IL FASCISMO ETERNO.
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Il fascismo inteso come quella particolare configurazione statale accaduta nel” ventennio” italiano è un evento storico e come tale non replicabile, almeno nell’immediato.
Il fascismo come Weltanschauung, come visione del mondo, come posizione culturale è un “fenomeno perenne”. E’ l’Urfaschimus , il fascismo originario, primordiale (Ur).
Traggo riflessioni da un recentissimo articolo di Gustavo Zagrebelsky che riprende il famoso intervento di Umberto Eco sul “fascismo eterno”. Provo così ad articolare un discorso nel merito arricchendolo di ulteriori interventi elaborati da altri studiosi.
Dio, Patria, Famiglia!
In questi tre termini si riassume l’Urfaschismus (sia fatta grazia all’Apostolo Mazzini!).
Dio! Anteporre Dio e poi far seguire il luogo sacro dell’abitare collettivo ed infine quello deIl’ intimità individuale significa asserire che ogni azione deve essere sotto la protezione divina. Ma questo è solo una interpretazione debole. La triade fa emergere un significato molto più forte.
Il richiamo all’Entissimo configura una gerarchia discendente, La continuità con la concezione della sovranità medievale è evidente: se parto dall’apice posso pensare che tutta la linea di potere sia senza soluzione di continuità. Chi governa appare una sorta di rappresentante del divino. Le altisonanti frasi “Got mit uns”, “Dio lo vuole”, “In nome di Dio” derivano da questa presunzione di continuità. Ogni azione normativa deve, in tal senso, esser recepita come attuazione della “volontà di Dio”! L’evangelica distinzione fra Dio e Cesare sembra non avere accoglienza confondendo i’Onnipotenza con il potere nel mondo. In tale visione Dio è visto come il “totalmente Altro” (Ganz Andere), quale apice gerarchico, come l’ente più elevato, l’Entissimo per l’appunto. Con ciò si ignora platealmente la raffinata idea della mistica di ogni tempo che vuole il divino non totalmente altro dall’uomo : Dio, se è, non potrà che essere nel fondo dell’anima di ogni uomo! Ed ancora, si ignora il tragico “silenzio di Dio”, idea che pervade molti profondi pensatori. Insomma , si persegue la rozza, volgare, attraente per il banale populismo, idea di un Dio re del mondo, di un mondo costituito di umili sudditi tremanti ed ossequienti .
Patria! Perché non Matria? C’è nel termine un richiamo alla negazione della relazione interpersonale. La Patria è sinonimo di separazione, di oltraggio da riscattare, di dignità paterna. Quanto avremmo bisogno di Matria, di relazione, di amore? In ogni caso il ricorso all’amor patrio è cosa nobile solo se in difesa da un nemico che offende invadendo. L’uso del termine, quando si offende l’altro, è improprio. Il fascismo come fatto storico è stato aberrante proprio perché ha insozzato l’amor patrio offendendo l’altrui sovranità (Etiopia,Francia, Grecia, Russia).
Famiglia! Discende da Dio il concetto di intendere il nucleo familiare come solo eterosessuale? No! La discendenza non ha natura divina, ma solo biologica. Tuttavia, l’animale razionale, cioè l’uomo, è un animale “non stabilmente determinato”(Nietzsche). E’ la cultura a sopperire a questa situazione di instabilità. Dunque, la famiglia, atomo della società, non può trarre derivazione solo da esigenze biologiche (riproduzione della specie) ma anche(soprattutto) culturali che determinano una dinamicità sociale rispetto alla staticità del mondo animale.
Declinare la triade nel senso sopra riportato significa esprimere un linguaggio in cui un mondo viene alla presenza e che dobbiamo nominare, come già detto, Urfaschismus ovvero come un fenomeno a sé. Questo significa che gridare al pericolo fascista non significa avere in mente che quel momento storico possa essere riattualizzato con il ripetersi delle azioni che lo hanno caratterizzato. Significa, invece, denunciare il perpetuarsi di quel tipo di mentalità, di quella visione del mondo: tradizionalismo (patologia della cultura della tradizione), primato dell’azione (agire non pensare!), intolleranza, rapido decisionismo (contro il defatigante parlamentarismo), mediocrità (avversione per la cultura elitaria), sovranismo.
