AGILE GUIDA ALLA TOMBA FRANCOIS DI VULCI.
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
ROMA, 608 a.c. TARQUINIO PRISCO felicemente regnante. Tanaquil sua consorte.
TANAQUIL- Il sangue nostro dovrà continuare a dominare Roma. Tarquinio, mio ottimo marito, noi dobbiamo succedere a noi stessi pur se abitanti, un giorno il regno di Ade. Stirpe tua continuerà l’opera che iniziasti a favore della plebe, avversando l’immobilismo dell’aristocrazia tradizionalista. Hai sempre amato fare di questo approdo fluviale una novella Corinto, tua avita patria, aperta all’esterno. Quanto pesa su tutto questo tuo proposito la soffocante tradizione latina, quel mos maiorum, quei costumi che impediscono il progresso?
TARQUINIO.- Tu mi parli di successione del potere ma sai bene che tutto ciò è vaneggiamento, pensieri che hanno la stessa consistenza dei sogni. Ciò è impedito dalla Legge romana. Non può subentrare al re propria discendenza. Regola antidinastica lo impone. Il nostro unico figlio maschio, Gneo, non potrà mai succedermi. Siamo riusciti nell’opera io e te, fuggiti da Tarquinia e grazie alla dea Fortuna al nostro fianco il trono è stato guadagnato. Non potremmo mai ripetere l’evento d’un tempo.
TANAQUIL- L’astuzia può annullare la Legge. Ascoltami. La nostra serva, Ocrisia, dovrà giacere a letto con te. Io accetto questo oltraggio al mio onore per un fine superiore. Avrai un figlio da lei, sangue del tuo sangue. Nessuno saprà di questo. Trasformeremo il concepimento in una tremenda ierogamia. Questa la storia prodigiosa che diffonderemo. La serva sarà gratificata di divina grazia dagli dei per aver concepito mercé un fallo sacro apparso in quel focolare domestico che ella quotidianamente accudisce. Il seme che la feconderà sarà rampollato da un tuo illustre Lare. Spargeremo questo racconto prodigioso fra il popolo. Quando sarà giunto il momento adatto tu, o re, indicherai il figlio di una serva benedetta dalla grazia alla quale è stata concessa l’ unione divina. La Legge romana è così piegata al nostro volere. Nessun altro saprà mai la verità.
TARQUINIO- E di Gneo, che ne sarà? Quale il destino del figlio che ho avuto con te?
TANAQUIL- Ogni cosa a suo tempo. Per il bene della famiglia necessita ora di pensare alla successione. Quando un giorno tu dovrai, perché sazio di anni e di potere, cedere il trono al divino bastardo vedrai che anche per Gneo, mio figlio e tuo figlio, il destino non sarà per lui amaro. Ricordati da dove siamo partiti. Tu figlio di uno straniero di Corinto, ricco certo ma sempre ai margini di Tarquinia. Io di nobile rango tarquiniese ma mai troppo paga di potere. Oggi potere riscalda i nostri giorni ma è il futuro che dobbiamo onorare, quel futuro che non ci vedrà più in vita.
TARQUINIO- Quale il nome che daremo al bastardo da te pensato?
TANAQUIL- Nulla nel suo nome dovrà palesare la tua discendenza. Alle plebi suonerà armonioso il nome di una servile discendenza e per confermare l’assenza di un padre umano basterà che il bambino porti il cognome materno. Questo il nome: Servio Tullio.
ROMA,578 a.c., trentanni dopo.
Gneo Tarquinio figlio di Tarquinio Prisco e di Tanaquil impossibilitato a succedere al padre, a causa della “regola antidinastica romana” , cova la sua vendetta nei confronti di quel bastardo divino concepito dal padre con la serva Ocrisia ed indicato successore del padre al trono di Roma. Muove, dunque, battaglia contro il proprio genitore, il re Tarquinio Prisco che è naturalmente sostenuto da Servio Tullio, il divino bastardo suo “fratellastro”. Quest’ultimo è aiutato da capitani di ventura provenienti da Vulci, i fratelli Celio ed Aulo Vibenna che Servio ha conosciuto durante la permanenza a Vulci per addestrarsi nell’arte bellica. Una guerra fratricida che si consumerà sul Querquetal, l’attuale colle Celio.
