Noi, loro e l’oro di Greg.
di DAMIANO LESTINGI ♦
Oro nei 1500 metri stile libero. Gregorio Paltrinieri. Prima ed unica medaglia d’oro italiana nel nuoto nella rassegna olimpica di Rio 2016.
Potrebbe terminare già cosi questo articolo.
Ma questo è quello che vedete voi. Quello che con ammirazione ed entusiasmo osservate spaparanzati dal divano di casa, con birra fresca e patatine alle 4 del mattino, giusto per dire “sto vedendo le finali in diretta”.
La Rai, giustamente, non trasmetterà le ore, monotone, di allenamento e palestra del Greg. Non manderà in onda l’esecuzione di migliaia di km, equivalenti a più giri del mondo a nuoto. Non potete neanche lontanamente immaginare di come sono le sensazioni dopo 3 da 1500 in allenamento, o 10×400 a 4′ e 30 (forse anche meno). Ma che ne sapete voi di quando si va in camera letteralmente distrutti, e si cade in un sonno profondo appena si tocca il letto?!
E che ne sapete dei dolori (causa l’allenamento del giorno prima) alle spalle, gambe, dorsali e pettorali alle 7 del mattino appena svegli? Ma va bene così. Niente da recriminare, nessuna offesa. Solo una constatazione di come si intreccia il mondo del business televisivo con quello sportivo.
Questo è il prezzo del gioco. Si fa vedere la meta, non il percorso.
Conosco Greg da anni. Ragazzo fantastico, solare, sincero, umile, umilissimo. Uno che si mette a chiacchierare del più o del meno per 20 minuti mentre fa riscaldamento a secco con gli elastici. Un Vip che si comporta come un amico di 22 anni.
Io lo sapevo. Quasi tutti NOI lo sapevamo già. Noi nuotatori, si intende. Ma molti, quelli che gli vogliono bene, come amici, atleti, conoscenti e semplici ammiratori, hanno sempre preferito non parlare dell’oro apertamente. Anche io, in silenzio, sapevo che lo avrebbe potuto conquistare. Nessuno me lo leva dalla testa. Perchè? Perchè è un passo avanti a tutti. Con la sua nuotata, un turbodiesel martellante per 14 minuti e spicci. E con la sua mentalità, con la sua voglia di arrivare “oltre”.
Quando l’ho visto sul podio, composto da quelle 2 bandiere italiane, con il compagno di allenamenti Detti al secondo bronzo dopo il 400, ho cominciato a riflettere sull’immagine che ogni atleta offre al Paese. Pensiamo al Greg, ma anche al giovane Basile del judo, lo stesso amico nuotatore Detti, la Fiammingo, Campriani nella carabina, le ragazze del ciclismo, la Di Francisca nel fioretto (cito solo alcuni esempi), quanto possono far riaffiorare quel patriottismo che sempre più si sta diradando nella visione collettiva di tutti noi. Complici l’inerzia della politica, con la non risoluzione dei problemi storici, il cittadino medio si sente sempre meno italiano. Sempre piu diviso. In tutto. Meno che quando si parla di sport. Non esistono nord e sud, ricco e povero, uomo o donna. Ci rappresentiamo in LORO, gli atleti. Cantiamo l’inno da casa, soli in salotto. Fieri di gridarlo.
Allora perché non ricominciare a credere nel paese partendo dallo sport?
Perché non trasferire quell’idea di unità degli italiani anche in altre contesti? Per esempio nei cambiamenti che possano dare quello slancio vitale necessario e non più procrastinabile, nelle soluzioni dei problemi oramai cronici, nell’abbattimento di barriere sociali. E in molto altro.
Abbiamo il bisogno di risentirci italiani.
E quando il Greg, o chiunque altro, vince, ci rappresentiamo in lui. Nella sua medaglia, che è anche la mia, la nostra, di tutto il Paese.
Gli atleti sono gli ultimi veri rappresentanti di quel patriottismo sempre più flebile.
Ricominciamo dagli atleti, dalle Olimpiadi, dallo sport.
DAMIANO LESTINGI
Bellissima riflessione. Lo sport parla al cuore, ispira sentimenti e alimenta emozioni. Ma, come scrivi, rappresenta anche una cultura del sacrificio, un laboratorio di sperimentazione tecnica, un sistema organizzativo a elevata complessità. Per questo è due volte giusto assumerlo come un possibile paradigma per la rinascita del Paese. Bisogna farlo con la testa e con il cuore,anche denunciando e combattendo tutto quello che inquina tanto lo sport quanto il Paese.
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Giusto, Damiano. Ci portiamo appresso, ahinoi, una zavorra culturale: il patriottismo evoca qualcosa di destra, meno che nello sport. E non per l’inerzia della politica, ma per retaggio storico. Sarebbe interessante discutere sulla genesi e la fenomenologia di questo pregiudizio.
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Fantastico Damiano
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Veramente un bellissimo articolo. Lo sport è impegno,passione e sopratutto fiducia nelle proprie capacità. Dietro una vittoria c’è uno scenario che forse non a tutti è noto: allenamenti duri, sacrifici e fatiche.
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Lo sport è sacrificio. Ci si sacrifica per un sogno, che può arrivare o non arrivare. Troppe volte ci dimentichiamo, come dice Valentino, uno scenario che per farlo capire ai non addetti ai lavori è tanto semplice quanto complesso.
E sicuramente abbiamo sempre legato e delegato l’unità del paese alla politica, quando poi fondamentalmente ci sono situazioni ed eventi, quali le Olimpiadi, che possono dare una visione nuova della nostra bella Italia, come se la rassegna a 5 cerchi potesse essere un nuovo punto di inizio. Gli atleti, secondo me, DEVONO essere figure speciali su cui puntare per il futuro.
Concludo dicendo che é bellissimo vedere come un argomento quale lo sport possa far scaturire preziosi commenti e riflessioni.
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Non posso che accodarmi e dirti bravo. In pochi riconoscono lo sforzo e la passione, la volontà e dedizione, non solo nello sport, beninteso. Un bel libro un quadro suggestivo un film commuovente nascondono anch’essi ore e ore di fallimenti, tentativi, prove, studi ecc ecc.. Tutto ciò per sentirsi poi dire al pubblico: “Embé?! Volenno lo sapevo ffá pur’io!”
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Condivido quello che hai detto; tu sai che anche io ho un trascorso da nuotatrice e senza arrivare a certi eccessi, so cosa significa il duro allenamento e come quel sacrificio ti tempra il carattere; ma ancora di più ti fa sentire parte di una comunità che è al di la delle barriere e da cui, come dici tu si puó ripartire per cambiare
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