“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – GIOVANI ARBITRI O … GIOVANI EROI?

di STEFANO CERVARELLI ♦

“Lo fischiano sempre, non l’applaudono mai. Nessuno corre quanto lui, tutto il tempo galoppa, sfiancandosi, intruso che ansima senza sosta tra giocatori e come ricompensa di questo sacrificio, la folla grida contro di lui, chiede a sua testa

E’ un lavoro brutto quello dell’arbitro. Ci sarà sempre una frangia pronta a scagliarli le pietre del venduto”.

In un racconto di Eduardo Galeano (scrittore e giornalista uruguayano di Montevideo 1940 – ivi 2015 nel quale parla di calcio nella realtà di oggi quelle pietre sono, aggressioni, calci ,pugni, ingiurie di ogni tipo: la vita di un arbitro, specialmente quella dei giovani arbitri sta diventando sempre più pericolosa.

Come già detto in passato e come altri casi ci rivelano, sempre più spesso questi giovani, in alcuni casi giovanissimi, direttori di gara sono sottoposti alla furia manesca dei genitori dei giocatori, giovanissimi anche loro, che interpretano a loro piacere le decisioni prese dall’arbitro; per non parlare poi dei comportamenti aggressivi, anche fisici, messi in atto addirittura da qualche dirigente.

Non sono certo qui a parlare di rigori negati, di Var, uniformità di giudizio, interpretazioni diverse, no, qui voglio solo concentrare l’attenzione di chi legge sull’escalation delle violenze nei confronti dei direttori di gara, particolarmente nei campionati minori e in quelli giovanili.

Qui dire che oramai regna lo sconcerto è riduttivo: c’è proprio para.

Troppi casi di malcostume, ingiurie offensive per arrivare  alle aggressioni fisiche, dal nord al Sud Italia, nel calcio come nel basket.

Non è certo mia intenzione riepilogare i casi di vera e propria follia avvenuti sulle tribune e sui campi di gioco (su questi mi sono già soffermato poco tempo fa, ma andando a “ scavare”,

come dissi, ne sono venuti alla luce molti altri).

Per riprendere il discorso sugli arbitri e sui mini-arbitri, importante, e clamorosa, è stata la decisione presa a dicembre dai presidenti delle sezioni arbitrali (14) del Lazio.

“Troppe violenze contro di noi – hanno detto – quindi abbiamo deciso di non fare designazioni per tutte le partite dei campionati dilettantistici e giovanili” La conclusione da trarre è semplice: senza arbitri non si può giocare (questo non dovremmo mai scordarcelo) quindi per il weekend del 7 e 8 dicembre il calcio laziale, dall’ Under 14 per arrivare al campionato l’eccedenza, si è fermato.

Mi ero ripromesso di non parlare dei casi di aggressione nei confronti di giocatori ed arbitri, ma di uno visto la particolare violenza e le conseguenze, non posso fare a meno di dire.

Siamo a Cantarana di Cona in provincia di Venezia. Un ragazzo 17enne della sezione arbitri di Padova fischia un calcio di rigore durante una partita Under 17, un baby calciatore gli si avvicina minaccioso e dopo averlo ingiuriato lo colpisce con una testata allo zigomo, il giovane arbitro cade a terra e sbatte la nuca, immediatamente soccorso viene trasportato in autoambulanza al vicino ospedale di Pieve di Sacco.

La ripugnanza di tale episodio, oltre al gesto inqualificabile del baby calciatore, consiste maggiormente nel fatto che, mentre l’arbitro era a terra, privo di una qualsiasi capacità di reazione, altri due giocatori lo colpivano ripetutamente con calci alle gambe.

Non poteva mancare una pena esemplare e così è stato: sono stati comminati 16 anni, in totale, di squalifiche.

“Questo perché è stato applicato il nuovo articolo 35 del codice di giustizia sportiva che prevede il raddoppio delle pene per tesseratati.” Lo spiega Antonio Zappi, nuovo presidente dell’associazione italiana arbitri (Aia). Fin dall’inizio del suo mandato, avvenuto il 14 dicembre 2024, Zappi si è speso per contrastare alla radice gli atti di violenza contro gli arbitri.

Dice ancora: “Abbiamo la consapevolezza che la violenza nella società non la elimineremo, però abbiamo il dovere di agire a più livelli. Da sempre, come Aia, coltiviamo la prevenzione e la formazione. È  nostra tradizione incontrare le società per promuovere un percorso di educazione civica, diffusione della legalità e del rispetto delle regole. Adesso, però, è giunto il momento  di alzare il livello delle risposte punitive e repressive”. Parole dure, ma delle quali non se ne può più fare a meno.

Il contesto è serissimo, nonostante il monitoraggio degli atti di violenza sia in leggero calo. Al 31 maggio  2024 in tutta Italia i casi contro gli arbitri sono stati 519; dall’inizio di questa stagione i casi di violenza sono stati 160. “Stiamo lavorando- aggiunge Zappi- su due livelli; uno riguarda l’ordinamento sportivo (vedi il caso avvenuto in provincia di Venezia) e l’altro riguarda l’ordinamento legislativo. A breve incontreremo il  Ministro dello Sport e il Ministro dell’Interno per verificare la possibilità di modificare l’articolo 583 quater del Codice penale, in modo tale che chi compie violenza nei confronti di un arbitro, cioè verso colui che deve diventare un vero e proprio magistrato dello sport, potrebbe essere arrestato in flagranza di reato”.

Vista la situazione è legittimo chiedersi: “Ma chi glielo fa fare a un ragazzo, a una ragazza di diventare arbitro con il rischio, oramai sempre più frequente di essere insultati o, peggio ancora, picchiati? Questo ha comportato una crisi di vocazioni  nella categoria?

Ecco la risposta di Zappi “Dopo il Covid abbiamo registrato una ripresa delle iscrizioni ai nostri corsi. Il reclutamento non è i crisi ma potrebbe migliorare. Aumentare  il numero degli arbitri sarebbe un vantaggio dal punto di vista qualitativo perché avere una base più ampia significherebbe produrre arbitri migliori. Ora, per fare un esempio, in alcune categorie riusciamo a coprire le partite ma non a designare l’arbitro più bravo”.

Alla domanda se davanti a episodi di violenza nella massima autorità arbitrale prevalga più la rabbia o la frustrazione Zappi risponde: “L’umiliazione. Si l’umiliazione, come quando sono andato di corsa al Pronto Soccorso e ho trovato la madre di un giovane arbitro che era stato aggredito.  La signora ha avuto parole di conforto per me; era lei che quasi mi consolava. Ecco mi sono sentito veramente umiliato, è stato l momento più basso del mio ruolo dirigenziale perché ero io che avrei dovuto dare le risposte a lei, risposte che non ho trovato perchè ero in preda allo sconforto per quanto accaduto. Da qui si avverte la necessità di fare qualcosa di più e meglio per tutelare questi giovani” senza i quali, aggiungo io, non ci sarebbero partite non ci sarebbe sport.

STEFANO CERVARELLI