di GIORGIO CORATI ♦

RIPRESO.*

Ettore, Marta, Sandro e Giorgio partecipano con interesse al convegno sui prodotti da forno della tradizione civitavecchiese organizzato da un’Associazione locale.

 Mario: “Buone vero!? Buone le “frittelle di riso di san Giuseppe” della “sora” Rosa!”

Nella sala affollata echeggia un fragoroso applauso.

Mario: “Bene. Abbiamo parlato delle “fave da morto” e delle “frittelle di riso di san Giuseppe”. Ora, è il momento di un altro nostro prodotto da forno, uno delle specialità tradizionali di Civitavecchia… Parlo della “pizza coperta”, la “civitavecchiese” che rappresenta quanto di meglio offre la gastronomia locale. Dire “pizza coperta” o dire “pizza civitavecchiese” nulla cambia. Si tratta, come è notorio almeno qui in città, di… cibo da asporto…, “cibo da strada” come si dice nell’attualità… che viene prodotto la mattina quotidianamente dai fornai. La “pizza civitavecchiese” è buona anche fredda e nel periodo estivo è spesso utilizzata dai bagnanti al mare come spuntino succulento o, per così dire, “rinforzato”… si… perché è molto nutriente… Bene… passo oltre e lascio la parola alla “sora” Rosa”.

“sora” Rosa: “Grazie. Bene, cari… Mi fa piacere parlare della “pizza coperta”… Mi piace molto e poi ho ancora vivo il ricordo di mia madre quando mi insegnò a farla… Si tratta di una pizza dalla spiccata ma piacevole piccantezza… per farla, però, è importante trovare il giusto bilanciamento tra gli ingredienti che si usano.  È composta da due finissimi strati di pizza che si sovrappongono dopo averne farcito uno con alcuni ingredienti che poi vi dirò!… Basti tenere ben presente che il doppio strato deve essere abbastanza solido e deve avere un’altezza simile a quella di una pizza classica”.

Mario: “Benissimo!… Grazie Rosa!… Vi mostro una foto di “pizza coperta”… ecco!… Prima, però, di lasciare nuovamente la parola alla “sora” Rosa, vorrei soffermarmi con voi sulle ricerche condotte dallo storico civitavecchiese Enrico Ciancarini (2024).1

