La differenza tra moltiplicarsi e riprodursi.

di VALENTINA DI GENNARO

In questi giorni, da più prospettive, mi è arrivata spesso la sollecitazione alla riflessione sulla differenza che intercorre tra moltiplicarsi e riprodursi.

Rosella Postorino qualche giorno fa ha pubblicato un post su Facebook in cui raccontava come molte sue amiche avessero postato la foto di sé stesse con il pancione. Questo ha scatenato un dibattito sotto il post che nulla aveva a che vedere con il testo pubblicato.

Interrogandoci ancora una volta sia sulla polarizzazione del dibattito sia su una crescente difficoltà di comprensione dei testi.

Sostanzialmente il pubblico era diviso tra chi riteneva volgari le foto e chi invece pensava che la gravidanza, la gestazione, fosse l’unico percorso al fine del quale dirsi “madre” e che quindi in quanto tale andava celebrato assolutamente.

Subito, ho pensato al primo libro postumo di Michela Murgia “Dare la vita”. Ad un certo punto si legge: “ Il primo marcatore della queerness è la generazione di volontà, la capacità non di “ri-prodursi” banalmente animalesco o industriale, capitalista, consumistico, ma quella di moltiplicarsi, un verbo che relega il sangue a una delle possibilità di essere e restare umani, ma non l’unica e forse alla fine neanche la migliore possibile. Ogni volta che si lascia alla legge corrente la possibilità di decidere chi è figlio e chi non lo è, chi è genitore e chi non lo è, si sta dando ai governi la possibilità di discriminare le persone in base ai corpi e alle loro funzioni, definendo cosa è normale e cosa è marginale, cosa può essere legittimato e cosa si può perseguitare. Rivendicare la generazione di volontà non è solo una possibilità per le famiglie che non ne hanno altra, ma è una battaglia per la libertà di chiunque – perché chi vuole controllare i corpi di qualcuno alla fine cercherà di controllare tutto.”

Con Murgia si può essere più o meno d’accordo. Può stare più o meno simpatica, come se la categoria della simpatia fosse stata mai usata per definire un intellettuale uomo.

Quello che di Murgia non si può dire è che non sia stata una intellettuale e che ci e mi manchi terribilmente.

Sempre negli ultimi giorni abbiamo assistito anche alle elezioni in Francia, convocate e svolte in tempi record, record almeno a confronto con i tempi d’oltralpe. Il primo turno ci aveva consegnato un preoccupante quadro di spostamento verso la peggiore destra di Marine Le Pen. Nel turno di ballottaggio invece, davanti al pericolo neo fascista, l’elettorato si è espresso eleggendo 182 seggi per il Nuovo fronte popolare di Jean Luc Melenchon, 168 per Ensemble, la coalizione macroniana, e 143 per il Rassemblement National alleato con i repubblicani di Eric Ciotti. Con questi numeri nessuna coalizione può raggiungere da sola la maggioranza assoluta di 289 seggi sui 577 che compongono l’Assemblea nazionale. In questo scenario il rischio è una mozione di censura, cioè di sfiducia, all’Assemblea nazionale.

Perché metto in relazione la necessità di moltiplicarsi che ci ricorda Murgia in relazione alle elezioni francesi.

Perché il leader  de la France Insoumise dovrebbero governare, senza distinzione tra falchi e colombe. Ed è bene, per la nostra discussione iniziale ricordare il suo discorso sulla riproduzione capitalistica e il tempo.

“La verità è che non hanno capito perché siamo qui. Noi non difendiamo soltanto il diritto di godere una pausa nell’esistenza. Ma soprattutto affermiamo che il tempo della vita, quello che conta, non è soltanto quello considerato utile perché dedicato a produrre. Il tempo libero non è un tempo di inattività ma un tempo di cui possiamo disporre, di cui possiamo decidere cosa fare: vivere, amare, non fare nulla, se così ci piace, occuparci dei nostri cari, leggere poesia, dipingere, cantare, oziare. Il tempo libero è quello in cui abbiamo la possibilità di essere totalmente umani. Ecco di cosa parliamo […] Perché bisogna produrre di più? Il problema non è più produrre di più, ma produrre meglio e per farlo dobbiamo lavorare meglio e dunque lavorare meno! La chiave di una sinistra ecologista sta nel ripartire equamente la fatica del lavoro, Mélenchon conclude: «Viva la vita, abbasso la morte!».

Ecco perché basta con il chiamare le associazioni antiabortiste, pro vita, come se gli altri fossero pro morte. Basta con la logica del riprodursi, pensiamo a moltiplicarci. Lo dico da madre che è stata gestante e nutrice dei suoi figli: mi sono sentita, e mi sento, nel cammino della genitorialità, così come in quello politico, assolutamente moltiplicata e non riprodotta.

VALENTINA DI GENNARO

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