RUBRICA BENI COMUNI, 106. L’INGEGNER ATTILIO MONTI, OVVERO: LA CASA (POPOLARE) PER TUTTI

a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦

Questa puntata, finita di scrivere in una giornata poco serena, non per le condizioni metereologiche, ma per i diversi avvenimenti non fausti che fin da ieri sera ci hanno, in famiglia, rattristato profondamente, con altri fatti sconcertanti appena appresi, o meglio, ascoltati “con le mie orecchie”, è stata lì lì per essere messa da parte, per il proposito di concludere queste pubblicazioni, di dubbia utilità e con forti possibilità di essere interpretate in modi lontani dalle intenzioni con cui vengono scritte.

Ma l’averla ormai scritta e l’averne parlato con Fabrizio trovandolo concorde con il mio primo proposito, mi ha persuaso a terminarne le immagini ed a spedirla per vederla su SpazioLiberoBlog, mantenendo fede ad un impegno di non so quanto tempo fa, tornatomi davanti agli occhi sotto la forma di una busta azzurrina con scritto a mano «Da parte di A.D. Monti» e contenente due fogli e qualche foto, mettendo in ordine le cataste di materiale cartaceo utilizzato da vari mesi per ultimare un altro lavoro piuttosto complicato. Questo impegno vuole rappresentare il riconoscimento molto sentito, per i meriti veramente notevoli, tributato all’ingegner Attilio Monti, benché in modo superficiale e stringato. Non ho idea di quanto ed in quanti il nome, oggi, evochi a Civitavecchia la persona di cui intendo parlare, anche perché ho notato “in rete” omonimie e sostanziale assenza di riferimenti.

Per quanto mi riguarda, considero la mia iniziativa come un atto dovuto, cui mi sentivo da tempo obbligato, sia a titolo personale, sia nel quadro delle segnalazioni – proprie della rubrica – di persone e fatti meritevoli di ricordo e, quindi, della riconoscenza pubblica per il loro contributo ai “Beni comuni” della collettività. Per prima cosa, trascrivo le notizie dei fogli nella busta.

Cenni biografici: Attilio Monti, di Francesco e Duilia Saladini, è nato a Civitavecchia l’11 agosto 1918, ha svolto la sua attività prevalentemente come Direttore Tecnico e poi Direttore Generale dell’I.A.C.P. di Civitavecchia, dal 1953 al 1983. Ha svolto, inoltre, attività di libero professionista in varie città d’Italia. Aveva lo studio professionale a Civitavecchia, in Corso Guglielmo Marconi n° 13, mentre l’abitazione era in Via Piero Gobetti, 23. Molto intensa è stata anche la sua attività politica, in qualità di consigliere comunale e di assessore, con ruoli di primo piano nel partito della Democrazia Cristiana, sempre al governo a livello nazionale, non sempre nello schieramento di maggioranza nell’amministrazione civica. Con epiloghi di forte interesse. È scomparso prematuramente nel 1987.

Titoli accademici: Laureato presso la facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli il 16 marzo 1949, ha conseguito nella stessa l’abilitazione all’esercizio della professione di Ingegnere.

Attività didattica: Dal 1949 al 1964 ha svolto l’insegnamento di Tecnologia ed Elettrotecnica presso Istituti Tecnici statali di Civitavecchia.

Incarichi professionali:

  • Direttore dei lavori per la parte edilizia della prima centrale termoelettrica di Civitavecchia dal dicembre del 1951 alla fine nel 1953.

Direttore Tecnico dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Civitavecchia dal 1953, da allora ha svolto con continuità progettazioni e direzione lavori per gli interventi

  • dell’Istituto in vari quartieri di Civitavecchia e in tutti i Piani di zona per l’edilizia economica e popolare (quartiere INA Casa, PZ Campo dell’Oro, Uliveto, Cisterna-Faro, Santo Spirito, San Gordiano, Belvedere).
  • Consulente urbanistico del Comune di Santa Marinella nel 1968, dimissionario di sua iniziativa.
  • Membro del Comitato Tecnico Amministrativo del Consorzio Regionale fra gli IACP del Lazio.
  • Membro della Commissione Edilizia del Comune di Civitavecchia dal 1964 al 1969 e dal 1969 al 1975 membro della Commissione Urbanistica. Dal 1975 al 1980, Presidente delle Commissioni Consiliari Urbanistica e Lavori Pubblici sempre del Comune di Civitavecchia.
  • Dal 1975 al 1980 nuovamente membro della Commissione Edilizia di Civitavecchia.

Attività professionali: Dal 1949 ha progettato e diretto lavori di nuove costruzioni ed ha eseguito collaudi, in Civitavecchia, a Tolfa e ad Allumiere. Tra l’altro, ha redatto il progetto e diretto la costruzione, nel 1963, della “Casa del Portuale” di Civitavecchia, in Piazza Regina Margherita, un edificio che ha caratterizzato con il suo aspetto tipico e particolare quella zona cittadina fino alla sua sostituzione. Per moltissimi anni, con il grande salone a piano terra, al tempo stesso spazio di ritrovo e di rappresentatività assembleare della Compagnia Portuale, ha costituito l’unico spazio ampio e qualificato, aperto al pubblico e disponibile per manifestazioni politiche, sindacali e culturali, nella città privata di altri “contenitori” e luoghi deputati dopo le distruzioni della guerra e la mancata ricostruzione di luoghi adatti, a parte le sale cinematografiche.

