L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE POTRA’ UN GIORNO ASSIMILARSI ALL’INTELLIGENZA UMANA?

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

E’ possibile che nel futuro si possa asserire che l’intelligenza costruita dall’uomo (I.A.) possa replicare perfettamente la stessa intelligenza umana (I.U.). Cioè che I.A. = I.U. ?

Allo stato attuale esistono tre possibilità di trattare la mente:

  • Dualismo forte fra mente (res cogitans) e materia (res extensa), la mente è cosa diversa dal corpo.
  • Riduzionismo della mente al cervello, la mente non è altro che l’attività del cervello (la mente è il SW, il cervello l’HW).
  • Superamento del dualismo forte evitando totalmente il riduzionismo, la mente è il cervello ma “anche” qualcosa d’altro.

 

Se il punto 2 è accettato la domanda iniziale ha una risposta positiva: I.A. = I.U. Negli altri due casi la risposta è negativa: I.A.I.U.

 

Che vuol dire dualismo forte? La materia come semplice materia non potrà mai pensare! Come può, ciò che è materia,  pensare? Ciò che pensa è qualcosa che non è materia ma che potremmo chiamare per distinguerla come “ materia pensante” (lunga è la denominazione nella storia di questa materia che non è materia: nefesh, ànemos, psychè, pneuma, nous, mens, anima, rex cogitans…) Questa materia pensante così diversa dalla materia estesa è indipendente dal corpo. La materia è estesa, occupa spazio. La mente è cosa non estesa, non ha spazio. Il corpo è una macchina strettamente unita alla mente ma di sostanza completamente diversa. Due sostanze unite ma “potenzialmente” separabili (come la polpa ed il nocciolo di un frutto). In termini decisamente forti la mente potrebbe sussistere anche “senza il corpo”. Oggi il dualismo, nella sua versione forte, sembrerebbe superato (sono stati dualisti il Nobel Eccles ed il grande filosofo della scienza Popper che pongono una corrispondenza biunivoca fra eventi mentali ed eventi materiali del cervello, gli eventi del pensiero andrebbero come contenuti oggettivi a stratificarsi in un Mondo 3 distinto dalla realtà materiale e da quella psichica.

 

Il riduzionismo si oppone decisamente al dualismo. La materia (ed il cervello è materia) pensa! Tutta l’intera psicologia ha poco senso come scienza dal momento che tutto si riduce a semplici meccanismi del cervello,  Ma con l’opporsi così fortemente al dualismo il riduzionismo finisce nel vanificare del tutto l’autonomia del pensiero perché non è possibile pensare a ridurre la mente al cervello come sembrano intendere queste frasi: io sono il mio cervello, il neurone vede,  i lobi frontali decidono….. Chi pensa in tal modo produce una fallacia logica: la fallacia mereologica (mèros, parte) ovvero pensare di attribuire alla parte (cervello) ciò che riguarda il tutto (l’individuo).  Ovvero attribuire effetti psicologici, che appartengono alla totalità individuale, alla componente neuronale. Solo l’individuo pensa, ha sensazioni nella sua unitarietà. La tentazione è di ridurre la coscienza a stati funzionali e “computazionali” (il cervello è l’HW, la mente è il SW, il pensiero ridotto a calcolo). E’ questa la base fondamentale da cui si parte per affermare una possibile convergenza del tipo IA. = I.U. ( con la macchina intelligente ho convertito il carbonio del corpo nel silicio dei circuiti elettronici), La mente è una sorta di computer per cui le reti neuronali umane e le sinapsi (scambi fra neuroni) possono essere replicate artificialmente per creare macchine intelligenti che “sembrano” comportarsi come un umano superando così il “test di Turing”. La filosofia della mente è ridotta a combaciare con la neuroscienza ( gli autori sono molti e di area americana: Quine, Churchland, Dennet, Rorty, Putnam..)

Il terzo momento è il superamento del dualismo forte mantenendo autonomia al pensiero senza ridurlo ai circuiti neuronali (Searle fra tutti)

Queste le teorie in campo. Tentiamo a questo punto di prendere una posizione fra le tre teorie.