Poter dare un’origine o per ripercorrere la storia della “pizza coperta” civitavecchiese è un’indagine difficile, sostiene Ciancarini. Lo storico, tuttavia, propone note e informazioni ma anche sue personali ipotesi al riguardo, traendole dai fatti che riporta. Scrive che una recente pubblicazione francese, Inventaire gourmand de la Mediterranèe. Voyage au coeur d’un patrimoine gastronomique multiple (2023),2 «consacrata principalmente alla pizza napoletana, riporta altre sette ricette fra cui la pizza coperta civitavecchiese (ricetta nm. 2001)», descrivendola così… come ora io qui vi leggo… Dunque… «questa è una torta fatta con l’impasto della pizza. La pizza viene condita con acciughe e un ragù di pomodoro, poi ricoperta da una seconda crosta di pasta. Si spennella con olio prima di infornarla per 15 minuti in forno a 250°C». Bene!… Ma andiamo avanti nella lettura. «Trovare la pizza coperta nell’inventario gastronomico del Mediterraneo, mi ha prima stupito» scrive Ciancarini, «poi stimolato e infine riempito d’orgoglio. Tale presenza è un attestato imparziale ed internazionale della sua bontà e della sua capacità di rappresentare la nostra identità culturale e storica nel Mediterraneo, il nostro mare […]». Adesso, permettetemi… mi rifaccio a quanto già detto nella mia introduzione… Di fatto, grazie anche al continuo andirivieni di traffici marittimi e agli innumerevoli scambi commerciali… e lasciatemi anche dire… culturali… che hanno interessato il nostro porto e la città nel corso dei secoli, è venuta formandosi quella che definiamo tradizione locale gastronomica, così ricca e varia… Bene!… Riprendiamo, però, da quanto scrive Ciancarini. Ebbene, il nostro storico scrive che… «consultando il Breviario di Cucina Civitavecchiese dell’amico e grande appassionato di arte culinaria Carlo De Paolis alla voce “pizza coperta” troviamo codificata la sua ricetta che prevede che, sulla spianata di pasta di pane preparata in precedenza, bisogna, [scrive De Paolis], «versarvi sopra una salsa ottenuta amalgamando 700 grammi di pomodoro, 100 grammi di acciughe spinate e spezzettate e un trito di prezzemolo, aglio, peperoncino; aggiungere sale, pepe e poco olio» […]». Ciancarini, poi continua e si inoltra «[…] gettando un occhio alla voce “Storia della pizza” pubblicata su Wikipedia», scoprendo che «la prima attestazione scritta della parola “pizza” è stata rintracciata in un contratto d’affitto stipulato a Gaeta nel 997. Sempre in quella voce c’è un richiamo alla “Pizza alla marinara” che a inizio Settecento era tipica dei luoghi di mare dell’Italia meridionale dove i pescatori al loro ritorno mangiavano una pizza ancora senza pomodoro, condita con acciughe, capperi, origano, olive nere di Gaeta e olio. Insomma la marinara” […]». Certo!… La “marinara civitavecchiese” che, come è noto, è un soffritto preparato con aglio, olio di oliva o extravergine di oliva, peperoncino e quanto basta di alice salata a cui si aggiungono dei pomodori schiacciati e del prezzemolo triturato. Bene… bene… Se pensiamo che i pescatori a Civitavecchia erano per lo più campani e provenivano da Pozzuoli, Resina (oggi Ercolano) e da Gaeta, dunque Ciancarini si interroga, chiedendosi se sia «troppo azzardato suggerire che la nostra pizza coperta vanti profonde origini meridionali». In questo senso, egli immagina una donna che lui chiama “Fermina” una donna «di famiglia originaria di Gaeta» che, chissà, se, come lui scrive «per cena abbia impastato la pasta di pane preparando così una “tiella” (o pizza coperta) farcendola con quel poco che custodiva la sua credenza». Ciancarini si chiede se quella «Fermina, indaffarata in una di quelle umili case settecentesche affacciate sulle strette vie del Ghetto, dove la lingua e la tradizione napoletana la facevano da padrona» abbia magari utilizzato unicamente delle alici, aglio e peperoncino, per amalgamare la sua pasta di pane.

Bene! Diciamo che questa ipotesi delinea o quanto meno da rilievo a una pratica che, appunto ipotizzando, si tramanda e che fa assumere alla ricetta… diciamo… dignità… una propria peculiarità… ma leggiamo ancora!… Ciancarini continua scrivendo che «con il passare del tempo quella pizza coperta di gusto napoletano ha subito la naturale evoluzione propria della gastronomia, scandita dai periodici cambiamenti del gusto, diventando totalmente civitavecchiese». Ciancarini ci tiene poi a precisare, chiarendo che «tale ipotesi è solo una mia personale suggestione che può essere smentita in qualsiasi momento da qualsivoglia altra ricerca»… Bene… anzi benissimo! Interessante!… Passerei ora la parola alla “sora” Rosa che certamente vorrà parlarci della preparazione della “pizza” e dirci degli ingredienti”.

Uno scroscio di applausi echeggia in sala.

 “sora” Rosa: “Ecco, cari! Grazie Mario… Bene… come dicevo, la “civitavecchiese” è costituita da un doppio strato finissimo di pizza. Il doppio strato è farcito… ovviamente!… La farcitura è estremamente simile alla “marinara civitavecchiese” per gli ingredienti con cui viene preparata. Io uso olio di oliva, sale, aglio, passata di pomodoro, acciughe spinate e spezzettate, un trito di prezzemolo e del peperoncino. C’è una variante, per lo più legata alla produzione casalinga, che prevede l’uso di pomodorini ben schiacciati… Anche l’aggiunta di un minimo di mozzarella o di capperi o del sugo di polpo è da considerarsi una variante interessante, molto gustosa, anche se mi pare scarsamente diffusa… Vi starete domandando come la preparo, vero? Bene, cari… siete un poco curiosi, ma… certo… ecco, io preparo un impasto come per una pizza da forno… “classica”… Appena realizzato, però, suddivido l’impasto in due strati, spianandone prima uno, che userò per la farcitura, e poi l’altro, che sovrapporrò al primo. È importante tenere presente che il secondo strato, una volta spianato e reso molto sottile, va applicato con molta cura sopra al primo. Dopo aver chiuso i bordi della copertura, con una forchetta si deve bucherellare moderatamente la superficie a vista; in questo modo si evita il rigonfiamento della copertura durante la cottura. A questo punto non resta che irrorare di olio la superficie della “civitavecchiese” e infornarla a una temperatura di 180°C/200°C, lasciando cuocere per quindici minuti circa. Mi raccomando… sorvegliate sempre la cottura!”

