DEGLI UOMINI, DELLE BANDIERE E DELL’ORGOGLIO NAZIONALE
di LUCIANO DAMIANI ♦
Si è celebrata, il primo di luglio, la festa del 7° Reggimento Difesa NBC “Cremona” di stanza nella nostra città, nella caserma “Piave”. In realtà il 1° di luglio si ricorda la nascita del “Servizio Chimico Militare”. Tutto discende dall’affacciarsi delle armi chimiche utilizzate dagli austriaci nella Grande Guerra. I nostri furono trovati impreparati dal rilascio di fosgene misto ad altre sostanze, con il risultato di contare innumerevoli vittime e invalidi.
Da quei primi attacchi chimici nacque la necessità di dotarsi di un servizio capace di renderci all’altezza di queste nuove tecniche. Questa la doverosa prefazione volendo dire qualche cosa riguardo il reparto ed il significato di questa celebrazione.
Sono più di 30 anni che varco l’ingresso della caserma, pur non portando le stellette, me ne sento oramai assolutamente parte. A dire il vero i reparti ivi ospitati hanno subito varie trasformazioni che non sto qui a ricordare, si è partiti dalla artiglieria trainata da cavalli all’attuale altissima specializzazione. Per darne il senso basterebbe dire che questo è l’unico reparto di questo tipo dell’Esercito Italiano e che, senza soluzione di continuità, vengono in visita delegazioni di innumerevoli paesi per acquisire informazioni e condividere esperienze.
Come spesso è avvenuto, per molti reparti, la funzione dell’esercito in tempo di pace si è espressa in numerosi interventi, specie nelle pubbliche calamità, alluvioni, terremoti ecc. Continuamente, gli uomini e le donne con le stellette vengono impiegati in operazioni di sicurezza pubblica, ultimamente hanno vigilato sull’EXPO di Milano, passando al setaccio merci e mezzi, e nei pressi di luoghi “sensibili” nell’ambito di “Strade Sicure”. L’attività addestrativa mantiene alto il livello di prontezza e preparazione del personale, in questo senso è importante la collaborazione con le autorità civili, vedi ad esempio le esercitazioni fatte più volte all’interno del nostro porto in collaborazione con Costa Crociere, Croce Rossa e tutte le organizzazioni civili e militari coinvolte da un ipotetico attacco virale diffuso a bordo di una nave da crociera.
Ma ciò che più da il senso del lavoro di questi uomini, in questi anni di guerre diffuse, è il loro intervento nei teatri interessati dai conflitti, sia durante che dopo. Il loro compito è identificare e segnalare tutti quegli agenti e quelle sostanze, spesso letali, che possono essere state rilasciate nel territorio o che possono contaminare ambienti, attrezzature, veicoli ecc., e quindi, ove possibile, bonificare, tutto nell’ottica della protezione di civili e militari. Combattere contro un nemico tanto invisibile e subdolo, quanto pericoloso, come possono essere le radiazioni, virus e batteri e sostanze chimiche disperse nel terreno, a volte in territori “fuori controllo”, rende l’impiego particolarmente complesso e difficoltoso. Fare rilevamenti in un campo nel quale non si sa cosa ci sia, o in cunicoli sotterranei come in magazzini abbandonati ecc.. rinchiusi in tute certamente moderne ed efficaci, ma inevitabilmente assai poco comode, con il pensiero che da queste dipende la tua vita, non è certo come fare una esercitazione. Kossovo, Afghanistan, Libano ed altri teatri come il suolo africano non sono certo i sicuri poligoni del nostro bel paese. La loro missione è quella di proteggere, si i reparti dell’Esercito, ma anche e più spesso la popolazione civile, vittima indifesa della scelleratezza umana.
E questi figli, al di la di ogni facile retorica dei caduti, perché questi sono giovani e vivi, questi figli, padri e madri, che hanno scelto questo rischioso lavoro, portano a compimento le missioni assegnate lontano da casa. Lo fanno con la speranza di non doverne pagare lo scotto, magari a qualche anno di distanza, poiché il loro nemico è, come detto, subdolo, invisibile e a volte indefinibile. L’esposizione a radiazioni ha effetti nel tempo ed anche le sostanze chimiche e biologiche possono avere effetti non sempre prevedibili, immediati e conosciuti. La tecnologia è assai avanzata, si conosce tutto o quasi delle armi NBC possibili, ed essi affrontano i compiti con il massimo della prudenza e della protezione, ma c’è sempre quella quota di “non conoscenza”, di imprevedibilità, non è poi impossibile farsi trovare impreparati, ma la domanda è: te ne accorgi in tempo? O vieni colpito senza accorgertene?.
