Il fascino indiscreto della cattiva politica
di PIERO ALESSI ♦
Ho già scritto su questo blog di E. Berlinguer. L’ho fatto nei dintorni dell’anniversario della sua scomparsa. Ho sentito di farlo perché ho ricevuto più volte la sensazione che della sua figura e del suo pensiero si facesse un uso distorto e strumentale. Per quanto mi riguarda, lontano da me ogni tentazione di mitizzazione, rimane un esempio ed un riferimento ideale e politico. Nella dura, e non sempre edificante, attualità mi torna alla mente in maniera prepotente il suo punto di vista . Diceva del PCI che era il solo partito dalle “mani pulite”. Forse la sua visione su questo aspetto era eccessivamente indulgente rispetto a comportamenti che non sempre erano del tutto trasparenti. Si può però senz’altro dire che tali fenomeni degenerativi erano in quel partito largamente marginali e comunque non tollerati. Ad onor del vero in quella prima Repubblica, spesso a torto maltrattata, erano anche altre le voci che si sollevavano, da altri partiti, per richiamare la politica a principi di rigore ed onestà. Penso a La Malfa, Pertini, Moro, Nenni e certo si potrebbe continuare. Ma, con spirito di parte e amore non consumato, voglio tornare al mio Berlinguer. In piena crisi economica , alla vigilia di una ripresa pagata con uno spaventoso aumento del debito pubblico, Berlinguer predicava, è proprio il caso di dirlo, la necessità di assumere uno stile di vita austero. Come è noto si affermeranno altri stili di vita. Al Paese si mostreranno calici di champagne e la prospettiva di un benessere diffuso. In quelle condizioni, come spesso è accaduto al nostro popolo, non si prestò ascolto a chi parlava di sacrifici e di impegno; meglio seguire i suonatori di pifferi e avere l’illusione di partecipare alla festa. La festa ci fu, ma ad essa parteciparono in pochi. Non voglio però parlare di altri tempi. La digressione voleva solo aiutarmi ad aprire una finestra sui nostri giorni e particolarmente sulla nostra sfortunata città dove, a seguire i movimenti elettorali ma anche solo le correnti di simpatia, che in prevalenza si sono affermate negli anni segnati dal “berlusconismo”, emergono alcuni tratti caratteristici. In primo luogo un crollo delle idealità e di un sistema di valori. L’etica e il senso civico messi ai margini e trattati come impedimento all’esplodere di quelle iniziative che avrebbero condotto verso la prosperità. Più e più volte si è svolta una narrazione che somigliava alla descrizione che veniva fatta a Calandrino del regno di Bengodi. Si sono promessi migliaia di posti di lavoro, ricchezza e benessere da guadagnarsi senza sforzo. Le promesse, ovviamente non mantenute, hanno favorito altri suonatori di piffero. E, ancora una volta, tanti figli del popolo a cantare , ballare e battere le mani. Salvo pentirsi di fronte all’oggettivo e rapido mostrarsi di una totale assenza di visione, di progetto e purtroppo anche di competenze. L’uomo preferito da settori significativi della nostra città è decisamente forte. Si presenta aggressivo, decisionista, urla le sue verità assolute, mostra distinzione ed esibisce con volgarità il proprio status, persino nei dettagli del proprio abbigliamento. Tutto in lui deve trasmettere forza e intraprendenza. Ma. soprattutto deve essere chiaro che lui è spregiudicato. A lui ci si può rivolgere per vedere soddisfatte le proprie esigenze. Di uomini politici onesti ed austeri molti concittadini non hanno saputo che farsene. La metafora è abusata, me ne scuso, ma tra Gesù e Barabba è sempre il secondo a scamparla. Se poi il leader è anche ignorante e privo di ogni cultura, ad iniziare da quella di governo, tanto meglio. Fatte queste scelte sapienti ed operata questa selezione perché sorprendersi degli scandali? Perché tanta meraviglia per le condizioni nelle quali versa la nostra Civitavecchia? La classe politica di cui è di moda lamentarsi è quella selezionata da una “maggioranza silenziosa” e disattenta; priva di amore per la sua stessa città; del tutto protesa verso interessi individuali e insensibile alle sofferenze collettive. Uomini politici spesso venuti dall’esterno, meglio dire piovuti o imposti dall’esterno, hanno goduto per ragioni imperscrutabili e incomprensibili di un favore assoluto e maggioritario nella nostra città, quando era del tutto chiaro ad osservatori, nemmeno troppo attenti, che a Civitavecchia stavano scorrendo fiumi di miele ed era quello ad attrarre. E’ persino sconcertante che, mentre liquidi zuccherini ed appiccicosi arricchivano le mense di pochi eletti, chi avrebbe dovuto per istituto esercitare controlli non lo abbia fatto. La disattenzione, lo straniamento, la subordinazione e l’opportunismo di tanti ha prodotto mostri. A ciò ha corrisposto una reazione scomposta e confusa che ha creato, sull’onda dell’antipolitica e del populismo, mostri persino peggiori. Questi ultimi sono come tanti piccoli Torquemada, seduti sui loro scranni inquisitori; bruciano sul rogo storia e memoria e, chiusi dentro il loro settarismo, tagliano teste alla cieca e brancolano nella loro arrogante incompetenza. Mi conforta che giunge sempre, o quasi, il momento nel quale, per una serie di circostanze, il popolo si risveglia e prende a calci i suonatori di pifferi. Questo avviene, in genere, quando impara a diffidare della retorica, tanto più se urlata; della magniloquenza; delle auto di grossa cilindrata; degli abitini firmati e risaltati magari da gemellini d’oro alle camicie; delle facili promesse e della più crassa ignoranza. Quindi, terminando, se si ristabilissero parametri di valutazione della classe politica affatto diversi da quelli adottati; se tornasse ad avere peso il rigore morale, la statura etica, la sobrietà di comportamento, il prevalere dell’interesse collettivo su quello individuale e se le parole di E. Berlinguer potessero tornare a risuonare uscendo dagli stereotipi facebookiani, divenendo di nuovo pratica politica, si accrescerebbe in me la speranza di poter vedere la rinascita economica, politica e culturale di Civitavecchia.
