IO NON MI SENTO ITALIANO
di MARINA MARUCCI ♦
“ Mi scusi Presidente non è colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia. Può darsi che mi sbagli che sia una bella idea, ma temo che diventi una brutta poesia………
Non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.”
Così nel lontano 2003 Giorgio Gaber scriveva questo brano, che penso sia tornato attuale, e vi invito a sentire, dopo gli anni di Berlusconi, dei governi tecnici, politici e questo conseguente governo giallo verde.
Da alcuni giorni gira nella mia mente un pensiero che vorrei condividere: ma non è che tutto questo edonismo ed egoismo, cioè mettere al centro l’uomo o donna che sia, con le sue priorità, i suoi bisogni al di sopra di tutto e tutti, stia cambiando il nostro DNA, togliendoci la parte migliore di noi: l’umanità!
Mi sembra di vivere nel periodo più oscurantista che la mia generazione abbia conosciuto: quasi un Medio Evo. La ragione spesso è ottenebrata da fake news a cui molte persone preferiscono credere .
La scienza, la conoscenza, la competenza, vengono rigettate quale obiettivo da abbattere, perché indicato come il metodo dalla “ Casta”.
Si sentono affermazioni mai smentite come “ Il cambiamento climatico è opera di Satana”, detto da un capo di gabinetto del ministero della famiglia, cosa che neanche Trump si è mai sognato di affermare; si separano i bambini immigrati dagli altri, nelle mense scolastiche, perché un Comune del nord Italia richiede loro chissà quale certificato dal paese d’origine, per aver diritto alla mensa; si persegue un sindaco che organizza l’accoglienza in un paese del sud ormai spopolato, per non parlare delle decine, centinaia , migliaia di immigrati lasciati morire nel mar Mediterraneo.
E’ di questi giorni il raddoppio dell’IRES o tassa sulla solidarietà, (si dice forse verrà soppressa) che solo averla pensata, denota la meschina ricerca di fondi dei nostri governanti, per finanziare le loro cialtronerie.
Ma la ciliegina sulla torta è una notizia, apparsa in queste giornate di festa, sul Washington Post e ripresa da Huffington Post italiano: la Certosa di Trisulti, monastero della provincia di Frosinone diventerà presto una “accademia del Populismo “.
Già perché nel complesso di Trisulti vi è rimasto un solo monaco di 83 anni, che presto verrà destinato alla vicina Abbazia di Casamari.
Il Ministero del beni culturali ha assegnato la gestione di “questo gioiello medioevale “ così menzionato dall’Huffington Post, al sig. Benjamin Harnwell, responsabile di una importante associazione religiosa e seguace del sig. Bannon (consigliere della campagna elettorale di Trump).
Harnwell sta organizzando all’interno della certosa” una accademia per studenti “guerrieri” che vogliono imparare le regole del populismo, per diventare una nuova generazione di Salvini e Orban” così scrive il Washington Post.
La Certosa fu costruita nel 1204 dai Monaci Certosini e in questi ottocento anni è sempre stato un luogo di culto, di preghiera e spiritualità.
Credo sia veramente un “sacrilegio” permettere che tale progetto diventi realtà: il grande storico e medievalista tedesco Ferdinando Gregorovius (1821- 1891) aveva dedicato a Trisulti le seguenti parole: “ Se vi è un luogo in cui lo spirito umano possa raccogliersi nella più grave ed elevata meditazione, dev’essere qui, in una delle più sublimi solitudini che io abbia mai visto “ .
Luogo di accoglienza, soprattutto durante la seconda guerra mondiale dove più di 2.000 sfollati del Frusinate scappati da Cassino, trovarono rifugio; luogo di studio e conoscenza con la sua biblioteca, gestita dal Ministero dei beni culturali, dove si possono consultare circa 36.000 volumi, comprese le bolle papali; luogo di sperimentazione erboristica, dove nel suo laboratorio le ricette hanno curato per secoli la popolazione, dispensando il millenario sapere dei Monaci.
Insomma tutto questo è destinato in parte a sparire, per esser sostituito da una scuola per politici sovranisti dove i valori preponderanti saranno: la sovranità della patria, il ridimensionamento dell’Europa se non la sua cancellazione ed il conseguente razzismo e la xenofobia.
