RUBRICA BENI COMUNI, 100. CENTO… CENTO… CE…
a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦
Cento! Un bel traguardo, non c’è che dire… ed effettivamente non so davvero cosa dire, proprio perché troppe cose, cento cose, mi si affacciano nella testa. A cercare ispirazione scrivendo la parola «cento» nella casella «Trova» che «consente di trovare testo o altro contenuto nel documento», avendo selezionato l’icona di «Questo PC», mi appaiono un’infinità di cose: «1964. Tubolite. Nuovo insediamento Centocelle / Cento città San Francesco / Cento città – Municipio / Corso Centocelle 1978 / Corso Centocelle e Matteotti / 1975. FC Atlante delle Cento Tavole / 1986, Corso Centocelle / Cento e Pieve di Cento / Ripenso al discorso di questa mattina su Corso Centocelle, 2 febbraio 2019 / Centocelle e borgata Gordiani…», tanto per copiare le prime voci apparse. E non parliamo di quello che spunta sul monitor a scrivere il numero «100»!
Ma poi, come non dire della nostra Centocelle, cioè della cara Centumcellae… o Cencelle… Nel 1975, chiarendo il contenuto del libro che stavo redigendo, ho scritto quella che poi è divenuta la nota 13 di Chome lo papa uole…:
«Per semplicità, ho adottato nel testo i seguenti toponimi: Centumcellae, per indicare la città romana sorta a ridosso del porto di Traiano e mantenutasi fino al IX secolo nel sito dell’odierna città portuale; Centocelle, per indicare la città fondata da Leone IV (perciò detta anche Leopoli), nell’854, sulle pendici settentrionali dei monti della Tolfa, verso la bassa valle del Mignone, i ruderi della quale sono ancora oggi denominati Cencelle; Civitavecchia, per designare la città, risorta sulla costa dal X-XI al XV secolo, nella sua continuità geografica fino ai nostri giorni. Ho tralasciato, se non per diretti richiami alle fonti, ogni più precisa denominazione o trascrizione fonetica in uso nelle diverse epoche, quali ad esempio: Centum Cellae per la città romana; Centumcellae, Cencelle, Cincelle o Cincelli per la città leoniana; Civitas Vetus (o Vetere o Vetusta), Civitas Vetula, Civitas Veccla, Civita Vechia, Civita Vecchia, ecc. per quella medioevale, rinascimentale e moderna. Ho mantenuto, invece, nelle citazioni, i nomi e le grafie originali, senza ulteriori esplicazioni, risultando dal contesto sempre chiaro per il lettore il riferimento all’una o all’altra delle tre città.»

Ci tenevo a dirlo, per evitare confusioni. Ma sempre sul termine in questione e sul nome della città, trascrivo quello che nel 1998 ho scritto (come si può vedere nella figura) in quella che sarebbe stata la brochure – stampata sull’ingegnoso dépliant chiamato «Settepieghe», cioè il modello brevettato della Poliedro Interdisciplinarietà di Roma – distribuita a Ishinomaki a ottobre del 2001, in occasione della mostra «1615, il Viaggio: la missione Keichô alla scoperta dell’Europa»:
«Il toponimo Centumcellae, l’antico nome del luogo corrispondente all’attuale Civitavecchia, è stato interpretato nel tempo, fra storia e leggenda, come riferito a cento sale per l’imperatore, a cento approdi per le navi, a cento magazzini del porto, a cento camere per le truppe di terra e di mare, a cento aule di giustizia, a cento celle per i condannati, ponendo di volta in volta in evidenza l’una o l’altra delle componenti che fin dalle origini hanno caratterizzato la città: villa imperiale, centro portuale e annonario al servizio di Roma, presidio militare, sede di tribunale e luogo di reclusione che ha avuto, tra i suoi involontari ospiti, intorno all’anno 251, addirittura un papa, Cornelio.»
E con questo, basta! Non aggiungo altro, non mi faccio tentare da Lucio Battisti e dalle sue cento ragazze o da “Cento e non più cento” e cose del genere. Almeno una volta su cento, lasciatemi essere breve! Cento di questi giorni!
FRANCESCO CORRENTI