Ecco allora che quando li ho visti, forse 750 uomini e donne, tutti schierati in piazza d’arme, fieri delle campagne cui hanno partecipato, sul Presentat Arm, cantare con convinzione l’Inno d’Italia mentre la “Bandiera” passava innanzi a tutti ho sentito una sorta di commozione, un moto di ammirazione ed un profondo senso di gratitudine. Forse perché, anche se spesso mi dico d’essere “cittadino del mondo”, quando vedo la Bandiera del Reggimento entrare fiera nel piazzale e gli uomini cantare l’inno, beh, mi sento italiano. Grazie agli uomini ed alle donne del 7° Reggimento Difesa NBC Cremona.
E quindi, nel 2016 , nell’era digitale che tutto accorcia e tutto condivide, in un mondo nel quale sempre più spesso si va a lavorare in altri paesi e sempre più spesso l’identità dei popoli si confonde, in quest’epoca c’è ancora chi, al cospetto di una bandiera, gonfia il petto ed alza lo sguardo fisso verso un futuro fatto di servizio alla propria nazione, ovunque e comunque.
Ho visto, due giorni dopo, i giocatori milionari piangere di fronte alle telecamere e mi son chiesto se non ci fosse qualcosa di sbagliato in tutti noi che osanniamo i professionisti del pallone e non sappiamo neppure che vicino a noi ci sono persone che a volte rischiano la vita per il proprio paese, mandati dal proprio paese, e anche quando li riconosciamo, perché magari indossano la divisa dei carabinieri o dei poliziotti, a volte prevale il senso di fastidio.
Possibile mai che si debba ritrovare l’orgoglio nazionale nelle partite di calcio?
La città si scopre italiana quando ci sono i campionati della nazionale, e le bandiere sventolano, come del resto, forse, in tutto il paese, ma non sono le stesse bandiere, non sono le bandiere che rappresentano il sacrificio e lo spirito di servizio. Le bandiere del calcio legate alle ringhiere dei balconi vengono riposte fino al prossimo campionato del mondo, quelle degli uomini in divisa sventolano ogni giorno dell’anno a casa come nel mondo, uomini e donne che, senza chiedersi il perché, obbediscono agli ordini del proprio paese.
PS: Ho avuto grande difficoltà nel decidere quale fotografia postare per identificare questo articolo. In un primo tempo avevo pensato ad una che m’è rimasta nel cuore, una foto che rappresenta la deposizione della corona ai caduti, ma poi ho pensato che sarebbe apparsa oltremodo retorica, e certo, questo articolo non vuol essere espressione retorica, spesso stantia, degli uomini in arme. Ho scelto allora la foto di una mamma in un momento operativo, si, anche le mamme fanno parte di questo popolo di servitori. Noi non lo sappiamo, le incontriamo per strada, vestite ed acconciate come tante giovani donne ma giornalmente svestono magliette e calzoncini per indossare tute e scarponi. Ecco che questa scelta rappresenta meglio ciò che ho inteso dire con questo articolo.
Penso che l’Esercito Italiano dovrebbe farsi conoscere di più e meglio, nello specifico credo che siano davvero pochi i civitavecchiesi che sanno di queste quasi mille persone che fanno base nella Caserma Piave. Di sicuro non conoscono la mission di questo reparto e le sue importanti capacità e professionalità.
di LUCIANO DAMIANI
Veramente un articolo scritto con il cuore. Il tricolore è il simbolo di quanto più caro abbiamo nel cuore e nell’ anima. L’ Italia deve essere orgogliosa dei suoi militari. Io alla Caserma Piave ci sono affezionato in quanto ho fatto il militare di leva ed il comandante della Caserma era il Gen. Porro padre del nostro amico Nicola. Bei ricordi
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Bello e vero questo articolo in un periodo dove la mediocrità ci affonda, in questo periodo di mediocri al comando che però …..abbiamo creato noi.
