HALLOWEEN E TRADIZIONI POPOLARI
di STEFANO CERVARELLI ♦
Siamo oramai arrivati alla vigilia della notte del 31 ottobre che in Italia ed in gran parte del mondo viene identificata con la festa di Halloween, tanto che moltissimi faticano a ricordare che in quella notte la Chiesa, nella sua tradizione e fede cristiana, celebra un evento importante: la notte di Ognissanti, a cui segue il giorno festivo e poi ancora un altro sentito momento, quello della Commemorazione dei defunti.
Due contesti culturali, tradizionali e religiosi, completamente diversi.
Partita dal nord Europa la festa di Halloween ha colonizzato intere nazioni sulla scia di film, libri ed eventi; da qui poi è partita la commercializzazione di prodotti e gadget che, secondo gli esperti, nel mercato di largo consumo, è seconda solo al Natale.
Detto che oramai questa festa ha contagiato anche gli adulti, che sempre più frequentemente si ritrovano a celebrarla al chiuso di feste private o nei locali pubblici, rimane il fatto che i primi destinatari di questi gadget, ovviamente, sono i bambini che con i caratteristici cappelli a punta, vestiti di nero, oppure mascherati da scheletri -mentre le femminucce prediligono abiti da strega- assumendo sembianze di spiritelli dispettosi invadono piazze e strade. Al di là di ogni altra considerazione sulla validità pedagogica di tale festa, visto che da più parti si alzano scudi contro gli aspetti diseducativi ed i riflessi psicologici negativi che Halloween nel suo significato funebre e di terrore, può avere sui bambini, personalmente non credo che questi, oggi, specialmente quelli più grandicelli, possano avvertire disagi nel vivere per una sera una realtà horror: pensiamo a che cosa sono abituati a vedere e sentire nella loro vita di ogni giorno. Si tratta alla fin fine di una mascherata dalle dimensioni, tutto sommato, tenere, dove però i genitori, questo sì sono chiamati a svolgere un importante lavoro di “filtro”, come d’altra parte, dovrebbe essere in altre situazioni.
E’ semplicemente vero, invece, che stiamo ben lontani dalla tradizione cristiana che dall’ora del Vespro del 31 ottobre inizia la celebrazione della ricorrenza di tutti i Santi, invitando i fedeli a ben altre manifestazioni di culto, lontane ovviamente da Halloween e dal suo mondo di spiritelli.
Questa celebrazione risale a 1.400 anni fa e fu istituita da Papa Bonifacio IV in occasione della consacrazione a Maria e a tutti i Santi del Pantheon di Roma, una chiesa che, per molti secoli, avrebbe sovrapposto il cristiano nome di Santa Maria Rotonda a quello pagano del tempio dedicato a tutti gli dei.
Volendo proprio ricercare una compatibilità tra le due feste la si troverebbe nei loro nomi perché Halloween non è che la contrazione dell’antica “All’Hallows’eve” notte di tutti i Santi Spiriti. Rimane il fatto comunque che demonietti e santi non hanno nulla da spartire.
In coincidenza, però, di queste feste – ed eccomi arrivato all’argomento principale dell’articolo – non molti sanno che in questo periodo c’è – o meglio, inizia – una terza festa, meno conosciuta; una festa che non ha niente a che fare con le altre due, ma bensì con la…terra; nasce da una millenaria tradizione ancora sentita e praticata come appartenente, ed integrata, nel ciclo dell’anno agrario in Italia, si chiama: Capo del tempo (nei nostri paesi collinari è conosciuta come la festa dell’ ”Ottavario” (legata però in massima parte alla celebrazione del culto dei morti).
La festa di Capo del tempo non si esaurisce in una sola giornata, bensì ha una durata di una dozzina di giorni.
Inizia la notte del 31 Ottobre e finisce l’11 novembre nella ricorrenza di San Martino.
Qual è la sua origine? Per prima cosa dalla semina dei campi, un atto che sta a significare le nuove lavorazioni della terra; poi dalla vinificazione completata (ricordate San Martino del Carducci?). Comunque uno dei motivi dell’origine della festa è da rintracciare principalmente nel rinnovo dei contratti agrari che avveniva annualmente e proprio in questi giorni, quando la proprietà riscuoteva i fitti provenienti dai raccolti estivi/autunnali, e di conseguenza rinnovava l’ingaggio ai fittavoli, per un nuovo anno. Era motivo principale della festa ed era comprensibile: si aveva ancora a disposizione la terra per lavorare.
Molte usanze accompagnavano, e lo fanno ancora in Abruzzo, Lazio, Campania ed in altre parti del meridione, tale avvenimento, definito più esattamente “la santità della terra” o più specificamente “A cap’tiempe” A capo del tempo. Processioni e cerimonie semipagane trovavano l’epilogo davanti all’altare di qualche chiesa – ma soprattutto erano i banchetti campestri a tener…banco.
Si mangiavano i prodotti del raccolto autunnale, la zucca per prima. Si svuotava della polpa e poi, dategli le sembianze di un volto, veniva messa in cima a una picca con una candela all’interno e portata in giro per le strade buie del paese, oppure esposta sui davanzali. Usanza questa ancora in auge durante Halloween, a testimoniare un forte legame con la cultura della terra.
Fin qui ho parlato delle feste dei vivi, ma questi sono anche i giorni in cui più sentito è il ricordo dei nostri morti ed anche a loro quindi è dedicato un momento di” festa” con usanze che ancora oggi, specialmente nelle zone rurali, sopravvivono.
Nella notte del 31 Ottobre i nostri cari defunti tornano sulla terra dove viene allestito per loro un apposito banchetto. Entrano nelle case, invisibili, siedono e ringraziano chi non si è dimenticato di loro, invitandoli a questa cena speciale. Alla luce dei lumini lasciati accesi, banchettano senza fare il minimo rumore in modo tale da non spezzare l’incantesimo; dileguandosi poi prima che spunti l’alba.
La tradizione vuole che al mattino il primo nella casa che si svegliava, dopo essersi fatto il segno della croce entrando in cucina, andava a controllare quali sedie erano state spostate e quant’acqua era stata bevuta dalla conca di rame. Quindi spegneva le ultime fiammelle dei lumini: non servivano più. Dalle finestre stava arrivando il nuovo giorno, il nuovo Capo del tempo.
Certo, sono tradizioni popolari tramandate da generazione in generazione nelle storie narrate nelle lunghe sere d’inverno nei casolari e nelle case di paese, seduti davanti al camino. Però non dite che di queste usanze, di queste tradizioni, di questa civiltà contadina non ci sono tracce nella notte di Halloween….
STEFANO CERVARELLI