Chiare, fresche et dolci acque….

di CATERINA VALCHERA

Ventidue marzo: giornata mondiale dell’acqua. Quando oggi si celebra l’acqua ( un anniversario impensabile solo qualche decennio addietro) lo si fa associandola a un diritto universale, appunto il diritto all’acqua, e al monito- connesso strettamente a tale diritto- ad evitarne lo spreco.

Acqua “petrolio del domani”, si diceva anni fa,  ma questa consapevolezza non ha impedito l’uso discriminatorio, la gestione antidemocratica di quello che è il fattore fondamentale di equilibrio nell’ecosistema generale e antropico ed elemento essenziale per tutti gli organismi viventi. La non disponibilità di acqua è incompatibile con la vita socialmente organizzata, con l’idea stessa di civiltà.

Sotto quest’ultimo profilo, essa ha sempre avuto in sé la forza del sacro contribuendo alle raffigurazioni simboliche archetipiche, all’immaginario di tutte le culture: immagini primordiali che non sono  soltanto africane, ma che appartengono all’inconscio collettivo e sono diventate ormai parte del nostro patrimonio genetico.

Acqua come idolo, totem, acqua lustrale nei riti etruschi, greci e neopitagorici e ancora elemento purificatore globale nel Diluvio universale. Acqua nelle cosmogonie, nei passaggi primordiali, acqua specchio nei miti. Acqua per abluzioni e lavande cristiane. Acqua, una delle Grandi madri, cioè forza originaria. Come non preservarla, proteggerla, assicurarla a tutti i viventi? Sora acqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta attraverso la quale san Francesco loda il Signore nella sua semplice e altissima litania. Un testo famosissimo che segna nei manuali la nascita della letteratura italiana in volgare ( anche se non è in assoluto il primo scritto in volgare con finalità letterarie) e che per questo si è prestato a facili riprese come quella dannunziana, a rifacimenti, controcanti anche sarcastici, come accade in questo testo di Edoardo Sanguineti dal titolo Laudes rerum universarum in cui il poeta neoavanguardista alla laudatio francescana sostituisce, ricorrendo alla stessa iterazione, il borghese verbo “ringraziare” con effetto immediato di rovesciamento ironico. Un’ironia che percorre tutta l’”antifona in quartine, a cominciare dal primo verso rivolto al mondo come  Egregia nostra macchina del mondo/ spettabile esclusiva fornitrice/ di merci, impresa in espansione, paghiamo in saldo tre, prendiamo due:/ringraziamo il tuo logo nucleare,/termolucente faccia che ci ride,/insegna diurna, pila inscaricabile/immobile motore sincrotronico ( lo frate sole del poverello assisiate) ringraziamo il tuo parco lampadine/ e la perla che dosa le sue fasi (sora luna):/ ringraziamo il volubile aeratore/ che ci impasta pressioni anticicloniche (frate vento)/ ringraziamo il tuo drink tutto analcolico,/ alle tue dolci fonti imbottigliabile,/potabilmente clorocorrigibile,/solforoso,diuretico,gassabile (sora acqua)[….]

L’elenco prosegue, accentuato dagli aggettivi composti e dall’asse metaforico trascinato lungo tutta la “lauda di ringraziamento” in  perfetto parallelismo con quella francescana, con la sostanziale differenza che gli amorosi e amabili fratelli e sorelle del mistico diventano clienti affezionati, azionisti fedeli invitati a ringraziare il potente trust dell’essere.[..].

L’espressionismo lirico e la veemenza sarcastica della poesia di Sanguineti, il suo lessico metallico, aspro, buono per jogghinghieri, birdwatchinghiosi e ipersurvivalomani fanno rimpiangere la dolcezza e cantabilità del Canticum fratris solis (o Laudes creaturarum) ma sono con tutta evidenza un atto d’accusa politico al grande guastatore della natura, il turbo capitalismo dell’insipiente homo sapiens sapiens che, con scorie combustibili, carboni, petroli e metani,  ha alterato non solo la bontà e la bellezza, ma anche l’utilità delle risorse naturali: in primis di sora acqua così pretiosa. Ma già costretta,  dalle leggi del mercato, ad abbassarsi a fornire contenuto idrico a Paul Valery (Acqua ti adoro!! Cos’è la vita se non acqua organizzata? Cos’è un albero se non un fiume verticale che sale verso la luce? Il nomade si arresta accanto a te, nel punto sacro in cui la ninfa e la fonte preparano la nascita della civiltà […]) per lo spot pubblicitario della Perrier nel 1935, come ricorda in un suo suggestivo contributo risalente al 1990 il poeta Valerio Magrelli, che così commenta questi versi “Tanto lirismo per una réclame” e poi definisce l’affaire delle acque minerali “apoteosi del seltz”. Oggi non ci si può permettere né la pubblicità né il romantico richiamo naturalistico/paesaggistico, perché il processo inarrestabile di desertificazione ha aumentato il “rischio” idrico e perché la richiesta d’acqua supera sempre più la naturale offerta del “serbatoio acquifero” a causa anche di un utilizzo improprio delle risorse idriche. Proprio mentre rifletto su questa “incontinenza” delle società avanzate, risuona nelle mie orecchie con maggior forza il canto del congolese Edmond Withakenge con il suo immaginario mitico dal titolo La sete degli dei  e con un incipit sorprendentemente francescano:

Sorella acqua/sappi che tutta l’acqua del mondo/ i ruscelli/ gli affluenti/i fiumi/e i mari/ scorrono dal nord al sud/ verso il punto di confluenza/dove io aspetto, o Sorella bianca/ anche quando/ non si dirige ad est/ dove il deserto inaridisce/i ruscelli/gli affluenti/i fiumi/ e i mari fino ad Atlantide/ sì/ tutti i fiumi confluiscono/ e questo è il potere dell’acqua/ che sfida con la sua superiorità/ i deserti del mondo/ e il Kalahari/ e il Sahara/. Anche la dea Europa/ guarita dal verme che la divora/la lebbra e il cancro dell’egoismo/ dirigerà le acque della Senna/ e tutti i fiumi dell’occidente verso il Sud./ Così vivranno in eterno/ le acque dell’Asia/ e dell’America/ e dell’Australia/ e dell’Europa/ e dell’Africa/ e la mia sete negra/ e la sete degli dei sarà estinta.

Alla stregua degli antichi, anche io mi immergo in questa poesia come in un lavacro, per trovarvi il deposito di valori secolari, transnazionali, universali. Valori che dobbiamo sempre più affermare, amare  e ricercare, perché non muoia “l’idea di uomo che compare nei grandi mattini” ( Pasolini).

CATERINA VALCHERA

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