Il “Capitalismo della Sorveglianza”: dall’innovazione alla dominazione digitale. – Parte prima
di PAOLO POLETTI ♦
Il capitalismo della sorveglianza è un modello economico emergente in cui le aziende tecnologiche raccolgono, analizzano e monetizzano i dati personali degli utenti per generare profitti. Questo sistema si basa sulla raccolta massiccia di informazioni comportamentali per prevedere e influenzare le scelte delle persone, trasformando la vita quotidiana in un flusso continuo di dati commercializzabili. Il concetto è stato sviluppato dalla studiosa Shoshana Zuboff, che lo descrive come il passaggio dall’uso dei dati per migliorare i servizi all’utilizzo dei dati per manipolare i comportamenti umani a fini economici e politici.
Sostiene infatti la Zuboff che aziende digitali come Facebook, Google e Amazon, capitalizzano l’esperienza umana convertendola in dati comportamentali. Una parte di questi dati serve a migliorare prodotti e servizi, mentre il surplus viene oggi elaborato attraverso l’intelligenza artificiale per creare previsioni sulle future azioni delle persone. Queste previsioni alimentano un mercato dedicato ai comportamenti futuri, dove vengono scambiati prodotti “predittivi”. Si tratta di “previsione” o “manipolazione”? Il rischio è reale.
- Le origini del Capitalismo della Sorveglianza.
L’idea che la tecnologia digitale potesse trasformare la società nasce negli anni ’90, con figure come Nicolas Negroponte del MIT Media Lab, che immaginava un mondo in cui l’informazione personalizzata avrebbe sostituito il modello centralizzato dei media tradizionali. Tuttavia, con l’avvento di Google e Facebook, il concetto di personalizzazione ha assunto una nuova dimensione: non si trattava più solo di offrire contenuti su misura per l’utente, ma di raccogliere il massimo numero possibile di dati personali e prevedere ogni scelta e comportamento.
Negli stessi anni, il think tank Progress and Freedom Foundation, legato ai repubblicani statunitensi, sviluppa la Magna Carta for the Knowledge Age, un documento che sancisce il passaggio dalla conoscenza come bene pubblico a un’informazione privatizzata e segmentata. Questo principio diventerà la base dell’industria digitale moderna, dove la personalizzazione dei contenuti è utilizzata per creare profili dettagliati di ogni utente.
Parallelamente, nel loro libro The Sovereign Individual, James Dale Davidson e William Rees-Mogg teorizzano una società in cui gli individui diventano clienti degli stati anziché cittadini, favorendo un modello di capitalismo senza democrazia. Questa visione trova grande consenso nella Silicon Valley, con imprenditori come Peter Thiel, co-fondatore di PayPal, che sostiene che la competizione è per i perdenti e che i monopoli sono il vero motore del capitalismo.
- L’ascesa della sorveglianza digitale.
Con la crescita di Google, Facebook e altre piattaforme digitali, il modello del capitalismo della sorveglianza diventa dominante. L’elemento chiave è l’estrazione dei dati, ovvero la raccolta massiccia di informazioni su ogni azione compiuta dagli utenti online.
Google e il motore di ricerca: già nei primi anni 2000, Google comprende che la sua vera ricchezza non è la pubblicità tradizionale, ma la capacità di profilare gli utenti in base alle loro ricerche e vendere spazi pubblicitari altamente personalizzati. L’introduzione del sistema di aste pubblicitarie AdWords segna una svolta: gli inserzionisti competono in tempo reale per mostrare annunci basati sui dati raccolti sugli utenti.
Facebook e il grafo sociale: nel 2004, Mark Zuckerberg lancia Facebook, che rapidamente si espande e diventa uno strumento di profilazione sociale su scala globale. Ogni interazione, ogni like, ogni connessione tra utenti diventa un dato monetizzabile. Nel 2007, con l’introduzione del News Feed, Facebook trasforma il concetto di social network in una piattaforma dove le informazioni vengono mostrate in base a criteri di engagement e non di rilevanza o verità.
Il Patriot Act e il ruolo della NSA: dopo l’11 settembre 2001, il Congresso degli Stati Uniti approva il Patriot Act, che amplia i poteri di sorveglianza governativa e consente alla National Security Agency (NSA) di accedere ai dati digitali degli utenti su scala globale. Documenti trapelati nel 2013 grazie a Edward Snowden rivelano che la NSA ha accesso diretto ai server di Google, Facebook e altre aziende tecnologiche, dimostrando la stretta collaborazione tra il capitalismo della sorveglianza e la sicurezza nazionale.
- Il cuore del Capitalismo della Sorveglianza: la manipolazione dei comportamenti.
Il vero scopo del capitalismo della sorveglianza non è solo raccogliere dati, ma influenzare e prevedere il comportamento umano. Questo avviene attraverso diversi meccanismi:
- personalizzazione estrema: le piattaforme digitali creano profili dettagliati di ogni utente, mostrando contenuti che massimizzano l’engagement e rafforzano le opinioni esistenti. Questo fenomeno, noto come “echo chamber” (camera dell’eco), alimenta la polarizzazione politica e sociale;
- Microtargeting e pubblicità predittiva: grazie agli algoritmi avanzati, le aziende possono targettizzare annunci pubblicitari con una precisione senza precedenti. Il caso di Cambridge Analytica, che ha utilizzato i dati di Facebook per influenzare le elezioni americane e la campagna Brexit, ha dimostrato come la sorveglianza digitale possa essere utilizzata per manipolare i processi democratici;
- algoritmi persuasivi e manipolazione emotiva: studi mostrano che Facebook è in grado di modificare l’umore degli utenti alterando il tipo di contenuti mostrati nel feed. Un esperimento del 2012 condotto dall’azienda ha dimostrato che riducendo il numero di post positivi mostrati agli utenti, questi diventavano più tristi e pessimisti, evidenziando il potere della piattaforma nel modellare le emozioni delle persone.
