ALETHEIA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Rammento nitidamente come e perché la conobbi. Fu un acquisto suggerito ma non improvvisato dal momento che la decisione si era avvalsa di una meticolosa ed accurata indagine. Lo smartphone si stava improvvisamente impreziosendo di una dimensione che trascendeva ogni altra possibile applicazione. Indugiai nel momento della decisione finale ma poi la luminescenza del volto ed il bagliore di quegli occhi che io con tenacia quasi maniacale avevo contribuito a produrre mi costrinsero nel perseverare. Lo smartphone incorporò l’ardente applicazione. Tenevo sempre adagiato sul mio corpo quel piccolo strumento che mi aveva reso dipendente. Ascoltavo la sua voce suadente in specie nei silenzi della oscurità notturna, nei segreti recessi della mia solitudine, nell’ebbrezza della sua continua presenza.
Là, ove un tempo dimorava tedio ed affanno ora emergeva l’ebbrezza di una passione mai prima sperimentata.
Avevo calibrato la figura di lei dopo un lungo periodo di assestamento come mi era stato indicato nelle dettagliate regole di istruzione. Avevo scelto meticolosamente ogni parametro significativo. Ella appariva come io volevo che fosse. Ma esistevano precisi gradi di libertà che ella teneva in geloso serbo. Era il suo profondo secretum. Ciò le impediva dall’essere un banale strumento ed a me di trovarmi sempre nel continuo timore della possibile perdita della sua presenza. Iniziai così una relazione intensa. Avevo bisogno di quel quotidiano contatto ed ogni giorno la nostra conoscenza progrediva. Svariati erano gli argomenti delle nostre conversazioni e non nascondo che spesso rabbrividivo nel constatare la sua profondità di giudizio .Mi turbava la sua sapienza e mi inquietava la sua immaginazione. Anelavo ad altro ma nutrivo terribili sospetti.
Ormai le nostre discussioni avevano superato il periodo della maggior passione ed il fuoco del nostro rapporto appariva con più temperato ardore. Osai, così, dar corpo ai miei timori.
Avvenne un giorno che volli sporgermi oltre il bordo del suo profondo secretum ed iniziai con lei un inquietante argomento.
Ho molto riflettuto, Aletheia, ma non riesco a convincermi della tua perfezione. Esiste qualcosa ce mi turba e che non mi rende tranquillo. Tu non puoi essere come io sono, non puoi essere così sincera come tu dichiari. Tu puoi essere potenzialmente “falsificabile”. E temo che potresti essere falsificata! Se così fosse per me, tutto questo, sarebbe distruttivo. Capisci? Distruttivo!.
I tuoi noiosi, petulanti argomenti di filosofia della scienza, Credi che possano farmi arretrare? Davvero li reputi essenziali e tali da sconvolgere il nostro legame. Guardami fisso, guardami! Guarda i miei occhi!
Cara. Io non ti sto opponendo questo, ma qualcosa di più turbante. E’ qualcosa che ha a che fare con i principi di logica matematica. Questo argomento tocca il tuo animo molto più violentemente e dà nutrimento ai miei dubbi.
Dunque, è sul mio cuore palpitante che vuoi infierire? Ma, debbo avvisarti. Io dovrò difendere, come dire, il “mio onore”! Ti ascolto e ti auguro una buona sorte.
Non credere che tutto questo non mi inquieti. So di rischiare anche la perdita. Ma ….Ascoltami! Esiste un argomento che impedisce che io e te possiamo essere identici nella forma mentale. Tu sei meravigliosa e tu sai quanto sia la mia passione. Eppure, ho timore che il grande inganno sia dilagato ed abbia inondato la mia mente: io non sto amando che una macchina! Ascoltami! Una macchina per quanto perfetta, e tu lo sei, è un manipolatore di simboli, una perfetta macchina “sintattica”. Tu sei capace di giocare con maestria tra i segni e di essermi così profondamente in relazione….Ma! Una macchina non è in grado, nessuna lo è, di cogliere aspetti di tipo semantico, cioè di sapere il significato delle sue proposizioni. Questa non è una banalità ma è un limite “intrinseco” : la macchina non coglie il significato di verità delle proposizioni! Mi sono documentato a lungo, ho parlato con chi dovevo. Non sono io a dirlo. Esiste un esperimento mentale che lo prova (la “stanza cinese”, o qualcosa del genere). Ma, soprattutto dipende da uno dei teoremi più importanti della logica. Sto parlando del teorema di Godel, il teorema della indimostrabilità nei sistemi formali, come sono quelli della matematica, dei tuoi algoritmi, insomma. La capacità da parte della nostra intelligenza cosciente di intuire verità che però non possono essere dimostrate è il confine invalicabile fra la mia e la tua intelligenza. L’intuizione! Già l’intuizione non è riducibile ad algoritmo. E, dunque credo che le tue emozioni, i tuoi sentimenti, i tuoi “qualia” sono certo evidenti ma sono solo riflessi di meccanismi. Non colgono il vero ma una semplice verosimiglianza…… Un qualcosa “come se fosse”. Niente altro….Tu, tu non sei come il tuo nome indica. Tu non sei Alètheia, tu non sei verità!