Gli italiani si uniscono solo davanti ad una partita di calcio? Embe’ oggi come oggi come altro potrebbero riunirsi?
In una società che piano piano ha sgretolato tutti i valori che avevamo, in una società che giorno dopo giorno continua a metterci gli uni contro gli altri nella sanità , nella politica, nei valori fondamentali quali l’amicizia, la solidarietà e l’uguaglianza.
Resta soltanto la nazionale, una nazionale alla quale era stata fatta fare la stessa fine nostra grazie alle lotte interne e politicizzate della federazione e che invece ha trovato un grande comunicatore in un allenatore schietto e sanguigno che ha saputo motivare i suoi ragazzi e un’intera popolazione chiedendoci di indossare una maglia azzurra e di scendere in campo contro l’avversario per batterlo nel rispetto delle regole del gioco. In un’Italia dove oggi conta soltanto abbattere l’avversario; essere falsamente credibili; promettere senza mai realizzare abbiamo visto i nostri giocatori cantare l’inno nazionale emozionandosi. Si il nostro inno, bello, brutto, scritto o non scritto da Mameli e che in tanti vorrebbero cambiare per abbattere un altro pezzo della nostra identità senza capire che certi valori vanno oltre le vere verità. Quindi si faccia tesoro di questa nazionale ed invece di sbeffeggiare chi sbaglia un rigore si parli di come questo gruppo di quasi tutti gregari sia riuscito a rimboccarsi le maniche e credere nel proprio obiettivo; di come siano riusciti ad uscire dalla mediocrità in cui erano stati catalogati ….specchio di una nazione che così non vuole essere.
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Piero, io mi ribello, vedo anche io le partite della nazionale, ma non la associo certo al paese, di cui è una delle tante espressioni decisamente assai sopravvalutata. So bene che gli italiani si rivedono tali quando ci sono le partite o quando c’è qualche motivo per fare “tifo”. Ma non lo accetto, ci sono tanti italiani che rappresentano l’Italia in mille campi, spesso ignorati dai media, e non parlo solo degli uomini e donne in stellette che fanno il loro con estrema dignità, cosa che per lavoro ben conosco, ma ci sono anche tantissimi italiani che ci rappresentano ad esempio, nel mondo del lavoro e della ricerca, ma non solo. Allora lo voglio dire, per questo ho scritto questo articolo, forte e chiaro!
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Nicola fra l’ altro mi sono fatto anche cinque giorni di cella di rigore, dormire sul tavolaccio di legno non è stato piacevole.
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Grazie Luciano e grazie Valentino per aver ricordato mio padre. La sua biografia si intreccia con quella, collettiva, della Divisione Cremona. La prima unità militare dell’Esercito italiano a schierarsi nella campagna di Liberazione contro tedeschi e repubblichini e a confluire nell’VIII armata guidata dal generale Alexander.
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Tutto cambia, ed è indubbio, ma è anche vero che il cambiamento non cancella del tutto ciò che è stato, basta ci sia la maturità per ricordarsene, per tenerne da conto, un po’ come per le persone, quando si fanno grandi, riaffiora in loro qualcosa dell’infanzia, qualcosa di importante. Forse il ricordo e la comprensione del passato sono segno di maturità. Forse è meglio ricordare che cancellare. Di questi tempi, frenetici e tanto veloci da non riuscire a fermarli per un semplice riflessione, è difficile ricordare, ma è spesso e volentieri difficile conoscere e capire il presente, non se ne ha il tempo, come il turista che avendo solo un giorno di tempo per visitare la città, in realtà vede quelle pochissime cose che appaiono al primo sguardo e ignora, gioco forza il resto. Ecco, e torno all’articolo, pur non essendo turisti in viaggio, in molti non conosciamo, non riconosciamo ciò che è in città, ciò di cui andare orgogliosi, e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno. E si che tanta economia viene proprio dall’esercito, e bene lo sappiamo, non sarebbe forse questo un buon motivo per accrescere e valorizzare la conoscenza fra la città ed il reparto? Torna la domanda, quanti sanno cosa fanno gli uomini e le donne del 7° Cremona?
Per tornare al “ricordo” del passato, nell’ufficio del Comandante c’è incorniciata, una antica Bandiera, consumata e strappata dalla guerra, Mi piacerebbe postarla qui, ma pare non sia possibile, spero si possa fare in futuro.
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