata irragionevole del processo.
In effetti, la Legge Pinto avrebbe dovuto avere una forza dissuasiva verso cattive pratiche amministrative, ma la incancrenita inefficienza del nostro sistema giudiziario fa si che che gli indennizzi riconosciuti ai cittadini nei casi di irragionevole durata dei processi provochino voragini nel bilancio dello Stato.
Negli anni 2018 e 2019 i costi della Legge Pinto sono stati preventivati intorno ai 200 milioni di euro/anno.
Va considerato che, dal momento che l’inefficienza cade anche sui processi di indennizzo per lungaggini processuali, abbiamo anche ricorsi ai sensi della Legge Pinto contro le lungaggini dei processi Legge Pinto!
Sono risorse finanziarie che vengono sottratte all’organizzazione della giustizia, ma si preferisce risarcire e lasciare le cose come stanno piuttosto che investire in risorse e mezzi.
In sostanza, attraverso il pagamento di contributi unificati e bolli per instaurare un processo, stiamo finanziando non solo i costi di giustizia ma anche gli effetti dei suoi abusi.
Per quanto sopra è ovvio che l’abolizione dell’istituto della prescrizione altro non sia che la resa del nostro ordinamento all’inefficienza, la violazione “legalizzata” del principio del giusto processo, la “normazione” (o normalizzazione) di un abuso giuridico, che vuole farsi passare per lotta necessaria alle strategie difensive degli Avvocati. Ma come è stato più volte detto, gli Avvocati e le Parti non hanno alcuna potestà di determinare la durata del processo.
C’è infatti una deriva ben più pericolosa a cui l’abolizione della prescrizione conduce, ovvero la violazione di quell’equilibrio dei poteri che la Costituzione ha voluto prevedere a garanzia dei principi democratici.
Se l’art. 111 Cost. prevede che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”, siamo sicuri che queste condizioni di parità siano rispettate?
Siamo sicuri che non costituisca “disparità” conferire alla magistratura, inquirente o giudicante, il potere di prolungare sine die la durata dei processi, così alterando di fatto l’equilibrio tra le parti voluto dalla Costituzione?
Siamo sicuri che il processo, così come sarà dal 2020, non assumerà ancora più nettamente i contorni di uno strumento di discriminazione, sociale e politica, a prescindere dalla sentenza?
Siamo sicuri, infine, che tale monstrum giuridico passerà il vaglio della Corte Costituzionale e quello della Corte per i Diritti dell’Uomo?
Sono tuttavia sicuro che grande parte della Magistratura si schiererà decisamente contro la Legge 9 gennaio 2019, n. 3, perchè in molti hanno compreso il vulnus allo stesso esercizio della giurisdizione.
P.S. Per chi dice che nei paesi più evoluti non esiste la prescrizione, ricordiamoci che in tali sistemi evoluti la prescrizione esiste ma non è quasi mai applicata perchè il servizio di giustizia è somministrato in tempi ragionevoli.
PAOLO F. MASTRANDREA