BERNIE SANDERS – Il socialista e la sua eredità storica – di Mario Michele Pascale
a cura di PAOLA ANGELONI ♦
A 83 anni Bernie Sanders si riconferma Senatore. Rappresenterà, come in passato, lo Stato del Vermont. E lo farà all’interno di un quadro di profonda crisi del fronte progressista. Con lui sono state riconfermate, alla Camera dei rappresentati, le sue nipoti spirituali: Alexandra Ocasio-Cortez. Ayanna Pressley, Ilhan Omar, Cori Bush e Raissa Taib. Il quadro generale ci parla di una netta sconfitta dell’area liberal del partito Democratico e di una sostanziale tenuta, se non un rilancio, del movimento socialista, che pone istanze di libertà e giustizia sociale ben più pressanti e radicali rispetto ai cacicchi del partito.

Ne parliamo con Mario Michele Pascale, autore de “Bernie Sanders. Il socialista e la sua eredità politica”, edito da Mario Pascale editore.
Quanto è importante Bernie Sanders nel panorama politico statunitense?
Sanders è conosciuto in Italia in seguito alle sue due candidature alle primarie per le presidenziali degli Stati Uniti, dove sfidò, sostanzialmente, Hillary Clinton e Joe Biden. La nostra stampa lo ha presentato come un oggetto strano, un alieno, una voce nel deserto nella patria del capitalismo. Non è così. Il Senatore del Vermont, in realtà, ha resuscitato l’ideale del socialismo democratico negli States, è stato capace, pur non essendo iscritto al Partito Democratico, di orientare il dibattito sui suoi temi: giustizia sociale, pace, pari opportunità, sanità e studi universitari garantiti per tutti. Grazie a lui le iscrizioni al Socialist Party Of America sono più che decuplicate. Ma Bernie Sanders viene da lontano …
Lontano quanto?
Lui è un figlio spirituale di Martin Luther King. Dal Pastore mutua la consapevolezza che non può esistere libertà, non possono esistere diritti, non può esistere superamento dell’ostacolo razziale, senza una reale giustizia economica e sociale che vada oltre le limitate parole d’ordine dell’apparato liberal. Prende in prestito, da Eugene Debbs, che fino ad allora era il socialista più noto degli Stati Uniti, l’idea che il socialismo parta anzitutto dalle comunità locali, attualizzando il cosiddetto “socialismo delle fogne”.
Che non è una bella definizione …
Il “socialismo delle fogne” non è da intendersi come concetto denigratorio, ma è la risultante della garanzia dei servizi di base ai cittadini che, nell’epoca di Debbs, erano garantiti solo ai ricchi. Nel socialismo d’oltre oceano dei primi del ‘900 quelle per il servizio idrico e il servizio fognario furono battaglie campali, con ovvie ripercussione sulla sanità pubblica e sulla qualità della vita dei ceti meno abbienti. Da qui la locuzione “socialismo delle fogne”, inizialmente utilizzato si in senso minimizzante da parte della élite “bostoniana”, ma di cui il movimento socialista si fregiò senza vergogna e con molto orgoglio.
In un panorama di forte flessione del Partito Democratico il Vermont rimane fedele al movimento progressista…
Il Vermont è Bernie Sanders. E Bernie Sanders è il Vermont. Come dicevo il Senatore ha una lunga storia. Dopo gli studi universitari si è trasferito in questo Stato e si è subito impegnato in politica. Un maniaco delle candidature, dicevano. E in effetti ha “testato” le sue capacità politiche in molte competizioni elettorali prima di diventare Sindaco di Burlington. Poi per anni membro della Camera bassa del Capidoglio e infine Senatore. La sua longevità dipende dal fatto che, a differenza di tanti altri, egli è sempre riuscito a guardare alla politica in termini di prospettiva generazionale. Ha avuto cura di allevare una futura classe dirigente, dandole valori in cui credere e un forte esempio di militanza. Così è nata la Squad. Come diceva lei prima la Ocasio Cortez e le altre sono davvero sue nipoti spirituali.
In genere la politica divora i suoi figli. Sanders è riuscito a ragionare in controtendenza e a costruire, intorno a sé, una prospettiva ideologica, quella socialista, e un gruppo di militanza attiva che negli Stati Uniti, prima di lui, non esisteva.
Sanders non ha mai preso la tessera del Partito Democratico, eppure è riuscito in più occasioni ad orientarne il dibattito. Come ha fatto?
