Violenza di genere

di MARINA MARUCCI

HO SCRITTO QUESTO INTERVENTO PER PORTARE LA MIA ESPERIENZA  COME VOLONTARIA IN VARIE ASSOCIAZIONI FEMMINILI E FEMMINISTE. LA DONNA A CUI HO DATO LA VOCE   RAPPRESENTA LA SINTESI DA ME ELABORATA DELLE STORIE, DELLE VICENDE, DEI FATTI DI CUI SONO VENUTA A CONOSCENZA.

 

“Non ci riesco, non ci riesco a lasciarlo, ad andarmene.  Ma non so cosa fare.  Sono anni che accetto i suoi abusi,  le sue violenze verbali e non solo quelle. Le sue parole mi distruggono, mi fanno vergognare di essere una donna, mi sento una stupida perché non sono capace di reagire.

 E pensare che ci siamo amati, quando eravamo giovani.

 Certo, se guardavo incuriosita un altro uomo o se l’altro volgeva lo sguardo su di me erano discussioni e se rispondevo a volte volavano gli schiaffi, ma io pensavo in fondo me lo  merito: mio padre mi rimproverava di voler essere troppo libera e lo stesso lui, che negli anni mi ha isolato dai miei amici. Ero convinta che la sua gelosia fosse amore, il suo modo per proteggermi. Dopo quelle scenate mi chiedeva scusa, si mostrava dolce, amoroso ma  tutto ricominciava da capo, sempre uguale, sempre lo stesso e io sempre innamorata.

 Poi sono rimasta incinta ed allora ci siamo sposati.

All’inizio lui sembrava tranquillo, sì, a volte per la solita diffidenza o sospetto alzava troppo la voce, anche le mani, ma io non rispondevo alle sue invettive,  per  cercare di calmarlo, per non svegliare la bambina con le sue urla. Ora mia figlia ha quasi quindici anni e le  violenze non sono diminuite, anzi. Sono mesi che mio marito è in cassa integrazione, a zero ore e che passa il suo tempo spesso al bar. Io continuo a lavorare, in nero, come ho sempre fatto, dalla mattina alla sera, per mandare avanti la nostra famiglia, perché questo maledetto sistema ti getta via, come un fazzoletto sporco, quando non servi più al progetto economico del tuo datore di lavoro o del tuo padrone.

 L’ultima volta però è stato diverso, mia figlia è intervenuta mentre lui inveiva contro di me, accusandomi di essere un’incapace, così gli ha detto esasperata:

“Basta papà, basta dire queste brutte cose alla mamma, sei tu un incapace che spendi i soldi  che servono tutti i giorni al bar”.

 E’ diventato una furia, stava per avventarsi contro di lei,  io mi sono messa tra loro così ancora più rabbioso si è sfogato su di me con calci, pugni e tante botte che mi hanno lasciata stordita. Nostra figlia è riuscita a  scappare e lui nel rincorrerla è scivolato sullo zerbino della porta di casa ed è caduto a terra, quando l’ho soccorso,  malgrado tutto, mi ha cacciato.

 La  dottoressa di base  mi consiglia di  telefonare al 1522, il numero  ANTI VIOLENZA ma io non ho il coraggio,  non voglio mandare all’aria una famiglia per colpa mia , perché così sarebbe inteso. La mia amica del cuore, che legge molto più di me, dice di denunciarlo ma poi ricordo quello che ha sopportato mia cugina. Anche lei , vittima dei soprusi del marito,  quando è andata alla polizia si è sentita rispondere  dal poliziotto di turno  che non era il caso di segnalarlo , visto che aveva ricevuto soltanto due sberle, quattro spintoni, le erano stati tirati i capelli e dette tante,  tante parolacce.  Loro ricevono ogni giorno denunce per abusi ben più gravi,  come gli stupri , le violenze su i minori, lo stalking, per non parlare dei femminicidi  e purtroppo non hanno  né mezzi  né  personale sufficienti  per riuscire a seguire tutto.  Così  per la  paura, la vergogna, sto rimandando ogni decisione.

 Spero ancora che lui cambi, che si accorga degli effetti causati alla sua famiglia ma sembra sia diventato un muro di gomma, in cui tutto rimbalza, torna indietro e torna su di  me , che vivo ogni giorno l’angoscia per quello che potrebbe accadere. Spesso penso che il suo vero obiettivo non sia soltanto  quello di provocare la mia sofferenza fisica ma anche di sottomettermi, umiliarmi, piegarmi dentro mille forme di paura, perché lui è convinto che gli uomini e le donne siano su piani disuguali. La mia amica, quella dei libri, spesso mi spiega che tutto questo è il risultato di una disparità storica,  di  una discriminazione di genere, che potremmo cambiare se lottassimo tutte unite, mi parla di “patriarcato”  ma io non  riesco a capire cosa significa veramente questa parola.

Però, ora che rifletto su l’ultima violenza vissuta, dove sono riuscita  a proteggere mia figlia, qualcosa deve essere scattato dentro di me, perché  adesso, ora,  dico… BASTA !, anche a lei No! No ! E allora No ad un uomo violento, No ad un legame tossico, No ad una vita senza prospettive né desideri, No all’infelicità: C’è ancora domani per cambiare!”

MARINA MARUCCI  

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