PERCHE’ LA GUERRA? L’ORDINE INFRANTO
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Abbiamo reso omaggio a quella Resistenza che un giorno emendò il disonore di aver accolto negli anni ’20 la dittatura, di non averla contrastata a sufficienza negli ’30, di essere entrati in guerra impreparati logisticamente e con armamenti scarsi, di aver combattuto in offesa nei confronti di popoli che non avevano nulla di nemico subendo disonorevoli sconfitte nonostante il sacrificio e l’eroismo di molti militari. Senza quella Resistenza possiamo solo immaginare l’onta che avrebbe ricoperto il nostro Paese. Se la ricostruzione impetuosa avvenne fu per il genio italiano che sempre storicamente fuoriesce nei tragici momenti di crisi e che sempre stenta nei momenti in cui assumiamo vanaglorie improprie e tracotanti. Ma molto è dovuto, di quanto accadde negli anni ’50 e ’60, al sacrificio di chi pagò con la vita e di tutti coloro che seppero imbracciare un arma per resistere contro un nemico secolare che impropriamente e con violenza venne imposto quale alleato e contro chi ostinatamente perseverava in quell’errore fatale che è la dittatura in una nazione.
Ma , dopo il rito consumato con letizia, ecco di nuovo il nostro tempo che ci richiama con forza : che cosa è il nostro presente?
Il presente è il dissolvimento di un ordine.
Una” guerra giusta” è solo se esiste, accanto ad altri presupposti, il presupposto della recta intentio, così Tommaso d’Acquino. Ovvero, se il fine della guerra non è la distruzione del nemico, il suo annientamento totale ma giungere, come termine finale ad un possibile patto.
Dalla fine del secondo conflitto è stato un susseguirsi di guerre locali, anche cruente, ma tutte caratterizzate da una serie di patti attraverso i quali il mondo si è dato un ordine seppur belligerando.
Questo ordine del mondo è venuto meno dopo il crollo del muro di Berlino.
Il problema enorme che ci è di fronte consiste, dunque, nel tentare di restituire l’ordine basato sui patti.
Il dramma che viviamo è la possibilità della “guerra assoluta”, la guerra senza la recta intentio di raggiungere il patto, la guerra nella quale le parti belligeranti promettono la distruzione” totale” del nemico ( Dichiarazione dell’Iran di annientamento dello Stato di Israele, dichiarazione di Israele di annientamento della Palestina, dichiarazione di dissolvere l’Ucraina “nazista”, dunque reputata quale nemico mortale).
Per meglio comprendere la situazione dobbiamo distinguere i 3 conflitti esistenti dei quali 2 effettivi ed uno possibile.
Il conflitto russo-ucraino sembra apparire una aggressione tipica della espansione territoriale. Tuttavia, esiste una componente valoriale che rende più complesso il problema. Questo valore presente è l’esistenza del richiamo religioso.
Nel mito della “Terza Roma” risiede l’enigmatica concezione di teologia politica che si appella alla II Lettera ai Tessalonicesi di Paolo. La parusia del Signore (la sua seconda venuta) deve essere preceduta da un periodo nel corso del quale il suo Avversario (Antikeimenos) avrà il suo momento di gloria. Questa la prova drammatica che il Signore impone prima della sua venuta risolutiva (Apocalisse).Questo periodo di vittoria dell’Avversario sarà un periodo di empietà ma anche di annientamento e di iniquità (anomia).Tuttavia, prima che questo avverrà una forza opererà perché sia ritardata il più possibile questa vittoria della Bestia.
Esiste, dunque, una forza, un potere che resiste al trionfo dell’Anticristo che raffrena l’ Apocalisse. Questo “potere che frena” ha un nome greco, il katechon. Declinato in neutro indica il potere frenante (to katechon), declinato nel genere maschile indica chi lo esercita (ho kathecon). Ai tempi di Paolo e del nascente cristianesimo era l’auctoritas dell’ Impero di Roma ad esercitare questa funzione vitale “catecontica”. Successivamente è stata la “Seconda Roma”(Bisanzio) ad esercitare l’atto del trattenere .
