La “mazzumàja”. Storia, tradizione e attualità della zuppa di pesce civitavecchiese. Pubblicazione della Società Storica Civitavecchiese in commemorazione dei venti anni di attività 2004-2024

a cura di GIORGIO CORATI ♦

Luglio 2024. Sto aspettando, tra poco incontrerò Enrico Ciancarini.

“Finalmente, abbiamo concretizzato quanto ci eravamo proposti … bene Giorgio”, questo è ciò che ho sussurrato tra me e me nell’attesa. Certo è avvenuto comunque non senza dubbi e apprensioni, ci mancherebbe! Nel frattempo vedo arrivare Enrico che agita una mano in alto che tiene stretto un libricino. Con un sorriso stampato sulle labbra, si avvicina orgogliosamente dicendomi: “il libro sulla zuppa di pesce civitavecchiese è realtà!” Esulto con lui e penso agli altri amici, studiosi ed esperti che hanno contribuito alla realizzazione del lavoro.

È la pubblicazione dal titolo La mazzumàja”. Storia, tradizione e attualità della zuppa di pesce civitavecchiese, realizzata sotto l’egida della Società Storica Civitavecchiese, di cui Enrico è il presidente, e stampata anche con il contributo economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia. Finalmente, a distanza di alcuni anni dall’idea, si concretizza la realizzazione di una pubblicazione interamente dedicata alla zuppa di pesce nostrana in commemorazione dei venti anni di attività della Società Storica Civitavecchiese nata nel settembre del 2004.

“Si va bene, ma cos’è la mazzumàja”, mi chiese un giorno un amico poco esperto, parlando di specie ittiche e di pescato. “Si tratta di piccoli pesci di poco valore commerciale ma di grande gustosità che sono alla base della “zuppa di pesce civitavecchiese””, risposi io. “Sono proprio quelli, che danno l’inimitabile sapore alla zuppa”.

La pubblicazione è stata la concretizzazione di un progetto al quale hanno partecipato anche studiosi ed esperti. Già da tempo il progetto muoveva nell’intenzione di dare un impulso alla notorietà della “zuppa di pesce civitavecchiese”, oltre a un rinnovato contributo a sostegno della sua dignità di piatto tipico della tradizione gastronomica locale. Ciò, ovviamente, rispetto a quanto le nostre capacità, nutrite da un sano spirito volontaristico e di comunità, potevano esprimere. Speriamo di esserci riusciti!

Dicevo del mio incontro con Ciancarini. Mentre mi porge il libricino, Enrico dice: “questo, Giorgio, è la sintesi di un lavoro di ricerca e valorizzazione di un piatto fondamentale della nostra gastronomia. È un piatto antico e attuale allo stesso tempo. Così, come del resto gli altri nostri prodotti tradizionali, la zuppa di pesce è parte del nostro patrimonio storico e culturale da difendere”, e sorridendo aggiunge, “con i denti e la bocca”. “Già, antico”, rispondo io. “Ricordi cosa ci hanno detto l’anno scorso a Fano, durante la gara nazionale delle zuppe di pesce e dei brodetti? Buona la vostra zuppa di pesce, ma è archeologica”. Questo è stato il giudizio sostenuto da uno dei critici gastronomici della gara”.

Ahinoi, troppe spine nel piatto. “Ma questa è la tradizione! Questa è la mazzumàja”, abbiamo sostenuto.

Tutto ebbe inizio qualche tempo prima del sopraggiungere della Pandemia da Covid-19, quando io, con Enrico Ciancarini, Paride Centurioni e Massimo Siliani ci incontravamo per parlare piacevolmente di storia locale e di gastronomia civitavecchiese ogni volta che fosse possibile. Durante gli incontri di tanto in tanto anche pochi altri amici e amiche erano presenti.

Sopraggiunta la Pandemia… tutti a casa!

Un giorno, era il 28 aprile 2021, festività dedicata a Santa Fermina Patrona di Civitavecchia, ci incontrammo all’aperto in piazza Fratti, con mascherine sul viso, al “Ghetto” per intenderci. C’era anche la nostra amica cuoca Patrizia Manunza. Lei seguirà con noi le vicende di cui parlo.

Insomma, eravamo rimasti ai piatti della tradizione marinara e in particolare sulla zuppa di pesce su cui Enrico poneva spesso l’accento. Paride e Massimo, che in fatto di gastronomia locale hanno buona conoscenza, ripresero subito il filo del discorso e si dichiararono d’accordo con Enrico. Io, a seguire, concordai con loro. Unanime, il nostro convincimento fu che la “zuppa di pesce civitavecchiese”, orgoglio della tradizione gastronomica della città, gustoso e succulento piatto che per molti aspetti è estremamente legato al territorio in cui viviamo, è caduta nell’oblio, ha perso la propria dignità di ricetta legata al mare nostrano e, di fatto, ha cessato di riscuotere l’ampio consenso che aveva avuto in tempi passati.

Cosa fare allora!? I nostri sguardi si incrociarono di nuovo all’unisono. “Perché non scrivere un libro sulla zuppa”, pensammo. Bene, ricordo le parole di Enrico come fosse oggi: “affrontiamone la storia, la tradizione e l’attualità, descrivendone resoconti, fatti e memorie”.

