CARO MARCO
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Caro Marco,
escludendo una breve fiammata, dopo oltre vent’anni le forze progressiste ritornano ad amministrare. Tu ne sei il protagonista di prima linea. E’ certo una grande soddisfazione. Porti un cognome che ti accredita pienamente nelle file della sinistra. So di quanto tu ne sei fiero.
Permettimi, dunque, di avanzare alcune riflessioni all’interno del nostro comune laboratorio di idee che certo ha contribuito al risultato da molti di noi efficacemente auspicato, seppur nei toni pacati tra le pieghe di tanti articoli per via del dovuto rispetto delle altrui posizioni.
Trascorso il momento di entusiasmo, da parte di molti osservatori si attende il mesto consueto moto di rivincita, lo scontato spirito di rivalsa di entità pari alla lunga ed estenuante posizione politica di opposizione. Prassi comune, si dirà. Scontata azione da tempo immemore seguita e prescelta in particolare dalle forze di centro-destra.
Mi chiedo a tal proposito se questa prassi debba essere perseguita inneggiando ancora una volta allo storico “vae victis” !
Lungi da me il pensiero, spesso soffocante ed ingenuo, del “politicamente corretto”. Vorrei alzare il livello delle osservazioni di qualche palmo e trattare di cosa significhi una “vera” proposta di centro-sinistra che voglia porsi come tale e non essere solo una semplice alternanza di potere.
Il nostro amico Segretario del PD ha osservato, nel tripudio generale del giorno dello spoglio, che Civitavecchia ha espresso un possibile micro laboratorio di “campo”. Prendendo spunto da ciò avanzo l’idea che la città potrebbe essere un laboratorio, oltreché di strategia partitica , anche di una particolare prassi politica che si discosti nettamente dal passato dato per scontato dai più.
Il Programma che hai presentato include tutti i punti necessari per attuare un deciso cambiamento. Avendolo letto con attenzione vorrei soffermarmi sul tema trattato nel capitolo dedicato alla “Solida rete di rapporti inclusivi” che reputo fondamentale per la strategia amministrativa ed il consolidamento del consenso. Tenterò di dimostrare che questo non è un punto di un lungo elenco di atti da fare ma costituisce una varabile strumentale essenziale.
Che significa un “vero e autentico” centro-sinistra?
Tante le cose che lo differenziano dalla parte ad esso opposta ma, principalmente, disporre di una “visione” nel governare evitando la logica del “giorno per giorno”. Ma, punto chiave, è la modalità attraverso la quale si agisce. Lo spirito con cui il fare si qualifica. La parte “soft” dell’azione amministrativa.
L’amministrazione della città richiede atti, disposizioni, scelte spesso complesse e difficili. Non sarà certo il sottoscritto a suggerire azioni ben sapendo della tua esperienza e della squadra che ti affiancherà. Ma il tratto distintivo del centro-sinistra non può prescindere dalla modalità attraverso la quale si amministra la quotidianità.
Se si è andati al potere è perché la città debba essere sottoposta a riforme oltre che alle azioni ordinarie. Ma fare riforme senza “riformismo”(coinvolgimento della popolazione ai vari livelli) non dovrebbe rientrare nei principi del centro-sinistra. L’arco temporale delle riforme e del riformismo va oltre il quinquennio. Per assicurare questo arco temporale necessita il “consenso programmato” e non quello elettorale di per sé effimero. Consenso programmato significa andare ben al di là degli “affezionati” spingendosi oltre le barriere per interessarsi di chi ha espresso voto contrario. Tutto ciò significa agire fin da subito sul fronte della società civile in senso lato attraverso i classici strumenti ben sperimentati virtuosamente altrove. A sua volta il partito è determinante per incalzare l’Amministrazione verso la via di scelte adeguate e per l’informazione circa le esigenze della popolazione. Ma la società civile va al di là del partito dal momento che può esprimere visioni politiche di segno opposto. Avere quale interlocutore una società civile significa veramente “essere il Sindaco di tutti”:
La società civile nella nostra città si compone già di una rete di associazionismo culturale e solidaristico. Ignorare , come si è fatto in passato tale rete solo perché pensata in possibile competizione con il potere eletto è demenziale! Al contrario necessita sollecitare le reti esistenti e facilitarne delle nuove. Per far questo è necessario il coraggio di ascoltare e di evitare il male fin troppo diffuso di avvicinarsi alla società civile con il classico atteggiamento strumentale. Bisogna riuscire ad accettare una sfida che non ha precedenti: riconoscere che per amministrare bene e con prospettiva decennale bisogna aver costruito una base cittadina attiva e riflessiva rigettando la logica, sempre perseguita nel passato, della fedeltà prezzolata. Avere un particolare coraggio: comprendere che si amministra non solo con la squadra ma anche per mezzo della società civile organizzata in modo, certo autonomo, ma che può dare un grande contributo agendo. Una sorta, se si vuole, di amministrazione a “campo largo”(civilistico, non partitico). Una amministrazione comunale che moltiplica il suo potenziale di azione dal momento che si avvale anche della comunità organizzata ( in Emilia e Toscana è prassi sperimentata).