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 Ma che cosa è  mente?

Possiamo pensare al corpo in due modalità. Korper è l’organismo, la “cosa” oggettivabile. Leib è il corpo che io sento, è il mondo della vita, il soggetto che non è nel mondo ma che ha un mondo, il proprio vissuto. Il corpo denudato esposto all’osservazione medica passa dall’essere un Leib ad un oggetto di attenzione, un Korper (da ciò il “pudore” che noi si prova nell’essere esposti all’osservazione invasiva di chi diagnostica  ). Appartiene al Leib disporre di una parte vegetativa e sensitiva. Ma l’umano dispone anche di una parte razionale (noetica).Questa parte non ha una valenza “quantitativa” nel senso che è presente in quantità maggiore rispetto all’animale. La razionalità, la componente noetica, è una “differenza radicale”.  Come possiamo provare che questa differenza è sostanziale?

 Gli elementi che sono alla base della differenza radicale sono molteplici. Innanzitutto il linguaggio (il logos) che non è solo un mezzo di comunicazione come esiste nel mondo animale solo più sofisticato. Il linguaggio fa apparire ciò che trascende l’uomo: un essere finito che pensa l’infinito! (si pensi alla teoria degli insiemi di Cantor che tratta di numeri cardinali “transfiniti”, all’ipotesi del continuo…all’infinito filosofico)

Altro elemento base è il pensiero della morte: tutti gli esseri del modo muoiono ma solo l’uomo “sa di morire”(argomento trattato in un articolo precedente parlando di Rilke).

 Insomma, la parte noetica dell’umano trascende la sua condizione, va oltre la sua situazione di essere finito. E’ certo materia, ma materia pensante, materia che contraddice se stessa. Da qui il mistero di tale ente: materia in contraddizione con la materia! La mente pensa in termini di universalità riuscendo a de-situarsi, a trascendere, a stare oltre (ek-stasi). E’ materia ma sembra superare la materia.

Ecco perché mentre gli enti sono nel mondo, inseriti nel contesto, l’uomo è di fronte al mondo come soggetto di fronte all’oggetto. Tutto questo è dato dalla componente noetica (cioè il pensiero).

Ma questo pensiero non è sostanza staccata dal corpo (Lieb) come il dualismo cartesiano voleva. Non è più accettabile distinguere oggi tra mente e corpo. Lieb è mente-corpo! Il dualismo è rigettato! Ma è rigettato anche il riduzionismo mente-cervello! In sintesi: il problema non è il dualismo mente- corpo ma quello che si basa su corpo-mondo. Chiariamo meglio questo concetto chiave.

In sostanza il vero scoglio per il riduzionismo è spiegare la “coscienza”. Come è possibile che il cervello possa produrre esperienza qualitativa che ognuno ha come “soggetto”. Il computer maneggia simboli in modo estremamente veloce e più efficiente dell’uomo ma non è in grado di interpretarli, di comprenderne il significato (esperimento della “stanza cinese” in opposizione al test di Turing). La complessità del cervello è tale da sconvolgere l’ardita teoria del cervello come computer: basti pensare a queste cifre,  10 miliardi di neuroni e 1 milione di miliardi di sinapsi!

La nostra coscienza ha, ed è questo il punto chiave, la caratteristica, impensabile per una macchina computazionale, di essere “intenzionale”, ovvero di dare senso agli oggetti , di avere una tensione verso un fine (la coscienza ha sempre un oggetto, non è una scatola nella quale si inseriscono i dati della realtà ma è una sorta di faro che illumina il reale) . Questa intenzionalità è la grande differenza fra lo stato mentale e qualsiasi processo fisico!!

