La democrazia e il nuovo disordine globale 

di NICOLA R. PORRO

Stiamo vivendo un nuovo e inedito disordine globale? È questa la minaccia paventata da uno dei maggiori studiosi internazionali di politologia. Si chiama Michael McFaul, è stato ambasciatore americano in sedi prestigiose ed è analista politico per la NBC, il più importante broadcast network degli Usa. Il nostro uomo ce l’ha con i politici di mezzo mondo e con i suoi colleghi politologi, che accusa di non comprendere, o quanto meno di sottovalutare, la portata epocale della sfida lanciata negli ultimi anni da Russia e Cina alle democrazie. In altre parole, vivremmo in una sorta di finzione illudendoci che la pace di cui godiamo sia un dono elargito per l’eternità e che il modello delle democrazie occidentali sia irreversibile. McFaul non condivide tanto ottimismo. Altro che fine della Storia e trionfo dell’Occidente: l’orizzonte gli appare nerissimo. La competizione con Russia e Cina presenta caratteri inediti e siamo ben lontani dal disporre delle strategie diversificate necessarie per sostenere la sfida. La seconda Guerra Fredda, ingaggiata dalle grandi potenze orientali – Cina e Russia -, non si giocherà soltanto sul terreno militare. Presenterà anzi colossali implicazioni economico-commerciali senza per questa essere del tutto affrancata dall’ideologia. Stiamo forse vivendo il rovesciamento del sistema generato dalla vecchia Guerra Fredda e alle prese con l’incognita rappresentata da equilibri imprevisti, nuove gerarchie di potere, leadership inedite. Lo scenario globale sarà però ancora dominato dalla lotta per l’egemonia che già oppone in Occidente i Democrats agli Autocrats. I primi potranno prevalere solo se sapranno associare alle ragioni della forza strategie diversificate, flessibili e di lungo periodo. Inquietante è però soprattutto osservare il diffuso ritorno delle autocrazie a scala globale. 

In quali figure si incarna tale ritorno? Nel linguaggio di McFaul, gli autocrati sono in primo luogo quanti legittimano, sostengono e governano regimi che in qualunque forma comprimano sfere di libertà individuale e sociale. Autocratiche sono però anche le politiche che si limitano a “governare l’esistente” sottraendo la sfera della politica a quella dell’innovazione, riproducendo logiche oligarchiche e obsoleti sistemi di potere. Nel caso dell’Europa esistono già segnali inequivocabili di una sorta di usura della democrazia. Come è già avvenuto nei Paesi del vecchio socialismo reale, il malessere potrebbe prima o poi deflagrare con esiti imprevedibili. Si tratta allora di orientare quella domanda di libertà che matura in ogni regime oppressivo e insieme di restituire potenza, fascino e attualità all’idea stessa di democrazia. Non si tratta però di un processo breve e privo di incognite.

La stessa domanda universale di libertà, infatti, si esprime in forme svariate e non riconducibili al modello della Guerra Fredda. La pace rappresenta la posta in palio, minacciata dagli interessi e dalle aspettative dei vecchi Stati Nazione. In un sistema già in buona parte globalizzato, prosegue però la proliferazione di conflitti locali non sempre facilmente governabili e spesso alimentati dietro le quinte dagli interessi dei contendenti maggiori. Occorre perciò disporre di analisi sempre aggiornate delle forze in campo, individuarne le intenzioni reali e sondare le intenzioni e le capacità delle rispettive leadership. Tali analisi, o almeno quelle accessibili all’opinione pubblica, sembrano però carenti, inadeguate rispetto alla posta in palio o monopolizzate dalle élite politiche rivali. Ciò confligge con l’idea di libertà che si definisce occidental-liberale, fondata in primo luogo sul concreto esercizio di un’informazione libera e pluralista. Nel tempo della cosiddetta postmodernità la democrazia ha quanto mai bisogno di sapere – la posta in palio, le forze in campo, i rischi e le opportunità – e insieme di saperi che ne incarnino la funzione pubblica. Senza una mappa aggiornata delle forze in campo, delle risorse (non solo militari) di cui dispongono e degli umori delle rispettive opinioni pubbliche, è impossibile governare le dinamiche di conflitto. Allo stesso tempo occorre una lettura realistica e aggiornata delle forze in campo: quella di Cina e Russia è una sfida all’ordine globale e non solo alla declinante egemonia dell’Occidente capitalista. Anche nozioni come colonialismo e imperialismo non rappresentano ormai altro che anacronistiche metafore. La sfida all’ordine globale e al declinante primato dell’Occidente non avrà niente a che vedere con le guerre del Novecento, dove la posta in palio era limitata alla conquista di territori contesi. Il campo di battaglia e la posta in palio riguardano il sistema mondo. Il crescente protagonismo del gigante cinese, la guerra imperialista scatenata dalla Russia in Ucraina e il ritorno alla guida degli Usa di un rabbioso antieuropeista come Donald Trump compongono un quadro chiaro quanto inquietante. Incapaci di operare il necessario salto di qualità dall’integrazione istituzionale all’unificazione politica (nonché militare) del continente, le potenze europee non sembrano percepire come il vecchio ordine globale sia ormai morto e sepolto. Conflitti cruenti, a vasto raggio e in scenari di massima criticità sono invece già in corso: una nuova Guerra a vasta scala si combatte già in Palestina, in Ucraina, nel Donbass e in altri angoli del mondo. Forse però non sono abbastanza “telegenici” per attirare l’attenzione di un Occidente sempre più distratto e sempre meno influente. 

NICOLA R. PORRO