TANAQUIL- Araldo addolcisci le mie trepidanti orecchie. Come volge la pugna? Chi il vincitore?
ARALDO- Mia dolce Signora Gneo, tuo figlio fedifrago è riuscito nella prima fase ad aver ragione. Ha posto in ceppi presso il Monte delle Querce, il Querquetual che affianca il colle Palatino, il duce vulcente Celio Vibenna. Un colpo audace e risolutivo, almeno così sembrava al tracotante tuo figlio. Ma tu ben sai quanto Fortuna, come la rosea Mater Matuta, siano al fianco di Servio. Un colpo di mano ben ordito ha permesso di liberare il duce etrusco colpendo a morte i suoi sodali. Ma, soprattutto il frutto più prezioso dell’azione ha superato ogni attesa.
TANAQUIL- Non farmi sospirare. Sazia immediatamente la mia voglia di sapere. Cosa d’altro?
ARALDO- Gneo ha perso ogni possibilità di ostacolare il tuo antico disegno di assicurare continuità al regno del tuo illustre consorte nostro amato re Tarquinio. Gneo ha raggiunto il regno di Ade. Servio Tullio non ha più ostacoli. La plebe avrà il suo re che continuerà l’opera del nostro sovrano finchè vorrà la sua volontà. Signora tu meriti che ti sia reso culto degno. La tua statua con in mano il fuso che fu posta nel tempio di Semo Sanco al Quirinale è la prova della tua saggezza. Ti sia reso degno onore.
Il piano ordito trentanni prima da Tanaquil fu sottoposto a damnatio memoriae da parte di Servio nuovo re di Roma indicato sotto falso nome come un generico “condottiero” (Macstrna, Magister). La lotta fratricida doveva passare come un semplice colpo di mano etrusco-vulcente contro la Roma di Tarquinio Prisco. E così avvenne. Così si pensò anche da parte degli etruschi durante le fasi finali della loro sopravvivenza, E così pensano ancora non pochi studiosi. E così è scritto nelle varie guide.
Un giorno del 1857 un lembo di terra vulcente sul lato sinistro del fiume Fiora restituì la verità. Una verità però ancora resa torbida perché nelle intenzioni del committente dell’ipogeo, il duce vittorioso Vel Saties, regnava ancora la convinzione che quel colpo di mano fosse un episodio patriottico della lotta di eroi vulcenti contro Tarquinio Prisco re di Roma. La damnatio memoriae era riuscita ad avere pieno effetto fin da subito. E tale rimase dopo la scoperta dei dipinti.
Ma un attento esame porta a una diversa ricostruzione: la verità torna a galla dopo 2600 anni!
CARLO ALBERTO FALZETTI

Carlo ti ricordi che ci portasti a vedere la tomba??!!!! Fu una esperienza unica perché tutta quella zona di Vulci è magica. Sono passati molti anni ma quelle gite in giro e le tue spiegazioni resteranno sempre nel mio cuore
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commento precedente di Rosamaria
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Grande emozione l’aver visitato, in tempi lontani, la tomba Francois con il magister Carlo.
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Ma Tarquinio non aveva dato la figlia in sposa a Servio? Sarebbe stato quindi un matrimonio fra fratelli. Se hai modo scioglimi questo dubbio, Carlo.
Ettore
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Servio sposa Tarquinia I figlia di Tarquiunio (altri figli: Gneo eTarqiuinia II da cui discende Bruto Iunius). Servio ha Tullia I e Tullia II che sposa Tarquinio il Suberbo e che passa con il carro sul corpo del padre agonizzante.
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