Il mio ricordo personale è costituito da innumerevoli, praticamente quotidiane, occasioni di incontro e collaborazione, sotto i vari aspetti professionali. In primo luogo la comune partecipazione alla Commissione edilizia ed alle altre comunali, in vesti diverse ma sempre istituzionali. Il mio ruolo di progettista dei piani urbanistici delle zone per l’edilizia residenziale pubblica ha comportato la necessità di accordi preliminari per definire volumetrie, tipologie e sistemi costruttivi da inserire, per far approvare tempestivamente in Consiglio comunale le nuove zone ERP nei PEEP (sigle da cui avevo preso spunto per alcune “vignette” divertenti) che ci hanno sempre consentito di disporre, in concorrenza vittoriosa con gli altri Comuni, di aree in cui localizzare i finanziamenti pubblici.

Così, fu mio il progetto per la “stecca” arcuata dell’ex piazzetta Santo Spirito, e sua la direzione lavori, che consentì di localizzare, appunto, il finanziamento per ben 103 alloggi, anche se con vari problemi attuativi per la rigidità del sistema costruttivo a tunnel, da cui derivarono varie difformità dal progetto. Purtroppo, inoltre, i grandi parcheggi pubblici e altre attrezzature di servizio a scala urbana previste (il progetto era stato molto lodato a Vittoria Calzolari Ghio) si sono perdute per il fallimento della ditta esecutrice e per altre cause, oltre alle assurde e indegne complicazioni successive protrattesi fino al 2014, su cui stendo un velo, anche perché con una coda ulteriormente peggiorativa.

Particolarmente stimolante fu poi il progetto per una destinazione a uffici comunali dei Mulini Assisi, che avevano ormai assunto il carattere di pregevole esempio di archeologia industriale (le realizzazioni attuate a Venezia ci hanno insegnato qualcosa!) con una sua presenza di alta qualità nel panorama cittadino – implosa su se stesse in pochi secondi con alcune cariche di dinamite il 21 maggio 1995 –, studiata con la giovane collega Maria Rita Monti. Poi, su preghiera del Vescovo mons. Antonio Mazza e dell’allora giovanissimo mons. Liberio Andreatta, la stessa cosa per la chiesa di San Giuseppe a Campo dell’Oro, con alcuni inconvenienti presentatisi per le misure imprecise delle grandi strutture in legno giunte da Ascoli Piceno (con la divertentissima gita fatta laggiù, tutti noi con quel segretario già brillante, e però destinato a incarichi di ben altra importanza) e altro ancora.

Mi fa piacere rievocare qui due episodi al di fuori dalle attività pubbliche reciproche. Il primo ha riguardato il tracciato della Via Aurelia nova traianea, che ho potuto definire con certezza grazie a notizie avute da lui, in via confidenziale, nel senso che il rinvenimento di un tratto basolato nello scavo di fondazione di un edificio IACP in via Matteini, importantissimo per poter “allineare” almeno tre siti certi, era ignoto alla letteratura archeologica, perché non fu segnalato alla Soprintendenza nel timore di un fermo dei lavori che avrebbe ritardato il programma per fronteggiare in tempi brevissimi il “problema casa”. Una omissione grave, non corretta ed anzi riprovevole, ma rivelata con sincerità (nota 1).

Il secondo fu la “gita” a Tuscania che noi della Commissione Edilizia, forse su suggerimento di Carlo Galli, decidemmo di fare nella cittadina che era stata colpita dal terremoto distruttivo del 6 febbraio 1971, che aveva provocato gravissimi danni al centro storico e 33 vittime, ma stava risorgendo grazie proprio alla notorietà raggiunta. Fu una giornata vivace, senza le solite formalità e i modi compassati, il clima scherzoso con un ottimo pranzo di intervallo tra la visita al paese e quella pomeridiana alle due chiese romaniche esterne, con una del tutto inattesa “crisi stendhaliana” dell’ingegner Monti davanti al prospetto di Santa Maria Maggiore e poi al suo interno, dove erano in corso scavi e ricerche che avevano scoperto alcune zone a quota inferiore. Dopo quell’escursione, le sedute della commissione furono indubbiamente più serene e pacate. Anche più attente alla qualità architettonica dei progetti.