Il Partito Democratico è il partito dei cosiddetti “garantiti”. Principalmente classe media agiata senza problemi economici, classe dirigente, mondo della cultura e dello spettacolo. I dirigenti del partito hanno solidi legami con il mondo della finanza e, sopratutto, con quello delle assicurazioni che negli States sono onnipresenti: dalla tutela delle imprese alla sanità. Senza contare l’enorme legame con chi gestisce i cosiddetti “fondi pensione”, in cui si convoglia la stragrande maggioranza del risparmio privato. I democrats riescono a vincere quando convincono le minoranze etniche, la classe media “riflessiva” e i sindacati. Questo non avviene sempre. L’ultima volta è accaduto con Obama. Il voto per Biden fa eccezione: è stato sopratutto un voto contro Trump. Quando i democrats mettono in campo candidati con un’offerta politica anche vagamente sociale, vincono. Quando presentano gelidi esponenti delle élite, sentiti lontani dalle esigenze della gente comune, perdono. Hillary Clinton e Kamala Harris hanno questo in comune: gelide, poco comunicative, con un ventaglio di posizioni numericamente e qualitativamente infimo. Per Hillary era la politica estera. Per la Harris l’universo dei diritti LGBT e la battaglia pro aborto. Ben poco rispetto all’ampio respiro della proposta di Obama.
Bernie Sanders invece offre molto di più. È presente sui temi dello sviluppo economico inteso come equilibrato nei confronti di cittadini e ambiente. Pone il problema del funzionamento dei servizi sociali di base, i cui fondi vengono vampirizzati dalla spesa militare. È un pacifista. Ha una posizione scomoda, anche se ebreo e difensore delle peculiarità culturali e sociali ebraiche, sulla Palestina. Protesta contro le concentrazioni editoriali, sia della carta stampata che della Tv. Ritiene essere i sindacati non una associazione di categoria con rivendicazioni meramente economiche, ma un “universale” sul modello europeo, capace quindi di dire la propria sulla conduzione degli affari dello Stato e di partecipare al dibattito politico. In politica estera Sanders, pur tenendo conto dell’interesse nazionale, è per una linea incentrata sulle soluzioni diplomatiche e non sul coinvolgimento, diretto o indiretto, in vicende belliche.
Orgogliosamente, come lei ricorda, Sanders non ha mai preso la tessera Dem. Egli risponde ad una esigenza forte nella cosiddetta base, fatta di giovani attivisti, di uomini e donne impegnati nelle battaglie sociali e razziali, di chi abita e cerca di migliorare i quartieri periferici delle città, degli studenti universitari e dei movimenti per la pace. Tutti potenziali elettori del Partito Democratico che votano quando, direttamente o meno, c’è Bernie Sanders e si ritirano nel privato quando ci sono Hillary e Kamala.
Perchè un libro su Bernie Sanders?
Il volume colma una lacuna. Molti parlano di Sanders, ignorandone le origini e la storia politica e i capisaldi intellettuali. Siamo vittime, complessivamente, di un’idea sbagliata degli Stati Uniti, veicolata dai media e dalle produzioni televisive a stelle e strisce. Molti credono, ad esempio, che a Washington esista solo il Senato. Scopriamo che invece il sistema politico statunitense è bicamerale. Pensiamo a quella fetta di mondo come regno del “self made man” e del capitale. Invece la burocrazia, o se vogliamo il deep state, ci sono e sono forti. Forti ed agguerriti. E le strutture statali se vogliono si impongono. Si veda il caso di Mark Zukerberg tremante e balbettante di fronte alla commissione d’inchiesta del Senato.
Sanders e il socialismo sono vittime anch’esse di questa riduzione “televisiva”. Il Senatore non è un panda tenuto lì per dimostrare la tolleranza del sistema. È, a pieno titolo, soggetto politico che ha una sua collocazione, un preciso elettorato da cui consegue uno specifico peso politico, e la capacità di trasmettere il proprio pensiero alle generazioni successive.
In ultimo credo che Sanders, e anche questo libro, quindi, possano essere d’esempio alla sinistra italiana. Dove abbiamo un Partito Democratico (non caso si chiama così) che ha in sé le stesse contraddizioni dell’omologo statunitense, con un fronte liberal che schiaccia la parte socialista, che è minimale. E che si ricorda di essere socialista solo a Bruxelles. Il PSI che è liberalsocialista, ma che ha la tendenza a ridurre e a “contenere” continuamente il termine “socialista” fin quasi a farlo scomparire dalla dizione. Restano in piedi solo sigle molto coraggiose, penso principalmente a Risorgimento Socialista, ma ahimè esigue, che provengono dalla diaspora socialista …
Una mia curiosità. In questa intervista lei non ha mai pronunciato il termine “americano”…
Un motivo c’è. Ma non la faccio lunga. Tutto è spiegato nell’introduzione al volume …
Dove troviamo il volume “Bernie Sanders. Il socialista e la sua eredità politica”?
Il libro è presente in tutte le librerie on line ed anche su Amazon ed E Bay. I signori librai possono ordinarlo attraverso la Terminal distribuzione.
PAOLA ANGELONI

Grazie per le informazioni sul tuo libro che mi risulta molto interessante
Paola.
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Ovviamente sono Mario Michele Pascale 🙂
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Cara Paola, grazie. Un ringraziamento anche a Fabrizio Barbaranelli e alla redazione. Spero che questo mio lavoro su Sanders possa essere d’interesse ed utile per aprire un dibattito sulla necessità del socialismo.
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