L’ Urfaschismus può così essere ricondotto nel grande alveo di una precisa categoria del pensiero umano che ha da sempre caratterizzato il corso della storia: il “monismo” , il grande avversario del “pluralismo”.
Mi rifaccio, a questo punto, al lavoro di Isaiah Berlin (Il riccio e la volpe) che ci permette attraverso una metafora una facile sintesi (si potrebbe ricorrere anche al concetto di open society di Popper).
Partiamo da un frammento greco di Archiloco: “la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”.
In sostanza, il riccio si chiude in sé, altro non sa fare. La volpe è una maestra di possibilità, aperta ad ogni situazione, ingegnosa e favorevole all’adattamento.
Esistono due categorie riguardanti il possibile modo di vivere socialmente usando la metafora dei due animali..
Nel senso del “riccio”. Si sceglie per una visione centrale con regole che guidano gli individui secondo un principio ispiratore unico, universale. Come il riccio che ha una sola unica difesa e non tenta altre possibilità. La forza che anima è di tipo centrifugo. E’ evidente il ricorso al pensiero unico, “monista”, ovvero la credenza verso una “unità di base” dei fenomeni sociali, religiosi, scientifici. Nello stesso tempo è evidente che esista una “situazione finale” in grado di unificare tutti i valori. In termini politici questo pensiero conduce ad una agorafobia ovvero ad una decisa avversione verso lo spazio aperto del parlamentarismo, della discussione “in piazza”.
Naturale che l’urfaschismus rientri in questa larga categoria che nel corso della storia ha condotto a varie forme di dittatura.
Nel senso della “volpe”. Si sceglie una visione a molti piani con varietà di esperienze e di possibilità come la volpe insegna. E’ la categoria del “pluralismo” che detesta la chiusura, la claustrofobia e chiede più luce e meno conformismo, contraria al ristagno culturale, favorevole allo “strappo” contro le antiche fedi ed il ritorno alle vecchie istituzioni. E’ questa categoria che si oppone, accettando il pluralismo, a qualsiasi monismo e , dunque, alla ideologia dell’ Urfaschismus.
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Morale finale: le volpi, se sono tali, debbono, amando il pluralismo, tener ben stretta l’arma della cultura vera competenza distintiva dell’anti-fascismo. Qualsiasi avversione “delle volpi” per il linguaggio colto e articolato è un attentato verso il proprio credo, una autodistruzione (si pensi a Gramsci).
Infine, volpe e riccio sono categorie opposte che servono a chiarire bene le due culture. Nella prassi , tuttavia, la via giusta sembra essere quella di un ibrido animale parte volpe e parte riccio. Le dicotomie, per loro deciso “aut-aut”, se sono utili per spiegare risultano malsane per vivere!
CARLO ALBERTO FALZETTI

Il motto mazziniano, che includeva l’umanità, non era certo reazionario. Nella sua severa etica anteponeva i doveri ai diritti proclamati dalla rivoluzione francese. Le parole poi sono flessibili e vengono piegate alle più diverse esigenze. Il fascismo, più che padre, è figlio di un pensiero complesso, con influssi- almeno alle origini- del pensiero di Sorel e del socialismo massimalista. Poi i compromessi col potere e i deliri di onnipotenza lo hanno trasformato in un modello di dittatura conservatrice e reazionaria con le tragiche conseguenze che sappiamo. Il fascismo non è eterno, eterna è la gestione spregiudicata e violenta del potere di cui il fascismo è una declinazione.
Ettore
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Il ffascismo del “ventennio” italiano è un evento storico e come tale non è replica ile, io sono d’accordo.
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Pertanto ” C’è del marcio in Occidente”, Piergiorgio Odifreddi, Raffaello Cortina Editore, 2024.
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