Belfiore

di SILVIO SERANGELI ♦

Che mi resta in questo Spazio Libero, in gran parte occupato dall’apoteosi del ricordo azzurro del mondiale di Berlino? Quello dell’astuta provocazione dello scarso Materazzi, sempre sopravvalutato dalle cronache gazzettiere in rosa e ora proposto dalla stessa perfino come opinionista. Che resta dell’eroico Grosso, rigorista decisivo e altrettanto decisiva meteora nel campionato che seguì? Resta questo gran sentimento di gioventù spensierata dell’alunno Damiano, sempre bravo nei temi. A me resta poco da inventare, anche perché lo schermo del Mac, nonostante l’aria condizionata, non perdona; diventa una griglia incandescente che ti obbliga a scrivere in fretta. Che mi resta? Di quel mondiale ho solo un singolare riferimento, tutto personale e tutto positivo. In quell’occasione il mitico Francesco Totti fu rimesso in campo anche per l’uso delle stesse punture che la mia professoressa mi ha prescritto per sistemarmi la schiena. Confesso che nel mio gruppo non avevamo una grande simpatia per la cricca di calciopoli e della farmacia bianconera. C’era piaciuta l’Italia di Bearzot, di Vicini, di Zoff e di Donandoni, perché erano uomini semplici, al di fuori della cricca. Non c’è mai piaciuta la spocchia di Marcello, meno che meno il sagrestano Prandelli e il miracoloso Conte, vincitore dell’europeo virtuale, fabbricato dai giornali per qualche copia in più. Squadra e gioco modesti contro squadre sgangherate o in pensione, come l’inarrivabile Spagna. E allora mi prendo un po’ di spazio, lontano dalla giusta enfasi mondiale berlinese e dalla decisiva capocciata di Zizou, e torno alla bella e d’incanto. Non temete. Niente acqua e rubinetti a secco anche in questo torrido fine settimana. E vado alle chiacchiere da spiaggia, sotto l’ombrellone, con due brevi quadretti che parlano del tempo che volge e scorre, più o meno velocemente, di incontri casuali che ti fanno riflettere. Così mi è capitato fianco a fianco d’ombrellone e relativo lettino di mettere su una simpatica chiacchierata con due persone, una volta si diceva, di una certa età. L’argomento i tempi che sono cambiati. Direi il costume, lo stesso modo di vita, l’insieme dei rapporti. Tutto è iniziato quando la signora mi ha mostrato la foto del padre con un gruppo di lavoratori all’interno del Molino Assisi, quando ancora era in piena attività, prima della stagione dei licenziamenti e delle occupazioni. “Un altro mondo” sospirava la signora con un filo di rimpianto; “prima si viveva co’ niente, mio padre veniva giù da una specie di scivolo tutto bianco, perfino in faccia, e io gli portavo il pranzo. Eravamo tutti fratelli. Stavamo bene insieme.” La signora mi parla dei comizi in piazza, delle Feste dell’Unità, poi passa al presente. “È’ cambiato proprio tutto. Quando vado al mercato, mi sembra di essere una furestiera co’ tutti sti cinesi e quelli che stanno dietro ai banchi che c’hanno na faccia da portone. No come prima, che era tutta un’allegria”. Va bene. E’ così. Tutta un’altra storia che, magari, comprende anche un particolare emblematico: mentre parla con me la simpatica signora trastulla il nipotino cicciottelo in una piscinetta con elefantino, comprata, come mi confessa, “a du sordi”, proprio dai cinesi, al mercato. Cambio giorno e cambio registro. Stessa spiaggia. Nessun colloquio, soltanto la registrazione di alcune battute, significative, di due coppie di giovani, saranno stati sui trentacinque quarant’anni. Il tempo corre veloce. Altri temi, altri discorsi. Si discute della bontà e dell’efficacia di una nuova bevanda che il giovanotto, puntualmente palestrato e tatuato, si fa venire da Roma: è un mix portentoso di aloe cannella e lime. Tutti assaggiano, le due ragazze storcono un po’ la bocca. “Costa un botto”, sottolinea con soddisfazione il primo giovane, mentre l’altro si spalma e fa provare un crema solare che ha ordinato su internet e viene dalla Germania. Parlano di vacanze in un residence in Sardegna, perché in crociera ci sono già stati tutti e quattro. Il prestito che hanno ottenuto “se po’ fà”. Poi si passa alla jeep da paura: anche questa “se po’ fà” con tante, ma tante rate, “ma conviene”. Mentre torno dal bagno di mare il discorso è finito… a tavola, “ar magnà da paura”: un lungo elenco di prelibatezze con l’immancabile lardo di Colonnata (ma quanto ne producono?), gli gnocchetti al tartufo nero (ma non sarà quello cinese?), e così fino alla grappa di dieci anni. Brani di discorso ascoltati per caso. Magari mi sono perso il settore moda e il capitolo telefonini, la play station. Le banche? Il referendum? La crisi? La Brexit. Manco li cani…, si diceva una volta. Chissene. Bravi ragazzi, spensierati. Comincia a piacermi tutto quello che è da paura, anche l’aloe e la cannella. Il resto… due palle…, da cancellare, per la salute. E mi sta bene che al posto della pasticceria del mitico Belfiore, lungo la Baccelli, ci si siano annidati i fruttaroli egiziani, carinelli, sempre tanto gentili. Sono i tempi che spazzano la memoria.

SILVIO SERANGELI