Italiani, cittadini rifondiamo l’Italia e l’Europa e, ritornando al brano del grande Giorgio Gaber, vorrei concludere con amarezza, riportandone la frase finale:
“Ma un po’ per non morire, o forse un po’ per celia, abbiam fatto l’Europa, facciamo anche l’Italia. Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.”
MARINA MARUCCI
Spunti stimolanti, mi piacerebbe che si aprisse una riflessione non retorica e non folcloristica sull’identità italiana: un tema da non regalare ai sovranisti e da declinare in chiave democratica. Conosco Trisulti, vicina a quello che è stato il mio luogo di lavoro per quasi venti anni. Concordo con Gregorovius (“si parva licet componere magnis”).
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Grazie Nicola delle tue considerazioni, hai colto il senso dell’articolo: non regaliamo il nostro essere ITALIANI ai cialtroni, e partiamo da una riflessione sul caso Trisulti per approfondire la nostra identità nazionale.
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Non conosco la questione della certosa, però trovo molto interessante la questione della “identità nazionale”. Debbo però dissentire sull’uso della “chiave democratica” proposta da Nicola. Credo che l’uso di una chiave politica nell’affrontare il tema della “identità nazionale” abbia l’effeto di una sorta di filtro, alla stessa stregua di certi filtri per gli obiettivi delle macchine fotografiche. Ma, da dove cominciare? Voglio porre una domanda: l’identità nazionale si porta appresso il passato, o il passato non “macina più”? Vedo di essere più chiaro magari andando a pescare da un campo che frequento. Il tarocco siciliano fa parte della identità nazionale o è semplicemente un frutto che il tempo può tranquillamente con l’arancio tunisino? Ancora più calzante la questione del grano. Non paia cosa banale, perchè il tema è se sia giusto o meno perdere produzioni come pure tradizioni, usi e costumi che spesso sono o sono state la ricchezza del paese anche in termini culturali. Identità nazionali sono anche le grandi imprese del passato, per alcune delle quali dovremmo essere fieri se solo riuscissimo a scrollarci di dosso il peso ideologico, ad esempio le grandi imprese aeronautiche oppure la bonifica dell’agro pontino ecc.. Spesso l’Europa viene vista da alcuni come una realtà che mortifica le specificità nazionali, vero o no? Non facile da rispondere, direi. Penso che l’Europa mortifichi le specificità nazionali nella misura in cui non è riuscita a produrre un “federalismo” fra pari mentre, invece, ha prodotto poco più di un governo della finanza pubblica che impone scelte economiche e commerciali sacrificando le specificità dei singoli paesi. A me piacerebbe una Europa capace di valorizzare le differneze e farle convivere con guadagno di tutti, non piace invece una Europa che cancella le diversità.
Insomma una Europa che detta le regole sulla grandezza delle vongole o sulle concessioni ma non è capace di uniformare i regimi fiscali e le leggi sul lavoro, mi pare sia una UE decisamente poco democratica e fondamentalmente strumento di controllo economico piuttosto che di sviluppo e promozione. Ecco quindi che la “identità nazionale”, laddove la si voglia valorizzare, diventa qualcosa da difendere, non farlo significa perderla. Se fossi sardo vorrei poter continuare a mangiare il formaggio con i vermi, come vorrei, se avessi uno stabilimento balneare, continuare a gestire lo stabilimento che da sempre la mia famiglia gestisce (lo stabilimento balneare è qualcosa di tipico del nostro paese, basti pensare a quanti film hanno avuto lo stabilimento balneare come ambiente). C’è da discuterne, senza dubbio.
Molto da discutere sull’italianità che se ne va c’è se andiamo a parlare dei giovani e meno giovani italiani che espatriano per mancanza di lavoro, sui marchi italiani venduti, sulle aziende che delocalizzano e via dicendo. Italianità che se ne va è anche il talento perduto. Italianità in crisi è anche quella che non riesce a festeggiare il Natale nelle scuole con bimbi di diversa estrazione, non parlo di religione ma di “tradizioni” di “usi e costumi”. Tanto da parlare, possibilmente liberandosi dai filtri ideologici.
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