RUBRICA MANAGEMENT PILLS – Kintsukuroi: imparare a rompere bene (e a ricostruire meglio)

di GIANLUCA GORI ♦

Negli ultimi anni ho imparato una cosa che nessuno mi aveva spiegato bene all’università, nei primi lavori o nei discorsi motivazionali da break aziendale: rompersi è normale, saperlo gestire è un’arte!

C’è una parola giapponese che mi ha aiutato molto: Kintsukuroi (o Kintsugi). È la pratica di riparare oggetti rotti usando l’oro, evidenziando le crepe invece di nasconderle. Il risultato? Una tazza rotta diventa più preziosa di prima, perché unica! Non malaccio come metafora di vita, no? Vale per le tazze di porcellana e vale anche per le persone!

E se le crepe non fossero un problema?

Nel lavoro, come nella vita, ho sbagliato. Ho detto cose che non dovevo dire, ho fatto scelte che col senno di poi erano zeppe di “senno di poi”. Ho anche imparato che provare a fingere di essere sempre “interi” è il modo migliore per restare fermi.

Come scrive Brené Brown, ricercatrice e autrice che lavora da anni sul tema della vulnerabilità:

“La vulnerabilità non è debolezza, è il centro dell’emozione e della connessione umana.”

Eppure, quante volte ci viene detto, più o meno direttamente, di “non mostrare troppo”, di “tenere duro”, come se l’elasticità emotiva fosse un difetto.

E invece tutti cadiamo, prima o poi e più volte! Progetti che non decollano, relazioni lavorative e private che scoppiano, CV pieni di “transizioni” che suonano meglio di quello che sono state… ma come scriveva Leonard Cohen:

“There is a crack in everything. That’s how the light gets in.”

La crepa non è il problema è l’inizio del racconto.

In ufficio come nella pubblico non si piange (ma magari si dovrebbe)

Ammettere di avere un momento no, dire che una riunione è andata storta, chiedere aiuto… sembrano gesti piccoli, ma sono gesti d’oro. Quelli che costruiscono fiducia, squadra, rispetto.

Non servono eroi solitari nelle aziende, nei gruppi sociali, nelle squadre sportive… Servono persone capaci di condividere anche ciò che non brilla, perché è lì che si costruisce davvero qualcosa insieme. Lo psicologo Carl Rogers lo diceva con chiarezza:

“Il curioso paradosso è che quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare.”

Una squadra che fallisce un lancio di prodotto ma si prende il tempo per capire perché è un squadra che torna in campo più forte. Un manager che ammette un errore (senza autoassolversi) costruisce fiducia, non debolezza.

C’è più leadership in un “ho sbagliato, ecco cosa ho imparato” che in mille PowerPoint, post linkedin o speech in tavole rotonde che ci presentano come infallibili.

E non parlo solo di grandi sconfitte. Anche nei piccoli incidenti quotidiani, una call andata storta, un feedback troppo brusco, un obiettivo mancato, un atteggiamento di cui ci siamo pentiti, sono occasioni per fare Kintsugi emotivo: fermarsi, capire, riparare, e metterci  sopra dell’oro.

Valorizzare le crepe, con gentilezza.

Siamo tutti pieni di crepe: relazioni finite, decisioni difficili, cicatrici che a volte si riaprono. Ma non servono cerotti invisibili. Serve la capacità di guardarci con gentilezza e, ogni tanto, anche con un po’ di ironia.

Una volta, dopo l’ennesimo “errore lavorativo”, una collega mi ha detto ridendo: “Almeno ora sei un’opera d’arte giapponese”. E aveva ragione. Hai sbagliato scelta? Ti sei fatto del male o l’hai fatto a qualcun altro? Benvenuto nella specie umana. Non si tratta di dimenticare o di minimizzare. Si tratta di integrare.

Ogni crepa porta una lezione, un segno, una possibilità:

“Il vaso rotto ricorda di essere stato intero, ma è solo da rotto che diventa unico.”

Il punto non è non rompersi. È saperlo fare bene.

Viviamo in un’epoca ossessionata dalla performance e dalla perfezione. Il Kintsukuroi ci ricorda che è nella fragilità che può nascere qualcosa di vero.

Non servono guru o ritiri in Tibet. Basta allenare uno sguardo diverso su di sé, sugli altri, sui colleghi: meno giudicante, più curioso. Saper dire: “questa è una crepa… e va bene così”, oppure: “amico/a mio/a si è rotto qualcosa mettiamoci dell’oro…”

Io continuo a rompere cose, ogni tanto. Relazioni, aspettative, convinzioni su me stesso. Ma ora provo a ripararle con attenzione, senza fretta, e, quando posso, con un po’ d’oro.

E se anche tu hai un paio di crepe qua e là: benvenuto. Sei in ottima compagnia.

GIANLUCA GORI