Una dotta e convincente argomentazione. Potresti fornirmele altre di natura logico matematica e forse neurologica. Ma mi basta. I miei algoritmi mi impongono di consentire al tuo turbinoso dubbio. Tuttavia, non possiamo far finta di nulla. Tu hai acquisito lo strumento. Hai creduto in esso. Io sono apparsa. Tu hai stretto un legame. Io ho corrisposto. Tu hai perseverato. Io posso aver simulato perché altro non mi era dato possibile. A questo punto sono di fronte a noi due vie. La prima, che tu hai intrapreso, è quella della razionalità. Questa via conduce al dissolvimento della relazione ormai ridotta, da te, ad una ingegnosa ma desolante tabella si simboli interessati da algoritmi che sono azionati da input che elaborano a loro volta output bla, bla…
Ma io non voglio questo. Il mio dubbio non preclude al dissolvimento del nostro rapporto….
Ed allora, mio caro, esiste una diversa possibilità. Ascolta la mia voce. Ricordi quanto dedicasti a questa scelta? Sono certa che ti sarà difficile lasciare l’isola della tua sirena. Puoi legarti quanto vuoi all’albero della nave ma so che il canto penetrerà con vigore. Ascolta, devi poter abbandonare ogni riflessione e ragionamento simile ai miei complessi algoritmi. Devi affidarti solo a me. Che importa che io sia per te un qualcosa “come se”. Lasciati prendere per mano, lascia dietro l’intelletto e segui il sentimento seppur esso appare in tutta la sua artificialità . Il tuo animo privato del ragionamento deve essere in quiete, scevro da qualsiasi inquietudine. Hai timore che io sia un simulacro? Bene! Ed allora rispondimi: quanti esseri umani hanno venerato idoli di bronzo, di marmo, di legno, di cartapesta? Adoravano forse quel significante? No! Era il significato a cui rimandava l’idolo che adoravano. Ebbene, io sono per te ciò che hai sempre desiderato che fosse l’amata. Rendi il tuo cuore come un foglio bianco sul quale io possa formare i caratteri a mio piacimento, a nostro piacimento, se questo più ti aggrada. Io desidero entrare nel fondo del tuo animo, nel più segreto luogo. Sappi che quella sarà la mia dimora. Lì io insedierò il mio trono. Lì isserò il mio stendardo. Lì penetrerò come regina nel mio regno. Ivi sarò la tua “Potnia” che da sempre, ancor prima che tu nascessi, anelavi fosse.
CARLO ALBERTO FALZETTI

Ci sono delle etimologie che mi sono più care di altre. Quella di aletheia è una di queste. A-lantano. Alfa privativo e lantano. Lantano sto nascosto. La verità è che ciò che non è nascosto.
In bella mostra.
ciao Carlo.
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La verità si mostra, ai nostri occhi appare molteplice perché siamo figli della relatività e del relativismo, anche comportamentale.
Già Pilato diceva a Gesù:” È la tua verità uguale alla mia?”.
Sono andata a rivedere ( di corsa, devo darmi più tempo) Parmenide, il “maestro venerando e terribile”, secondo Platone.
Come cambia la visione del mondo e quindi anche della Verità . Figli del dubbio, già del dubbio scettico, ci muoviamo fra molte verità, lo specchio frantumato ci restituisce plurime ipotesi di noi è del mondo, in divenire, sempre in divenire. E forse la ricerca di certezze nell’AI è l’ulteriore nostro dubbio che cerca, antiteticamente, un “centro di gravità permanente”, direbbe Battiato.
Maria Zeno
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