GENITORI ……VINCENTI

di STEFANO CERVARELLI ♦

Recentemente, nell’accogliente impianto del Dopolavoro Ferroviario, si è svolto il torneo di calcio riservato alla categoria 2006 e dedicato alla memoria di Flavio Gagliardini, compianto calciatore civitavecchiese.

Il torneo, che ha visto la presenza di squadre appartenenti a club professionistici, si è svolto alla presenza di molta gente ed oltre che a disputarsi con “gradevoli” toni agonistici, ha avuto anche il merito di svolgersi in un clima di assoluta amicizia e vero spirito sportivo, che non è andato oltre il normale incitamento ai proprio “piccoli” beniamini.

Questo, come dire, “sano” comportamento, mi ha riportato alla mente altri episodi e storie di tutt’altro genere che hanno visto genitori i quali, prede delle loro ambizioni e vittime delle proprie frustrazioni, si sono resi protagonisti, in certi casi anche con la complicità degli addetti ai lavori, di squallidi episodi, alcuni dei quali vale la pena ricordare.

Iniziamo ponendo alcune domande.

Riuscite ad immaginare ove possa spingersi un genitore per soddisfare la propria ansia di successo?

Riuscite ad immaginare cosa possa fare in preda alla voglia di dare sfogo ad ambizioni represse?

Non credete che non possa servirsi del corpo, della mente e dell’emotività dei propri figli? No?!

Allora, vi prego, abbiate la pazienza di leggere queste poche note: poi ne riparleremo.

Un ragazzino, non ancora quattordicenne, inizia a frequentare per svago una piscina, gli piace nuotare ed è anche bravo, tant’è che presto gli istruttori, vedendo in lui potenziali doti, lo invitano a cimentarsi con il nuoto agonistico. Al ragazzo piace e, in poco mesi, lavorando tranquillamente, apprende i rudimenti tecnici dei quattro stili. Inizia a gareggiare, ottiene qualche buon risultato e, soprattutto, si diverte insieme agli amici; ma a questo punto entra in scena il padre del ragazzo:” Mio figlio deve diventare un campione!” ed inizia ad immaginare podi e trionfi.

Con questa pur accettabile prospettiva, costringe il figlio – che nel frattempo ha compiuto 14 anni – a sottoporsi ad allenamenti sempre più faticosi e frequenti, portandolo al limite delle risorse fisiche.

Non contento di questa “persecuzione” e credendo di ottenere di più, questo padre inizia ad usare una seconda arma: il ricatto affettivo.

Grande entusiasmo, baci, abbracci in caso di vittoria, rimproveri, critiche e freddezza in caso di non vittoria (ho usato volutamente questo termine perché per me la sconfitta nello sport a livello giovanile non esiste).

Ma non finisce qui. Per completare l’opera questo genitore riempie il figlio di integratori vari, proteine, creatina, aminoacidi ramificati. Il ragazzo inizia ad accusare malessere fisico, fatto di nausee, vomito ed aggravato da un evidente e spiegabilissimo disagio psicologico.

Per il padre sono incidenti sulla strada del successo. Ma qualcuno prima che sia troppo tardi dice basta. Sono i conoscenti, gli amici d famiglia, lo stesso istruttore che, decisi a sottrarre il giovane da quell’incubo, si rivolgono alla Procura denunciando la situazione.

L’uomo viene indagato per maltrattamenti in famiglia e le indagini dei carabinieri documentano il crescendo di vessazioni fisiche e morali; conclusioni alle quali si arriva anche in base a fondati riscontri investigativi ed alla consulenza di un medico che accerta i disagi fisici e psicologici sopportati dal ragazzo.

Si potrebbe pensare che questo sia un caso limite, isolato, bene…andiamo avanti.

A due fratelli, minorenni, praticanti il tennis, a quanto si diceva “bravini”, il padre somministrava degli anabolizzanti, con l’ausilio di un medico compiacente.

Vogliamo continuare? Continuiamo.

Un giovane atleta, naturalmente minorenne, praticante questa volta il nuoto, viene sottoposto ad ozonoterapia. Il bello – anche qui perdonate la triste ironia – sarebbe meglio dire il tragico – è che ad accompagnarlo in clinica è il padre!

Certo che il discorso lascia spazio ad altri interrogativi. Ma che clinica era?

Poteva intervenire su un giovane minorenne? E per farlo è stato sufficiente l’autorizzazione soltanto del padre?

Sempre a proposito dell’atteggiamento dei genitori nei confronti dei loro figli, la dice tutta la risposta data da una madre, quando, tempo fa, scoperta ad ordinare, via internet, sostanze proibite, ha dichiarato ”…perché mia figlia non può arrivare seconda”.

Per chiudere, per il momento, questo triste argomento, voglio ricordare il recente caso di una squadra ciclistica giovanile toscana, ai cui componenti i tecnici somministravano, con piena consapevolezza da parte dei genitori, sostanze proibite.

Ma per tornare al Torneo Gagliardini ed al comportamento sportivo dei genitori presenti sugli spalti, le cronache invece ci riferiscono purtroppo sempre più spesso di papà e mamme che sulle gradinate sottolineano le prestazioni dei loro figli con urla e comportamenti da far invidia agli ultras, lasciandosi completamente andare fino al punto di rivolgere ai piccoli avversari dei loro figli insulti di ogni tipo, arrivando in alcuni casi ad incitare alla violenza più becera. Non capitano di rado partite dove le espressioni tipo “entra duro” – “dagli un calcio” sono il minimo).

E’ naturale che a quel punto dalle parole si passi ai fatti, arrivando a vere e proprie risse e scazzottate a pochi metri dagli occhi dei loro pargoli. Addirittura c’è stato un caso dove l’allenatore, stanco di questi atteggiamenti, ha fatto uscire la squadra dal campo. Sapete dove è successo? Durante lo svolgimento di una competizione calcistica riservata ai “pulcini”, vale a dire bambini di sei anni!!

Sarebbe bella una conferenza sullo sport come mezzo educativo con la partecipazione dei genitori.

A dimostrazione che questo genere di maleducazione è presente in quasi tutti gli sport, voglio aggiungere che come ex allenatore di basket ho assistito anch’io ad episodi poco edificanti.

Bene: siamo alla conclusione ed è il momento quindi di dare una risposta alle domande poste sopra.

Da parte mia voglio concludere con una citazione tratta dal libro “Lo sport del doping, chi lo subisce, chi lo combatte” dell’ex tecnico della Federatletica Alessandro Donati –edizioni Gruppo Babele: “……..in quel momento mi si accende una luce e capisco che l’onestà e la trasparenza sono i segni distintivi iniziali dei giovani praticanti sportivi. Poi ci pensano gli allenatori, i medici, i dirigenti disonesti – oltreché i genitori mossi dall’ambizione – a portarli sulla strada della furbizia, della doppiezza e dell’imbroglio”.

STEFANO CERVARELLI