Confondere il demonio. Diavoli, campanili e altre fantasmagorie collettive.

di ELISABETTA APPETECCHI ♦

Per chi ha il vezzo di camminare a naso all’insù, Malta è un posto in cui non è raro imbattersi in chiese i cui campanili hanno almeno due quadranti di orologio messi lì a segnare orari diversi: uno segna l’ora giusta, l’altro no. Se «Perché?» è l’ovvia domanda, la risposta non lo è altrettanto: ebbene, servono a confondere il diavolo.

Per secoli i rintocchi delle campane hanno segnato l’inizio e la fine della giornata lavorativa o cadenzato le varie ricorrenze civili e religiose, prima che arrivasse la torre dell’orologio a scandire il tempo con i suoi laicissimi rintocchi.

Sulle facciate dei nostri campanili non è raro imbattersi in smorfie di mascheroni grotteschi e mostruosi messi lì ad allontanare il demonio che, secondo la leggenda popolare, vorrebbe entrare a suonare le campane, provocando scompiglio nella regolare vita quotidiana.

Di fronte a una tale minaccia è parso necessario armarsi di astuzia a salvaguardia della routine giornaliera: di qui l’espediente degli orologi maltesi o, in tempi più recenti, almeno a detta dei nostri anziani, la conta obbligata dei fili di una scopa messa a presidio della porta da aprire.

Allora sì che il diavolo avrebbe titubato, magari sospeso a mezz’aria, di fronte al portone principale della Chiesa in cui fare irruzione: il tempo di contare e ricontare tutti i fili e poi via a suonare le campane con la corda tra i denti, a ridersela di quegli ometti tutti impegnati a farsi scandire la vita dai rintocchi, dalla culla alla tomba.

Se viene così bene immaginare la scenetta quasi vaudevilliana è perché, secolo dopo secolo, si sono depositate nell’immaginario comune queste e altre diaboliche fantasmagorie, complici l’arte e la letteratura.

Edgar Allan Poe nel racconto Il diavolo nel campanile si mette a narrare le vicende del delizioso borgo di Vondervotteimittiss, regno del – tradotto – “cheorè”, popolato da puntualissimi abitanti e scombussolato dall’arrivo improvviso di un misterioso signore forestiero che, a violino sottobraccio, li getta nel panico con la sola aggiunta di un rintocco ai dodici consueti al momento del pranzo di Mezzogiorno.

È pure un rintocco di campana a scandire i sortilegi dei diabolici protagonisti di La notte dei desideri, romanzo di Michael Ende ambientato in una lugubre notte di San Silvestro; il libro, tradizionalmente destinato ai ragazzi, è  invece deliziosamente alla portata della fantasia di tutti.

Tra gli italiani ci ha provato il siciliano Giacomo Tranchida in Il diavolo sul campanile, raccolta di “quasi fantasie ericine”: già schiaffato in copertina compare un diavoletto dal passo felpato, tutto avvolto nella sua stessa scia di zolfo. Si compiace della tempesta appollaiato – manco a dirlo – sul campanile di S. Giuliano: a non poter più essere gestori del tempo cronologico ci si reinventa gestori diabolici di quello atmosferico.

 

Dunque: è tutta finzione?  Se si toglie la componente leggendaria, fantasiosa e poi romanzesca, cosa rimane di vero? Forse solo la confusione per aver letto l’orario sul quadrante sbagliato, quella volta, in quel di Malta…

ELISABETTA APPETECCHI