Ursula Hirschman, il diritto all’identità e all’identità di genere in chiave europeista- (parte 2)

di VALENTINA DI GENNARO

Le “Ursula Hirschmann Lectures” a cui fa riferimento Passerini, sono una serie di conferenze all’interno del Gender Studies Programme presso il Centro Robert Schuman nel 2001.
Prendono, appunto, il nome da Ursula Hirschmann, che ha creato il gruppo “Femmes pour l”Europe” a Bruxelles nel 1975 come spazio per riflettere, criticare e contribuire al dibattito contemporaneo sulla costruzione dell’Europa, la serie ricorda questo impegno e cerca di stimolare la ricerca e il pensiero che collega idee sull’Europa e sugli studi di genere. Inoltre, mirano a promuovere e sviluppare una comprensione di come il genere sia legato alle questioni europee, nonché un’idea di Europa che riconosca le differenze, tra cui quelle di genere. Innanzitutto, la definizione stessa di genere, che è definito come un approccio “politicamente investito” che sottolinea l’importanza delle differenze tra sessi, razze, culture, età e altre importanti variabili sociali. Inoltre, l’analisi di genere collega le differenze alle questioni di potere, diritto e costruzione dell’identità individuale. La ricerca di genere si interseca con le questioni della multiculturalità, del post – colonialismo e delle identità di razza. Il genere e l’etnia sono variabili stratificate ma profondamente interconnesse, specialmente nel contesto storico. Da sottolineare il contributo specifico degli studiosi e delle studiose degli studi di genere e femministi su una definizione antirazzista e post-nazionalista della nuova Unione Europea. Innanzitutto, il genere è uno strumento che permette di mettere a fuoco le interconnessioni tra sé e l’altro, la cultura e la società, la dimensione sociale e quella simbolica è intersezionale per definizione. Il “genere” è il soggetto di una storia, un soggetto in divenire.  Inoltre, la teoria del gender sottolinea l’importanza della politica dell’esperienza e della vita quotidiana, mentre rimane fedele all’idea che il personale è politico. La “politica della solidarietà femminista”, che una figura femminista di spicco come Simone de Beauvoir personifica, è modellata sul cosmopolitismo internazionale marxista. In una prospettiva femminista più contemporanea, queste “narrazioni maestre” o grandi gesti retorici appaiono come ha detto Donna Haraway, “il trucco di Dio” (Haraway, 1990), che dice: “Questo dualismo concettuale non è simmetrico, ma è basato sul predominio di un elemento sull’altro: nella tradizione occidentale sono esistiti persistenti dualismi e sono stati tutti funzionali alle logiche e alle pratiche del dominio sulle donne, sulla gente di colore, sulla natura, sui lavoratori, sugli animali: dal dominio cioè di chiunque fosse costruito come altro col compito di rispecchiare il sé”. Come suggerisce Ursula Hirschmann, era probabilmente più facile per gli ebrei europei cosmopoliti sentirsi a proprio agio con l’idea di una federazione europea, piuttosto che per i cittadini europei più legati alla nazione. Ciò che l’ebraicità rappresenta qui è il senso del non sentirsi integralmente parte di una identità nazionale. Il progetto dell’Unione Europea è legato all’ebraicità proprio per l’enfasi sull’andare oltre il nazionalismo. Gli ebrei della diaspora incarnano un tipo di essere cosmopoliti che può prestarsi a configurare una soggettività di tipo sovranazionale. A questo proposito, Luisa Passerini afferma che una certa idea di amore è insita nelle nostre definizioni e pratiche dell’identità europea e nella ricerca di un immaginario sociale adatto ad essa. Rosi Braidotti, riprende poi, il mito della nascita dell’Europa: “non penso, tuttavia, nemmeno al mito greco classico dello stupro e del rapimento di Europa da parte di una divinità che si fa bue. Né mi convince particolarmente l’interpretazione storicamente fondata di Denis de Rougemont di ciò che de Rougemont vorrebbe identificare come uno specifico eros europeo. Quello che ho in mente è piuttosto un coinvolgimento post-romantico, qualcosa dopo la caduta delle illusioni e delle delusioni. Un nuovo amore virtuale che mira meno a ciò che siamo stati quanto a ciò che siamo, infine, in grado di diventare. Il potenziale liberatorio di questo è ugualmente proporzionale agli sforzi immaginari e politici che richiede