PIERO ALESSI
Sante parole ma diciamo anche che arroganza macanza di sobrietá e di cultura,ignoranza dell’anima risalgono a più di 25 anni fa e ormai sono diventati uno status difficile da superare.Certo lo speriamo in tanti ma bisognerebbe capire da dove e come iniziare
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Una riflessione animata da tensione morale, e perciò niente affatto moralistica. Aggiungo che l’austerità predicata da Berlinguer aveva un significato quanto mai politico. La sua denuncia discendeva da una visione originale delle relazioni internazionali e a scala nazionale annunciava la rivolta civica che sarebbe stata innescata da tangentopoli. Fra questione internazionale e questione nazionale Berlinguer istituiva un nesso forte. Si apriva il decennio che avrebbe posto fine al secolo breve, con il crollo del Muro e la fine della Guerra fredda. C’era da immaginare un nuovo ordine mondiale. Berlinguer metteva sul tavolo lo strappo con il comunismo sovietico, e con esso la perdita di quei benefici politico-diplomatici (e anche economici) di cui il Pci aveva beneficiato negli anni della competizione elettorale postbellica con i blocchi a guida Dc. Si poteva così togliere ogni possibile alibi alla corruzione, al ricorso ai poteri occulti, al tentativo di comprimere lo sviluppo democratico della stessa sinistra nel recinto dell’ordine bipolare postbellico. Era il compromesso storico la risposta strategica per questo passaggio d’epoca? A mia parere no, ma la questione posta da Berlinguer era non solo legittima, ma tutt’altro che “moralistica”. Il sistema politico italiano non fu all’altezza di quella sfida intellettuale. Sull’onda degli scandali e dell”attacco mafioso allo Stato dei primi anni Novanta si vagheggiò una palingenetica Seconda Repubblica. La riformicchia elettorale che avrebbe dovuto favorirla non elevò la qualità della democrazia bensì mise in circolo tossine plebiscitarie e impulsi alla personalizzazione del consenso. ll complessivo declino della politica, la stessa decadenza del metodi governo hanno radici anche in quella transizione fallita, oltre che in una storia lontana. Poi arrivarono il partito azienda, la filosofia del “ghe pensi mi” e il grottesco cesarismo berlusconiano. La democrazia di Arcore trasformava i “cittadini” in tifosi plaudenti. La versione telematica del nuovo cesarismo li avrebbe ridotti a utenti streaming, amministrati via web da una gerarchia di potere priva di ogni trasparenza. E il Paese attende ancora, da troppo tempo, di realizzare la rivoluzione civile di cui ha bisogno.
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….al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie …
(Smisurata preghiera di Fabrizio de André)
Ho messo questa poesia in esergo al saggio che sto scrivendo e che per ora si intitola, appunto: La maggioranza sta….
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Condivido in pieno il tuo articolo ed il messaggio posto nella conclusione. Anche io , come Nicola, mi pongo il problema della strategia del compromesso storico. Anni portentosi quelli di fine ’60 e primi ’70. Proprio nel 1973 Berlinguer su Rinascita lancia la proposta del ” compromesso storico “. Per la mia esperienza politica precedente io non ero d’ accordo. Come sul tema delle relazioni internazionali. Avola, Battipaglia,Ho Chi Minh, l’ “autunno caldo”e il 12 dicembre l’ inizio della strategia della tensione con le bombe a Milano e a Roma. Poi, il 27 novembre del 1969 il Comitato Centrale del PCI delibera la radiazione dei fondatori della rivista” Il Manifesto “, al cui movimento appartenevo. Forse erano i miei venti anni che mi fecero avvicinare al sindacato e ai gravi problemi del paese, alla democrazia operaia, ai delegati ed ai Consigli di fabbrica della FIOM piuttosto che al Partito Comunista. Ma si diventa grandi e più maturi.. allora si Berlinguer! Furono le elezioni amministrative del 1975: strepitosa avanzata delle Sinistre! Ora nulla come allora.
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