VIA BONAROTTI E IL PARADISO PERDUTO

di ETTORE FALZETTI ♦

È universalmente noto col solo nome di  Michelangelo, gli è –come tale- intitolato a Firenze un piazzale da cui si ammira uno dei più conosciuti e apprezzati panorami del mondo; anche a Civitavecchia la fortezza che domina lo storico bacino portuale gli è dedicata (con aggiunta, nell’uso parlato, di una c, Micchelangelo) anche se –pare- non ci abbia messo per niente mano.

Eppure la lunga arteria rettilinea che connette il corso centrale alla statale Aurelia non è via Michelangelo, ma via Buonarroti; o meglio dovrebbe essere, perché per metà della cittadinanza è via Bonarotti (con relativa domanda –forse- su chi sia costui; d’altra parte chi è Bengeggatti? quale mai divinità pagana è Pollo d’oro?).

Ora via Bonarotti, nel mezzo della quale venni alla luce in un mattino di primavera di diversi lustri or sono, è a ogni indigeno ben nota per molteplici motivi: per le due cliniche che ospita in una delle quali i civitavecchiesi avevano spesso il vezzo di nascere, per l’oratorio salesiano dove -essendo consentito giocare a pallone solo dopo aver assistito alla messa delle nove- si formavano calciatori (pochi) e agnostici (molti), per un imponente edificio destinato alla prima educazione all’interno e alla grafomania notturna all’esterno, per gli irresistibili effluvi  che da decenni promanano dalla pizzeria di Natale all’incrocio con via Annovazzi, ma anche e soprattutto perché fino a una trentina di anni fa aveva qui sede l’Eden, non il Gan Eden biblico, ma- figlio di un dio minore-  il paradiso terrestre dell’infanzia.

Si stendeva, detto Eden, su pochi metri quadri, immediatamente oltrepassato il viadotto ferroviario che da via Cencelle introduceva appunto in via Bonarotti, passaggio arduo e minaccioso vigilato ai lati da due neri teschi che promettevano morte a chi avesse toccato elusivi fili diabolicamente occultati, tanto che i prudenti pargoli camminavano sul bordo del marciapiede a debita distanza dai teschi e, presumibilmente, dai mortiferi fili chissà dove in agguato.

Ma ecco, oltrepassati Scilla e Cariddi, compiuto il percorso iniziatico, proprio all’inizio di via Bonarotti, appariva il giardino delle delizie: volgendoti a destra l’arcangelo Gabriele con le sue creme, la panna, i maritozzi, le zuccherose bombe; a sinistra, in un cantuccio a misura di gnomo, le serafiche sorelle Pugliesi coi soldatini, i trenini, l’azzardo della pesca reale. L’uno dinanzi alle altre, così talmente ammalianti ambedue che non sapevi se dirigerti di qua o di là, rischiando la sorte amara dell’asino di Buridano.

Ora, l’arcangelo Gabriele si è secolarizzato da tempo in Chalet del Pincio e dispensa ben più delle creme di un tempo seppure in atmosfera meno fiabesca, le sorelle Pugliesi sono invece disciolte nel mito, evocabili solo nella memoria. E le evoco appunto in un video attraverso le parole del cantore della Vecchia Città, Giuseppe Croce

http://www.tubechop.com/watch/8166487

 

Per chi non riuscisse ad aprire il video ecco il testo:

PUGLIESI

Pennini, sigarette ar cioccolato,

er fojo protocollo quadrettato,

quattro sorprese, dieci figurine,

stelle filanti, maschere, palline…

 

“So’ diventato granne…; c’è ‘n compasso,

magari c’è da poco?…no?…ripasso”

Me piacerebbe assai quell’areoplano,

e l’albo da diseggno de Fabbriano,

 

i sordàti de piombo, ‘na trombetta,

la penna stillografica a pompetta

pe’ quanno passerò a le superiori…

eppoi le rigolizzie, e li colori

 

co’ quell’astuccio blù, nòvo de zecca,

e tante caramelle, e lecca lecca,

bije de vetro, tombole, sciangài…

entra,te danno quello che vorài…

 

…ciavéte i giorni che nun so’ più nostri,

l’epoca bella de pennini e inchiostri,

der fiocco bianco sur sinale nero?

…infonno so’ l’istesso de com’ero,

 

e istessa  è la vetrina, co’ ste cose

che so’ arimaste identiche, curiose…

cambia la faccia ch’ariflette er vetro,

e ‘sta valiggia che me porto dietro

 

pesa più assai de la cartella piena…

…e c’è ‘na ruga de scorata pena

traverso ar vetro, e pare veramente

‘na riga nera su cartassorbente.

ETTORE FALZETTI