Oggi è Mosca, la “Terza Roma”, ad immaginare di porsi da freno rispetto al disordine morale, ai diritti civili irrefrenabili, ai disvalori, alla “egoità” dilagante inizio dell’azione dell’Avversario.
Avversario che ha un preciso nome: Occidente!
Senza questo potere che frena l’Anticristo, incarnato nei costumi oltraggiosi del neoliberismo occidentale, prevarrebbe trionfante (si presti la dovuta attenzione sul fatto che il dilagare di ciò che in Occidente sono diritti civili altrove è pietra di scandalo, per cui la contraddizione palese fra gli occidentali fra sostegno dei diritti e sostegno dell’azione russa).
Si comprende bene quanto la diffusione di tali concetti nel popolo russo sostenuto dall’ortodossia renda complesso considerare la guerra justum bellum il cui atto finale sia il patto.
Ancora più complessa è la posizione sciita ed in parte quella israeliana. Le religioni “abramitiche” hanno in sé l’assolutezza: il nemico è reputato essere” nemico di Dio”, dunque è inutile pensare ad un conflitto caratterizzato da recta intentio che può, anzi deve, convergere nel patto e non nelle distruzione totale dell’avversario .
La guerra di religione è essenzialmente un portato delle regioni abramitiche. La storia dell’Occidente inizia con un conflitto, ma quel polemos , l’Iliade, non ha nulla di religioso essendo gli Dei comuni ai contendenti. Tutta la storia greco-romana è di natura “laica” (lotta contro il diverso, barbaros). Le dure guerre di religioni dell’età moderna sono tutte in seno al cristianesimo, dunque, ancora una volta siamo di fronte ad origini abramitiche. Da notare che il concetto di “guerra giusta” elaborato da Agostino rispetto ad una interpretazione di Luca (Lc,3,14) e successivamente razionalizzato da Tommaso seppur giustificativa di una “giusta” belligeranza sottoposta a regole che evitino la distruzione assoluta del nemico, stravolgono profondamente l’insegnamento del Fondatore:” è stato detto ma io vi dico”. Quel “ma” sconfessa ogni precedente odio ponendo ogni nemico nella posizione di amico (Discorso delle Beatitudini, ”porgi l’altra guancia”….).
Da quanto detto esiste una sola strategia per immettere una recta intentio che conduca al patto: “deflazionare il religioso”. Ma con ciò entriamo nella utopia.
Completamente diverso il conflitto “ in potenza” fra Cina – USA. L’elemento religioso è del tutto assente. Lo è per gli americani ma lo è ancor più per i cinesi, popolo da sempre a-religioso: il confucianesimo è solo un’ etica utile al vivere razionale. Siamo di fronte, dunque, a mera volontà di potenza economica; la recta intentio diventa un calcolo razionale con la conseguenza, dunque, che il patto sia sempre possibile. Difficile ma possibile.
Come disinnescare il religioso nel tessuto del religioso?
Agire all’interno è follia. Resta solo una alternativa, agire in modo esogeno attraverso la figura apocalittica sopra richiamata.
Ironia della sorte: volgere al laico l’istanza catecontica!
Solo USA e Cina possono porsi quale “potere che frena” nei riguardi del religioso che assume così il ruolo di Avversario. E lo possono perché ne hanno il potere, quel potere concesso dall’”economico”, ovvero da una energia tutta basata sul patto (business is business).
Quale è il costo da pagare perché l’economico rappresenti il potere che frena dal disastro bellico di tipo totale? Il costo è che il dominio del fare tecnico aumenti ancor di più. Il costo è che la fattualità sia incessante. Il costo è che l’etica dovrà sempre più rincorrere il progresso tecnico.
La tecnica e l’economico salvano il mondo pretendendo che la “mentalità” tecnica indottrini gli individui.
L’umanità non si dissolve ma perde definitivamente il senso ultimo del mondo- della- vita. Definitivamente?