Mario: “Grazie, Rosa… Bene… Lascio ora la parola a Antonio, ma prima vi ringrazio per aver condiviso questa serata”.

Antonio: “Prima di lasciarvi alla degustazione della “civitavecchiese”, vorrei congedarmi da voi, ringraziandovi per la vostra presenza qui oggi, e vorrei anche esprimere una mia opinione in merito alla qualità di alcuni cibi che vengono prodotti e gustati nella nostra comunità. Mi riferisco a una questione che definisco culturale… Signori, parlo dell’elevazione diffusa nell’apprezzare il buon cibo e ovviamente di un continuo accrescimento del livello del gusto personale. Anche la capacità di esprimere se stessi o meglio la propria professionalità e tradurla in un prodotto, destinato a essere comunque in concorrenza sul mercato con altri similari, non può non essere evidenziata, così come nel caso di molti prodotti gastronomici della nostra tradizione locale. La questione culturale a cui mi riferisco può essere discussa nell’ambito di tale binomio ovvero nel continuo confronto tra consumatore e produttore. All’incremento del livello qualitativo proposto corrisponde una risposta a livello di domanda, certamente legata alla qualità anche se soltanto intesa in senso stretto, e comunque a un aumento diffuso dell’aspettativa che genera… lasciatemi dire… emozione e passione… Ciò è, dunque, quanto accade… quanto accade laddove taluni prodotti della gastronomia assumono una dignità propria e un’identità distintiva, grazie agli interpreti continuamente sollecitati da attenti consumatori, oltre che essere oggetto di un costante miglioramento e direi… pure sulla bocca di tutti!”

Mario: “Grazie, Antonio. Come vedete le nostre attendenti sono già pronte in sala per proporvi un assaggio della “pizza civitavecchiese”, anche questa preparata dalla “sora” Rosa… Prima della degustazione, però, lasciatemi ringraziarla apertamente per la sua preziosa presenza. Grazie Rosa”… Signori… buona degustazione e a presto”.

 Ettore, Marta, Sandro e Giorgio, visivamente soddisfatti, dopo aver gustato la loro parte di “pizza”, lasciano il convegno mescolandosi tra gli altri partecipanti.

Giorgio: “Bene, amici miei. Direi di aver partecipato a un convegno interessante!”

Ettore: “Sicuramente. Il mio amico Mario è stato all’altezza come al solito… non avevo dubbi!… E poi che piacere per il palato i prodotti della “sora” Rosa!”

Marta: “Veramente una delizia!… Comunque spero in un’altra occasione”.

Sandro: “Mi associo. Ora, però, mi spiace di dovervi lasciare nuovamente”.

Giorgio: “Anche io devo lasciarvi…”

Ettore: “Buonanotte… ma non perdiamoci di vista! e sorride come al solito.

Marta: “Ciao!”

 GIORGIO CORATI                                                                                             FINE

 

Bibliografia
* Pubblicato il 04 giugno 2025 su https://spazioliberoblog.com/2025/06/04/pesci-pescatori-pescivendoli-e-consumatori-non-solo-pescato-al-convegno-sui-prodotti-da-forno-della-tradizione-locale-8/.
 
[1] Ciancarini, E. (2024). La pizza coperta civitavecchiese: preziosa tradizione e assoluta bontà da L’Almanacco civitavecchiese. Civitavecchia: Civonline.
Sito web: https://www.civonline.it/altro/societa/la-pizza-coperta-civitavecchiese-una-preziosa-tradizione-e-unassoluta-bonta-juylgdab.
2 Inventaire gourmand de la Mediterranèe. Voyage au coeur d’un patrimoine gastronomique multiple (Inventario gastronomico del Mediterraneo. Un viaggio nel cuore di un patrimonio gastronomico dalle mille sfaccettature, 2023) di Fabien Vallos. p 763.