- Le conseguenze: privacy, salute mentale e controllo sociale.
Il capitalismo della sorveglianza non è solo un modello economico, ma ha profonde implicazioni sociali e psicologiche.
Erosione della privacy: le grandi aziende tecnologiche accumulano quantità enormi di dati personali, spesso senza il consenso informato degli utenti. Le informazioni vengono vendute a terze parti, utilizzate per campagne pubblicitarie invasive e talvolta condivise con governi e agenzie di intelligence.
Impatto sulla salute mentale: numerosi studi indicano che l’uso intensivo dei social media è associato a un aumento dei livelli di ansia, depressione e isolamento sociale. Il caso della giovane Molly Russell, morta suicida dopo essere stata esposta a contenuti autolesionisti su Instagram, ha sollevato interrogativi sul ruolo degli algoritmi nella diffusione di contenuti dannosi.
Crescente disuguaglianza e sfruttamento: il potere del capitalismo della sorveglianza è concentrato in poche aziende come Google, Facebook, Amazon e Microsoft, che controllano gran parte dell’economia digitale. Questo crea un divario di potere senza precedenti, in cui le piattaforme tecnologiche hanno più controllo sulla società rispetto agli stessi governi.
PAOLO POLETTI

L’articolo pone bene in evidenza uno dei problemi del momento: l’infocrazia che sta diventando una vera e propria infodemia!!
In questo ambito un punto fondamentale è rappresentato dal ruolo dell’informazione manipolata.
Il vecchio nichilismo novecentesco ha significato la caduta dei valori fondamentali della nostra società e la fine delle “grandi narrazioni”. Oggi,tuttavia, siamo entrati in un nuovo nichilismo: la perdita di fiducia nella realtà.
Le verità fattuali, cioè ciò che chiamiamo il reale, sono “annichilite” dal regime della informazione. Una massa invadente di informazioni si sostituisce all’attualità creando una realtà più “vera”.
L’informazione non presenta quei caratteri classici dello Stato repressivo, sorvegliare e punire, immaginato da Orwell (Big Brother is watching you). Al contrario l’informazione non sottomette la libertà ma la sfrutta inducendo con sottile tecnica ad un comportamento desiderato. Si pensi al potere degli influencer nei confronti dei milioni di follower, si pensi al profilo psicometrico che permette di individuare con buona approssimazione il comportamento del consumatore (microtargeting) come ben descritto nell’articolo.
L’anima dell’informazione è il dato. Alla realtà “analogica” si sostituisce la realtà “digitale” che calcola e calcolando pone al centro l’algoritmo. Ciò che un tempo era narrazione ora è algoritmo. Le vecchie ideologie, cuore delle grandi narrazioni, sono sostituite dal numero (è stato Shannon nel 1948 a trasformare l’informazione in qualcosa di “quantificabile”: un segnale che ha una piccola probabilità di apparire porta con sé una elevata quantità di informazione).
Ma l’informazione oltre alla sua vastità soffocante( valga sempre il detto est modus in rebus) incorpora una specifica anima inquietante.
Componente sostanziale delle informazioni sono, difatti, le fake news attraverso le quali la politica crea il suo mondo. Laddove il microtargeting non riesce ad essere efficiente ecco intervenire la “veridicità” (truthiness) qualcosa, cioè, privo di oggettività, del sostegno dei fatti. La fake news per poter funzionare a modo deve poter essere enorme e totale tale da sostituire con efficienza il reale. Condizione essenziale per il produttore di questa realtà fittizia è la sua profonda disistima del reale. Colui che dichiara la menzogna, a ben vedere, crede nella verità limitandosi a contraffarla. Il produttore di fake news, invece, non produce menzogna per il semplice motivo che è completamente indifferente al reale che con estrema disinvoltura ignora sostituendolo con il suo credo. Il produttore di “veridicità” è più pericoloso di chi produce menzogna! Questa è la cifra più significativa del nostro tempo!
"Mi piace""Mi piace"
Molto interessante, del resto il mio spettacolo del 1 febbraio “1984” parlava anche di questi temi. Peccato che non ci sia stato nessuno di SpazioLibero , credo.
Roberto Fiorentini
"Mi piace""Mi piace"
Il capitalismo della sorveglianza, teorizzato da Shoshana Zuboff, trasforma l’esperienza umana in merce, sfruttando dati per prevedere e plasmare comportamenti a fini di lucro. Piattaforme come Google e Facebook, nate per connettere, oggi estraggono informazioni per alimentare algoritmi che erodono privacy, salute mentale e democrazia. La convergenza tra monopolio tecnologico, sorveglianza di stato e mercati predittivi solleva un interrogativo urgente: fino a che punto l’ottimizzazione del profitto può sostituirsi all’etica e al controllo democratico? Un monito critico sull’oscurità del progresso digitale.
"Mi piace""Mi piace"