Ed ancora, potremmo asserire che, data l’intenzionalità, non esista la “realtà” ma solo l’interpretazione della realtà. La realtà è un pretesto per la nostra interpretazione della stessa. Quando parliamo di una cosa noi parliamo della  nostra interpretazione della cosa e, a sua volta, è la realtà ad interpretare il soggetto (circolo ermeneutico). Insomma, il concetto chiave (contrario al comune senso) è che il modo di stare al mondo di ogni essere umano è commisurato all’apparato percettivo umano ed al suo modo cognitivo. Apparato umano che non è un assoluto ma un “relativo”. Utilizzando un vecchio concetto classico è come se noi avessimo  un bel paio di occhiali colorati per cui il mondo assume “quel” colore e non altri : correlazionismo fra mondo e soggetto. Si può vedere il mondo senza questi occhiali? NO! Ed ecco, allora, la domanda senza risposta: come è il mondo senza di noi? Questa è tutto fuor che banalità!

La fisica quantistica è molto vicina a questi concetti (si pensi solo al principio di indeterminazione di Heisemberg!. Il nostro modo di conoscere influenza il mondo. Basta leggere il testo di Revelli, La realtà non è come appare

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Ma dove si trova la mente?

Non si trova nel cervello!

 Il cervello è la condizione necessaria ma non sufficiente. Un esempio può chiarire. Una macchina intelligente è di fronte ad un umano. Come faccio a sapere che la macchina “pensa”? Non è guardando dentro i suoi meccanismi che trovo la risposta ma solo attribuendo alle sue azioni un comportamento che “io reputo” intelligente. Dunque debbo guardare all’esterno della macchina: pensare è agire in un modo che la comunità reputi sia un modo  intelligente.

 Il pensiero non è una attività privata ma “sociale”, stratificata in secoli di sapere e tramandata socialmente con documenti, libri, educazione (pensiamo ad una biblioteca come ad una vistosa “protesi cognitiva” del suo possessore)

 La mente non sta nel cervello. La mente ha nel cervello la sua base operativa ma è una costruzione sociale (si pensi al linguaggio!). Il pensiero è certo una attività interna ma che implica, se è veramente pensiero, un criterio esterno di validazione per essere inteso come intelligente; è un fatto sociale, storico, ambientale. Il cervello è solo un potente meccanismo deterministico (è assurdo concedere ad esso etica, responsabilità, estetica…) che permette di produrre le condizioni materiali  per svolgere il pensiero che è fuori, all’esterno come produzione sociale.

 L’homo sapiens  si è , nel corso evolutivo, differenziato dal resto dell’animalità per vivere in comunità ed in interrelazione. Il pensiero è questo grande deposito di conoscenza tecnica, di linguaggio, di scambio, di produzione concettuale che ha differenziato il modo di comportamento rispetto al resto degli animali permettendo, come conquista collettiva, un sapere esteso teorico e pratico.

L’esistenza di questi caratteri del processo mentale (coscienza intenzionale, circolo ermeneutico, socialità) impedisce definitivamente l’identità  I.A. = I.U. (il che non impedisce di utilizzare al meglio il grande progresso di questa intelligenza seconda). Insomma, io trasferisco nella macchina il processo logico computazionale, dall’uomo alla macchina guadagnando in efficienza. Ma il pensiero umano è solo logico computazionale? Questa altra parte del pensiero, quella NON logico computazionale, sembrerebbe, per gli argomenti sopra esposti, non essere trasferibile, dunque, per tale ragione la non coincidenza fra le due intelligenze. Non sarebbe una questione di tempo bensì di impossibilità!

 Una qualche forma di dualismo si rende, dunque, necessaria. La riduzione della mente al cervello è, così, tesi inadeguata.

Cartesio, che i più non hanno mai approfondito come si deve, è redento! Basta aggiornarlo con le scoperte della neuroscienza e fare qualche distinzione che ai suoi tempi non si poteva.

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Un punto fondamentale: stiamo parlando di uno strano oggetto. L’oggetto è il soggetto. Colui che pensa tenta di parlare del pensiero che esso stesso pensa. Questo effetto di retroazione non è di poco conto nel rendere complesso il problema.  

CARLO ALBERTO FALZETTI

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