Movimenti rivoluzionari
di PAOLA ANGELONI ♦
Vi è stata una iniziativa promossa dall’ANPI e dalla Compagnia Portuale, patrocinata dal Comune sugli Arditi del Popolo e della loro eroica resistenza allo squadrismo fascista.
Vorrei soffermarmi sulla presentazione fatta in quella sede del libro – UN MONDO MEGLIO DI COSI’ – (Roma, Viella, 2023) dello storico Eros Francescangeli sul ruolo della Sinistra rivoluzionaria in Italia dal 1943 al 1978.
Espongo quello che più mi ha appassionato nell’evento di sabato, 26 ottobre, riflettendo sulla lettura del libro già citato che mi ha coinvolto considerando quegli anni, dal 1967 al 1975, vissuti politicamente in prima persona.
Presento pertanto in sintesi il lavoro del libro.
Se negli anni dell’immediato secondo dopoguerra non esistevano quotidiani riferibili alla sinistra rivoluzionaria, nella seconda metà degli anni Settanta del Novecento la situazione era ben diversa. Nel febbraio del 1979 un simpatizzante della sinistra rivoluzionaria, giunto in edicola, poteva scegliere tra cinque quotidiani di area: “ il manifesto” , “Lotta continua”, “ Quotidiano dei lavoratori” ( Avanguardia Operaia), “ Ottobre” e “ la Sinistra”. Di questi rimane ancora in vita “ il manifesto”, il cui primo numero uscì il 28 aprile 1971.
Francescangeli pone in evidenza come “Quel sole dell’avvenire”, in realtà fosse un tramonto di quel sole che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, illuminava le menti e scaldava gli animi delle plebi e dell’intellettualità più sensibile alle tematiche “sociali”.
L’allegorico sole morente è quell’insieme di organizzazioni – figlie delle teorie ottocentesche e della prassi della prima metà del Novecento – che dal 1943 al 1978 ha creduto nella rivoluzione sociale e ha cercato di prepararne il trionfo.
Francescangeli prende in considerazione storica quell’area politica tra gli anni ’40 e gli anni ’70 rappresentata come “sinistra rivoluzionaria”, in alternativa a quella definita ufficiale, storica, istituzionale, cioè Pci e Psi in primis, anch’essi comunque caratterizzati dalla presenza all’interno da correnti “massimaliste”.
Tale analisi è storiograficamente rilevante per due motivi: in Italia il ciclo di protesta politico sociale, che ebbe il suo culmine nel 1968-69, durò più di un decennio; si diede vita a strutture associative, riconducibili al modello del partito politico, più o meno strutturato, a seconda delle inclinazioni.
Tali strutture associative si caratterizzarono come fenomeni sviluppati anche in periferia e il bacino di reclutamento fu essenzialmente studentesco.
In sintesi, la lunga tradizione di orientamento marxista o libertario vide coinvolte varie culture, vedi il dissenteismo ingraiano all’interno del Pci. La diffidenza verso le pratiche istituzionali della politica non precluse l’uso dei referendum e della rappresentanza parlamentare, ma di fatto vi fu un proliferare di metodi di lotta extra istituzionali o violenti.
Francescangeli mette in luce come tali modalità, presenti nel ventennio 1945-1965, acquistarono spazi dal 1966 al 1969, per acutizzarsi nel 1977 e ciò rappresentò l’immediato tracollo delle organizzazioni rivoluzionarie. Dai filoni politico culturali riconducibili all’operaismo militante di Potere Operaio e Lotta Continua e al marxismo-leninismo provenne anche il fenomeno della lotta armata.
La risposta delle istituzioni fu articolata. Furono soddisfatte alcune rivendicazioni (diritti per i lavoratori, decreti delegati, riforma psichiatrica, ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro) ma a livello politico militare si attuarono strette repressive, fino a ricorrere alla “strategia della tensione”.
Il lavoro si fonda su di un’amplissima documentazione archivistica e sulle cosiddette ”carte di polizia”, che pongono in risalto e la visione palesemente “nemica” e la rete di infiltrati degli apparati di sicurezza dello Stato. L’ autore ha optato per l’esclusione della “ memorialistica”, per evitare categorie interpretative che avrebbero risentito troppo del ricordo dei decenni trascorsi valutato in base alla contemporaneità.
Movimenti rivoluzionari
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Gli eretici del manifesto.
Nel 1969 – 1970, il manifesto fu visto come un’”anomalia”, ma in realtà affondava le sue radici nelle esperienze precedenti al 1968 ossia nella sinistra comunista che da anni non condivideva più la linea del Partito. Una sinistra comunista differente sia da quella trockista, sia da quella stalino maoista, che vide il collante nel togliattismo di sinistra di Pietro Ingrao, ma l’origine social-organizzativa fu elitario-leaderistica.