Un riformismo partecipato, dunque. Un riformismo i cui flussi di cittadinanza scorrono in “tutte” le varie direzioni, in alto quanto in basso , tra i simpatizzanti e gli “avversari” sfuggendo, comunque, dai rapporti clientelari fondati sul binomio patrono-cliente e sulla logica irriverenza-deferenza ( quest’ultima acquisita solo perché “compensata” attraverso lo scambio di favori contro fedeltà).
Ci fu un tempo nella nostra città (come altrove) in cui si dava per scontato il governo progressista. Abbiamo imparato nel più recente passato che la leadership è una conquista faticosa e non sempre raggiungibile. Abbiamo sopportato un costo elevatissimo rimanendo ai margini per due decenni. Abbiamo veramente imparato dal dolore delle sconfitte (l’antico pathei mathos)? Se la risposta è affermativa allora dobbiamo essere in grado di trasformare questo responso elettorale (da considerarsi sempre con la dovuta prudenza stante i bassi valori di affluenza) in un vero punto di svolta che sia di schietta natura “strutturale”. Compito senza dubbio difficoltoso (non avendo modelli del passato prossimo da imitare, ahinoi!) ma perseguibile con l’ottimismo della volontà.
In breve sintesi, tre obiettivi:
l’obiettivo immediato è fare una squadra amministrativa che accetti consapevolmente l’onere del proprio compito e non sia lì per il solo narcisismo del potere;
l’obiettivo intermedio è sapere: saper ascoltare (variabile rara) , saper comunicare (variabile chiave, quasi mai perseguita dalle Amministrazioni se non nella misera azione elettorale!), saper dare fiducia all’esistente associativo, saper promuovere nuove reti relazionali anche accettando critiche (il sale del buon governare);
l’obiettivo finale è acquisire il consenso dell’”altra parte della luna”.
Tutto questo ha un solo nome: rafforzare il CAPITALE SOCIALE considerandolo di pari valore rispetto al capitale fisico, strumentale, finanziario della città. Le riforme hanno a che fare con queste ultime tre tipologie di capitale. Il riformismo riguarda il capitale sociale.
Se, infine, vogliamo attribuire un nome di più vasto respiro potremmo dire che questo è il vero modo di far ”cultura” nella città che non può essere semplicemente ridotto alle sagre, feste patronali, ricorrenze varie, mercatini, folklore, intrattenimento e quant’altro di similare.
Tutto quanto detto è presente nel Programma della tua coalizione. Dunque perché ribadirlo? Semplicemente perché penso che, come ha cercato sinteticamente di dire, estrarlo fuori dalla massa degli intenti si attribuisca ad esso la valenza che merita.
In bocca al lupo a te e a noi tutti.
CARLO ALBERTO FALZETTI
* L’immagine di copertina, ridotta per necessità editoriali, è di Enrico Paravani.

condivido ma il problema di questa città è che il capitale sociale è modesto e tocca incrementarlo con opportune azioni
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Aggiungo alle puntuali riflessioni di Carlo l’opportunità di sperimentare l’impiego delle tecnologie della comunicazione in funzione di partecipazione democratica e censimento di esigenze diffuse. Ci sono opportunità di innovazione ancora poco esplorate.
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