Questa è materia di approfondimento.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Riflessione stimolante che richiama un vecchio inquietante interrogativo: la guerra è un effetto perverso, un retaggio ancestrale della condizione umana (in quanto tale rimovibile), oppure attiene al rimosso di quella che impropriamente chiamiamo “natura”, non rimovibile e sempre pronto a riemergere? Chissà che la scienza, più che la politica, non possa aiutarci a comprendere e, se possibile, ad agire, per trasformarla in un tabù universale e inviolabile come secondo Freud era accaduto nel caso dell’incesto. Nicola R. Porro
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Come sempre i contributi di Carlo mobilitano fondamentali che attraversano tutti i territori del pensiero e dell’agire umani. Il richiamo alle radici catecontiche è di grande rilievo intellettuale e focalizza l’aspetto di continuità che la cultura latino-cristiana ha con quella classica:il to prepon e la razionalizzazione dei comportamenti istintuali come cifra etico-estetica trasportata in un orizzonte culturale nuovo.. Grazie ancora una volta di questa stimolante sintesi Carlo!
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Interessante il richiamo al Katechon come forza frenante che ritarda l’avvento dell’Anticristo, del caos, della anomia, avvento che precede il trionfo del Regno dei Cieli e della Gerusalemme Celeste. E’ soprattutto interessante l’attribuzione al Katechon di una funzione escatologica positiva o negativa a seconda della visione economicistico-tecnocratica o tradizionalista-conservatrice.
Del resto la disputa teologico-politica plurisecolare, fin dai tempi di Tertulliano, ha evidenziato l’ambiguità contenuta nella seconda lettera di San Paolo ai Tessalonicesi: la funzione escatologica del Katechon veniva considerata, di volta in volta, dai vari esegeti teologi e filosofi, come positiva o negativa, o positiva e negativa insieme
Ma tornando alle tue riflessioni può salvarci il “potere che frena” il disordine morale, i disvalori ed i valori del mondo occidentale, la conquista di sempre maggiori spazi di libertà, o può salvarci il “potere che frena” l’assolutismo religioso con la tecnica e la finanza ad un costo insostenibile per l’Umanità? Si ha difficoltà a distinguere fra Anticristo e Katechon e di conseguenza ad intravedere un nuovo ordine, un nuovo equilibrio, un Nomos Universale.
E’ vicina l’Apocalisse?
“Estote parati”!
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In tempo di guerra, nel quale siamo, sarebbe utile rileggere le parole ” enigmatiche” di Paolo nella seconda lettera, del katechon che trattiene-contiene-frena il trionfo dello Spirito ” per la forza della bocca del Signore. Il Signore Gesù non verrà prima dell’opera del suo Avversario, prima si dispiegherà l’ apostasia , l’anomia, l’iniquità. Seguirà l’apocalisse, si parla di una immensa devastazione, dove la fine è ” decisa”. L’enigma del Katechon si ripropone ora in tutta la sua urgenza.
La guerra, quante volte ci siamo richiamati alla Leggenda del Grande Inquisitore, al vegliardo che considera l’uomo un servo ribelle, Egli è un Bakunin o uno Zar? Torna il bacio di Gesù alla fine del racconto, è il bacio a coloro che non sanno quello che ” sono”, e ignorano quello che fanno. I Cristiani , presi dalla logica dello scambio, sono condannati all’ infelicità. Gesù ha insegnato ad amare e ad essere liberi, bisogna decidersi.
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Ho ragione di credere che la forza che trattiene non sia più un’autorità morale o religiosa né il patto universale immaginato e proposto da Kant. La forza che trattiene, in epoca di nichilismo, è la deterrenza, il terrore del dissolvimento. Ma se questo vale per i paesi che si muovono in un orizzonte pragmatico e in forza di una prospettiva economicistica, può anche valere per chi continua a vivere e pensare secondo principi escatologici e in definitiva non teme-e anzi attende- una salvifica apocalisse?
Ettore
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