Nota 1

Per completezza informativa dei Lettori, trascrivo interamente le pagine del mio Chome lo papa uole… (edizione 1985 ed edizione 2005):

«Un’ipotesi suggestiva, avanzata in questi anni da Carlo Galli, identifica un altro tratto dell’Aurelia nel viale che attraversa il Parco della Resistenza (viale degli Ex Internati). Nel progetto di sistemazione di quest’area a verde pubblico (1972), avevo ritenuto storicamente opportuno conservare questo elemento caratteristico, restaurandone la doppia serie di pilastri laterali, a guglia piramidale, sorreggenti le travature d’un pergolato: in tale conformazione, infatti, il viale appare già nella Carta topografica di Civitavecchia edita dal Dicastero Generale del Censo nel 1841. Peraltro, la predetta ipotesi rende maggiore e più significativo il valore storico del viale, chiarendo anche il motivo dell’inconsueta sistemazione ottocentesca, che risulta giustificata solo dalla volontà di mantenere, ed evidenziare l’importante preesistenza: un segno di interessi archeologici da parte dei proprietari del tempo, che è confermato dai numerosi reperti fittili e marmorei, evidentemente rinvenuti nella lavorazione del fondo, murati sulle pareti del casale oggi sede della Ripartizione Urbanistica comunale. Proprio questi reperti ed altri ritrovati nell’area del parco (un sarcofago a cassone, già utilizzato come fontanile, un pregevole capitello e, soprattutto, diversi basoli, benché erratici) avvalorano l’ipotesi, ulteriormente accreditata topograficamente dal fatto che, prolungando a nord l’allineamento del viale, si tocca esattamente la zona di via Don Morosini in cui è avvenuto il citato rinvenimento della strada basolata. Rispetto alle indicazioni del Bastianelli, il tracciato che risulta da questa nuova ipotesi è più rettilineo e spostato verso ovest, nel tratto centrale, d’un centinaio di metri. È anche probabile che l’innesto sul tronco dell’Aurelia vetus debba essere individuato più a sud, all’altezza del fosso di Zampa d’Agnello (formato dalla confluenza dei fossi dell’Infernaccio e dell’Oro, con una biforcazione meno accentuata.»

Nota 194: «Dettagli interessanti sul ritrovamento mi sono stati forniti dall’ing. A. Monti. Purtroppo, la scoperta – avvenuta nel corso dei lavori di costruzione di alcuni edifici dell’I.A.C.P. – non è stata seguita da alcun rilievo topografico. In La via Aurelia cit., pag. 91, il ritrovamento è segnalato, imprecisamente, in via Leopoli. Cfr. ivi le osservazioni sugli studi di M. Lopes Pegna e di P. Fustier (il tortuoso tracciato dell’Aurelia supposto dal Lopes Pegna, in Studi Etruschi, XXII, 1952-53, pag. 385, potrebbe identificarsi in un diverticolo di collegamento tra il Ponte del Diavolo e la porta settentrionale della città, divenuto nel medioevo viabilità principale, con l’abbandono del tratto esterno dell’Aurelia: esso è noto, infatti, fino a tempi recenti, come strada antica di Corneto). Sul toponimo di Prato delle Due Torrette, va ricordato che le antiche mappe (di cui tratteremo dettagliatamente a suo tempo) segnalano nella zona oggi detta Poligono del Genio (il «Poligono sperimentale Vittorio Emanuele II» fu creato dopo l’istituzione, nel 1924, della Scuola Centrale del Genio) l’esistenza di due torracce o torrette, forse identificabili con due mulini a vento, anch’essi attestati dalle fonti documentarie. Più a valle risultano esistiti i resti d’una «torretta antica» e, verso la Fiumaretta, le «vetigge [sic] d’una forma antica», interpretabili come strutture murarie lineari (massicciata stradale, macerie di condotti idrici o perimetro di edifici). Sul Ponte del Diavolo (denominazione diffusissima per tali antiche strutture, soprattutto quando, caduta in disuso la viabilità di cui facevano parte, apparivano inutili e isolati nella campagna) v. Gazzola P., Ponti romani. Contributo ad un indice sistematico con studio critico e bibliografico, Firenze 1963, pag. 25, n. 15, che, però, lo situa a S. Marinella. Un ampio carteggio sullo stato del ponte (compreso il progetto, poi attuato, di rettifica dell’alveo della Fiumaretta) è conservato all’Archivio Centrale dello Stato, Min. P. I. ecc., busta 525 cit., fasc. a. 1884, con un disegno di A. De Rossi del 1834, una relazione di F. Pascoli del 1876, un rapporto di D. Annovazzi del 1877 ed altri documenti. Altri quattro ponti, di età repubblicana (II sec. a. C.), sono tuttora visibili a S. Marinella, tra i quali quello sul fosso di Castelsecco, dedicato ad Apollo, fu restaurato da Settimio Severo e Caracalla, come attesta una stele commemorativa del 205-6, aggiornata nel 210: cfr. Gianfrotta P. A., op. cit., pagg. 48-49; v. anche ibid., pag. 94, la descrizione del miliario (XLII) conservato al Museo di Civitavecchia e attribuito alla via Aurelia nella zona di Castrum Novum, con i nomi di Costantino, Massimino Daza e Licinio (datato, quindi, al 312-3).»

FRANCESCO CORRENTI