IL MIRACOLO DEL NOSTRO VENERDI’ SANTO
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Civitavecchia, Venerdì 18 aprile 2025 ore 20,30.
Cala la sera ed il clamore di Piazza Leandra si va smorzando.
Il silenzio di una attesa.
Lentamente la chiesa s’apre lasciando fuoriuscire bianchi fantasmi.
Al disordine segue la regola.
L’aria è ora invasa dalla languida tonalità di clarinetti, flauti
e dallo struggente cigolare delle catene.
Sbiascicate giaculatorie mariane
infondono una strana serenità sulla città languente.
Il fiume di variopinta gente, di simboli oscillanti, di ceri tremolanti sta per raggiungere la Cattedrale.
Ed ecco che l’armonia spettrale, come vuole consuetudine, sta per essere sconvolta!
Voce stridula, acuto sibilo sommergerà l’incanto della mistica sera.
Il Monsignore si prepara a dar fiato al suo petulante amplificatore del suono. E’ suo proposito pronunciare con cadenza regolare ciò che prassi liturgica si impone da qualche decennio: Gesù Cristo è morto per noi…nunchetinoranostramortemamen! Episcopal sigillo impresso sul corpo d’una manifestazione di esequie originariamente voluta, organizzata ed attuata dalla devozione della Centumcellarum Venerabilis Confraternitas Mortis Orationis.
Il prelato si accinge, dunque, ad appoggiare le sue labbra sullo strumento dissacratore di armonia per procedere con la lamentevole supplica. Ma,… come clamorosa meraviglia, fuoriesce dal cono dell’infernal aggeggio una frase del tutto dissimile dalle pie intenzioni del devoto comunicatore. Quale tuono irrompe in un cielo calmo, ecco che il pubblico sente pronunciare a chiare note l’inatteso: Sono Jamal, ho sette anni, sono di Gaza, sono mutilato, non ho più le mie gambe, ero all’ospedale Domenica passata quando sono morto. Sono Yuri, anche io ho sette anni, un drone, sembrava un giocattolo volante, mi ha tolto la visto, sono di Sumy, era il giorno delle Palme quando sono morto. Dio, Dio perché ci hai abbandonati? Perché ci hai abbandonati?
Scandalo, sovversione, oltraggio blasfemo, colpo di mano, boicottaggio. Carabinieri, polizia, Autorità, Vescovo tutti agitati, offesi, allarmati. Indagare, ispezionare sui tetti. Sospetto altoparlanti piazzati su tetti case prospicienti Cattedrale. Sovversivi filo-palestinesi in combutta con sovversivi anti-Putin? Tesi poco probabile. Ed allora chi? Rinviare processione? Forse diabolica intromissione nell’altoparlante di scheda con algoritmo sovversivo? Indagare! Provasi ripetere messaggio. Monsignore insuffla nuovamente in altoparlante. Niente da fare: nessuna prece, solo voci di fanciulli con evidente finale blasfemo. Che fare? Sospendere, proseguire senza audio di Monsignore? Con Monsignore muto e strumento requisito?
Nel trambusto, nel vociare caotico si fa largo una vecchia signora di nero vestita fuoriuscita dalle fila che accompagnano le oscillanti statue mariane e timidamente alzando una mano per chieder parola sussurra: Chiedo scusa a tutti, a sua Eccellenza, alle Autorità ma io penso che il vero autore di questo incidente sia proprio colui che stiamo portando in giro per la nostra città per commemorare la sua morte e la sua rinascita domenica a Tarquinia. Ma è solo una mia idea. Chiedo scusa.
Mai intervento fu come questo che, quale un dolce vapore, si diffuse per l’aere notturno rendendo taciturno quel vociare degli infuriati, rintuzzando lo sdegno, placando le ire turbolente, convertendo lo scandalo. E gli animi si arresero.
Il messaggio non aveva più bisogno d’esser ripetuto, tanta la sua potenza. Un suggello ardente invase i cuori della gente quando la novella del mirabile accadimento divampò come viva fiamma lungo le vie della città.
E la banda riprese. Con l’aria di Vella, con la sua toccante Una lacrima sulla tomba di mia madre, ricompose nell’ordine le fila sparse. E di lontano le catene ripresero la loro melodico, mesto sottofondo.
Accadde che qualche vecchio signore rammentò a sé stesso ed agli altri che il clima con il quale si accolse la processione, nel restante percorso cittadino, ricordava quella pietas delle prime processioni nell’immediato dopoguerra.
Era proprio quello lo spirito, dopo tanti e tanti decenni di stanca consuetudine e di tradite tradizioni.
. . .
E se così fosse? Mancano solo poche ore! Ma la realtà, ahinoi, sarà quella che tutti pensiamo.
E se fosse semplicemente il cuore degli astanti a convertire la dura realtà in questo senso?
CARLO ALBERTO FALZETTI

E’ un quadro potente e simbolico che mescola sacro e profano in una narrazione che sfida le convenzioni. L’irruzione inattesa delle voci dei bambini vittime di guerra durante una processione è inattesa. C’è una insopportabile ipocrisia in questi rituali religiosi ormai svuotati di significato che si contrappongono alla crudeltà. Alla sofferenza innocente. E’ un appello alla pietà autentica, capace di rinnovare uno spirito comunitario che va dissolvendosi. Ci si può interrogare sul potere trasformativo dell’empatia. Dell’evidenza che il sacro non debba risiedere nella forma ma nel coraggio di ascoltare il grido degli ultimi. Un’allegoria commovente e provocatoria dove il miracolo non è soprannaturale ma umano. Va convertito il dolore in coscienza😢.
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Idea eccezionale. Grazie davvero. Michele Capitani
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Carlo, grazie di questa tua sofferta “contaminazione “, che ci “pro voca” nel senso intrinseco del termine.
Bellissimo il quadro iniziale, consueto nel nostro immaginario civitavecchiese, ed intensa l’aspra cesura, un richiamo alla coscienza, un brusco risveglio.
Che sia non un “rituale”, ma una autentica partecipazione emotiva, questa Pasqua. Ieri sera guardavo in TV l’immagine del bambino mutilato di entrambe le braccia e la mamma sofferente, così simile, nelle sue vesti, alla Maria di Pasolini…Solo che questo non è un film, ma un incubo vero e dopo tre giorni non c’è resurrezione.
Maria Zeno
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Riunisci il popolo Gazawi con il popolo civitavecchiese.
Grazie, un vero atto di coraggio.
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