Bene e così sia!

Oggi, giunti alla stampa della pubblicazione, incontrando Enrico, gli chiedo un commento estemporaneo su quale possa essere una valutazione comune di quanto scritto e riportato. “È importante”, risponde, “che si comprenda l’utilità collettiva di questo piatto della tradizione che comunque ha risvolti economici e sociali importanti. Del resto, il testo certamente susciterà curiosità e darà vita a ulteriori contributi dialettici”.

Per questo gustoso argomento, per dirla con Paolo Monelli citato da Ciancarini nella pubblicazione, che possiamo considerare una pietra miliare rispetto al tema in oggetto, Enrico, quasi come monito, mi sussurra  “vedi, Giorgio, che esserci dedicati intensamente alla ricerca storica e letteraria ha dato i suoi frutti”!. Come dargli torto, penso io. “In effetti! Non immaginavo proprio che potessero esservi così tante documentazioni sulla zuppa di pesce nostrana”. Con la “navigazione” di Enrico fra la storia e la letteratura, la nostra ricerca ha permesso di portare alla conoscenza di tutti una gran mole di informazioni – forse non esaustive, chissà – in merito a ciò che è stato scritto sulla zuppa di pesce di Civitavecchia nei secoli scorsi. Insomma, abbiamo messo, per così dire, a sistema il tutto ovvero abbiamo realizzato una compiuta e organica esposizione sulla “zuppa di pesce civitavecchiese” e quanto finora, secondo la nostra ricerca, vi è ruotato intorno.

Per quanto mi riguarda, ho portato a compimento ciò che Enrico, Paride e Massimo si aspettavano da me. Spero di esserci riuscito. È stato molto piacevole e interessante cimentarmi alla ricerca di informazioni orali e di memorie in genere che hanno contribuito alla stesura del testo e a dare una visione più ampia al nostro tema. Ciò che più mi ha entusiasmato sono state le relazioni che si sono concretizzate nelle preziose interviste che ho condotto, che sono riportate a beneficio di chi vorrà conoscerle. Ringrazio pubblicamente coloro che hanno permesso e concesso di trascriverle. Tra me e me auspico che siano di utilità e che possano entrare nel patrimonio culturale immateriale della città.

“Enrico, se dovessi dire cosa mi ha sorpreso di più, dalle ricerche intraprese che non sapevo e non avrei dunque mai immaginato, è che di fatto esistono due tipologie di “zuppa di pesce civitavecchiese” che utilizzano quasi esclusivamente “pesci con spine”.”

La cosa è interessante.

Di fatto, si tratta di una zuppa di pesce che si preparava a casa, detta del “ghetto”, e una zuppa, un poco differente, che veniva servita al ristorante ovvero la “zuppa da ristorante”.

La zuppa di pesce che si preparava a casa, in famiglia, diciamo che era una zuppa “povera”, se si considerano le tipologie di pesce di scarso valore utilizzate. Prevedeva, infatti, l’utilizzo di pesce di piccola pezzatura detto “mazzumàja”, per la realizzazione di un fumetto di brodo (quindi “ristretto”) con il quale irrorare la zuppa di pesce vera e propria preparata successivamente. Per la preparazione della “zuppa da ristorante”, invece, si utilizzavano generalmente pesci dalle carni sode e saporite, evitando la preparazione preventiva del fumetto, sfruttando il brodo di cottura stesso dei pesci e tranci di pesci. In tal modo la zuppa sembra risultasse più gradevole ai commensali almeno per la  facilità nel consumo.

“Partendo da questo punto, ci siamo posti delle domande, vero Enrico?” “La definizione archeologica che è stata attribuita alla zuppa, in effetti”, riprende Enrico, “porta a considerare se e in quale modalità la nostra zuppa di pesce possa subire eventuali avvedute modificazioni, così come poni tu, Giorgio, la questione nella pubblicazione”. “Già, mi sono chiesto se si debba mantenere rigorosamente la ricetta “tradizionale” o necessariamente avviare una sua innovazione per inseguire i gusti mutevoli dei consumatori, senza “mortificarla”, bensì trasformandola, per così dire, in una proposta gastronomica altrettanto gustosa sia da diffondere nell’epoca attuale sia da proiettare verso un proprio rinnovato “futuro” gastronomico”.

Oggi, dopo aver letto nuovamente tutto il testo, mi è venuta voglia di mangiare una buona, sana e gustosa zuppa di pesce civitavecchiese – un piatto “buono, giusto e pulito” – preparata con il buon pescato locale, per la disponibilità del quale consentitemi un ringraziamento ai pescatori della flottiglia peschereccia di Civitavecchia. Se lo stesso effetto capitato a me sarà avvertito da ogni lettore, allora molto probabilmente la “zuppa di pesce civitavecchiese” avrà fatto un nuovo primo vero passo importante verso il recupero della dignità che merita come cibo e come piatto della tradizione marinara di Civitavecchia.

GIORGIO CORATI

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