a tutti noi. Come pensatori sociali europei, siamo storicamente condannati alla nostra storia, vale a dire al ritorno della crisi fondamentale dell’umanesimo europeo, che ha perseguitato la filosofia continentale almeno dalla fine del secolo scorso. Noi che siamo “ senzapatria”, tra gli europei oggi non mancano coloro che hanno il diritto di definirsi “ senzapatria” in un senso distintivo e onorevole. (…) Proviamo disfavore per tutti gli ideali che potrebbero portare a sentirsi a casa anche in questo fragile e spezzato momento di transizione. (…) Noi stessi che siamo “ senzapatria” costituiamo una forza che rompe il ghiaccio e altre “realtà” troppo sottili.” In “Reflections on Gendered Democracies in Europe” Fabrizio Borchi ha intrapreso una discussione su genere e democrazie rappresentative contemporanee. Ed è emerso come da un lato, ci sia stata una dominazione maschile della democrazia, una sottorappresentanza politica delle donne e una loro limitata partecipazione alla politica democratica anche sebbene negli anni siano state proposte azioni positive e soluzioni istituzionali per affrontare questo deficit democratico e i partiti politici, in termini di rappresentanza di genere, hanno svolto un ruolo importante. Dall’altro, sono apparse lampanti le conseguenze di genere dell’arretramento democratico: la recente ascesa del populismo e dell’ultra conservatorismo ha comportato una reazione negativa contro l’uguaglianza di genere, i diritti delle donne e quelli LGBTQIA+. La Convenzione di Istanbul non è stata ratificata in numerosi paesi europei, tra cui Bulgaria e Ungheria. Per non parlare poi del diritto all’aborto: recentemente in Polonia è stato introdotto un divieto quasi totale. Ciò solleva interrogativi sulla rappresentanza di genere, sulla partecipazione e sulla responsabilità delle donne in posizioni apicali. Nella “Gender Equality Strategy 2020-2025″ della Commissione Europea è riportata in modo molto chiaro ciò che si intende per superamento degli ostacoli che sono frapposti al pieno godimento del diritto all’identità di genere, inserendo l’irriducibile carattere di “intersezionalità”: “The key objectives are ending gender- based violence; challenging gender stereotypes; closing gender gaps in the labour market; achieving equal participation across different sectors of the economy; addressing the gender pay and pension gaps; closing the gender care gap and achieving gender balance in decision-making and in politics. The Strategy pursues a dual approach of gender mainstreaming combined with targeted actions, and intersectionaly is a horizontal principle for its implementation. While the Strategy focuses on actions within the EU, it is coherent with the EU’s external policy on gender equality and women’s empowerment.” L’Europa è stata attraversata ultimamente da un forte vento reazionario di ultradestra. I principali bersagli sembrano essere ancora le donne, i loro diritti, mai acquisiti per sempre. Ecco perché le ragioni dello stare insieme sembrano più che attuali, pace, sviluppo, tutela, diritti. Il lavoro delle madri fondatrici dell’Europa e del fatto che non siano così famose ci parla di una prospettiva patriarcale e di come le gesta di queste donne siano state ritenute, spesso, non meritevoli di menzione.
VALENTINA DI GENNARO
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Bibliografia 
• Ursula Hirschman, Noi senzapatria, Bologna, Il Mulino, 1993
 • Silvana Boccanfuso, Ursula Hirschmann. Una donna per l’Europa, Ge- nova, Ed. Ultima Spiaggia, 2019
 • Eugenio Colorni e Ursula Hirschman, Microfondamenta: passi scelti dell’epistolario, Soveria Mannelli, Rubbettino
 • Rosi Braidotti, Gender, identity and multiculturalism in Europe: 1st Ursula Hirschmann annual lecture on “Gender and Europe”: 8 May 2001, Firenze ,: European University Institute, 2002 
• Senato della Repubblica, Donne che hanno fatto l’Europa Roma, Senato della Repubblica, 2017
• Luisa Passerini e Federica Turco, Donne per l’Europa, Torino, Rosenberg & Sellier, 2013
 • Fabio Masini e Roberto Castaldi, Federalismo: proposte di riforma della convivenza civile, Firenze, Il ponte, 2012,
 • Maria Pia Di Nonno e Sapienza Università di Roma, Le madri fondatrici dell’Europa, Roma, Nuova cultura, 2017
 • Marcella Filippa, Ursula Hirschmann. Come in una giostra, Fano, Aras Edizioni, 2021