Il nucleo promotore del Manifesto era costituito da figure di primissimo piano dal punto di vista teorico e organizzativo, noti esponenti dell’intellighenzia rossa della capitale.
Si parte dagli attivisti della quarta internazionale in seno al Pci, tutti sospettati di ingraismo: Alfredo Reichlin, Luciana Castellina e Lucio Magri furono rimossi dalle loro funzioni.
Perno dell’opposizione dei dissidenti fu proprio la questione del rapporto dialettico tra Pci e società italiana, nell’ottica di una TRANSIZIONE al SOCIALISMO. Per il Manifesto la linea del conflitto si sarebbe spostata nelle grandi fabbriche, forti dell’alleanza con i lombardiani e il Psiup. Il fronte anti-ingraiano vide in loro una nuova “frazione” interna, furono accusati di “violazione della disciplina di partito”, ma il gruppo del Manifesto non depose le armi, consapevole della ripresa della conflittualità sociale e dell’offensiva rivoluzionaria generale (1967-68). Si aggiunse la contestazione studentesca e i fatti di maggio a Parigi (Lucio Magri, Rossanda, Pintor, Natoli).
La strada era quella di una saldatura tra lotta operaia e studentesca, al fine di costituire un tessuto di democrazia operaia di tipo consiliare. Si giunse così a pubblicare nel giugno del 1969 il primo numero della rivista “il manifesto”. Era ormai aperta l’incompatibilità con il Partito tantoché la Direzione e il Comitato Centrale giunsero alla decisione di “radiarli”.
Il tramonto di una unificazione con Potere Operaio spinse il gruppo a strutturarsi in forma partitica (congresso di Rimini, novembre 1971). Magri e Rossanda, oltre che grandi intellettualità, furono anche leader carismatici del partito, che si presentò alle elezioni anticipate del maggio successivo.
Le organizzazioni concorrenti accusarono il Manifesto di opportunismo, di fatto vi fu da parte loro una grave incertezza politica e il mancato approfondimento teorico riguardo alle istituzioni. Sarà Magri a dire come parola d’ordine: governo delle sinistre.
Nel 1975 il cartello elettorale di Democrazia Proletaria era composto dal PdUP, dal gruppo del Manifesto e da Avanguardia operaia.
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Potere Operaio e Lotta Continua: 3 luglio 1969: “Cosa vogliamo? Tutto”
Vi fu una rivalità tra la leadership degli operaisti de “La classe” ( Piperno, Scalzone, Negri) e quella raccolta attorno all’asse politico esistenziale di Sofri e dei leader del movimento studentesco torinese (Viale e Bobbio) e trentino (Boato e Rostagno).
POTOP fu senz’altro l’organizzazione politica della sinistra rivoluzionaria che più di altri prese sul serio i propri proclami insurrezionalisti. Dopo i fatti del 1973, rogo di Primavalle, vi fu una crisi interna che condusse il partito dell’insurrezione alla dissoluzione.
Molti dei suoi militanti diedero vita all’Autonomia Operaia (Autonomia Operaia, Comitati autonomi di Roma, ed. Savelli, Roma 1976.).
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Lotta Continua
Chi invece si autorappresentò come fautrice della spontaneità proletaria fu Lotta Continua. Ma Lotta Continua non fu mai anarchicheggiante, bensì il contropotere doveva essere un potere instaurato da una ben determinata organizzazione basata sulla centralità operaia (in sintonia con il POTOP pisano). Lotta continua venne definita da Viale “uno stato d’animo”.
Il primo numero del giornale fu di 65.000 copie e LC, dopo il ’71, divenne la principale organizzazione della sinistra rivoluzionaria italiana. Si verificò un passaggio dalla conflittualità sociale della fabbrica verso altri spazi urbani (lotte per la casa), scartando l’opzione insurrezionalista con una linea più populista e meno operaista. Nel 1973 con Sofri si ha la svolta e il repentino crollo nel 1976.
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Servire il popolo – marxisti leninisti con Luca Meldolesi a Roma
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Avanguardia operaia, alias OCAO
Teoricamente trockisti, collegati alla Sinistra, ad Augusto Illuminati e Giulio Savelli più al circolo del Manifesto. Nel 1962 i quarto-internazionalisti Samonà e Savelli fondano la casa editrice omonima. Nel 1966-67 vi fu una rottura con la quarta Internazionale e assunsero una posizione filo-maoista, con forte riferimento al maggio francese. Da ricordare la rivista La Sinistra con Lucio Colletti del 1966, anno in cui vi fu la depurazione della sinistra interna per Illuminati, Savelli e Corvisieri. Furono ostacoli alla sua egemonia: il Manifesto, Servire il popolo e il soggettivismo di Lotta Continua.
PAOLA ANGELONI
