CLITENNESTRA VENDICATA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Ecco cosa è una femmina!
Un pensiero ingannevole (δολόμητις) ,uno sguardo di cagna (kύνωπις),una vipera (έχιδνα)!
La strage arrivò nel sonno.
Ecco apparire Clitennestra , l’abietta, con la bipenne lorda di rosso sanguigno di fronte al corpo martoriato del suo coniuge vilmente squartato.
Contro di lei, la fedifraga, l’ignobile tessitrice di inganni, si confronta il sublime modello di femmina fedele e virtuosa, Penelope, che non tradisce, non disattende, non offende ma vigila con fede il talamo sacro allo sposo errante.
Narrano i poeti che giustizia fu fatta per mano di Oreste, il figlio, guidato da uranica legge. Non fu matricidio ma atto di giustizia. Atena, la Dea Vergine, piegò le vendicatrici Erinni, le barbare protettrici del vincolo di sangue, a farsi benevoli nei confronti del figlio pugnalatore ammantandolo della dolce clemenza.
Una madre, così Atena dichiarò, è solo un ricettacolo del seme maschile che ella deve conservare con cura nel suo grembo accogliente. E’ il padre il vero possessore della fertilità. Dunque il matricidio per vendicare l’assassinio del capo della famiglia è atto dovuto e da Atena gradito.
Per molti è con questa storia di Eschilo che ha luogo simbolicamente la grande svolta con la quale il patriarcato fonda il suo momento costitutivo.
E se tutto fosse diverso dal racconto dei poeti?
E se Clitennestra potesse parlare oggi dichiarando il suo pensiero negato dalla storia?
Se lo potesse, se le fosse possibile esprimere il pensiero, non potrebbe, allora, che pronunciare queste poco alate parole:
Chi pagherà per il dolore di Ifigenia? Immolata, sgozzata come bestia sull’altare della tracotanza di cani guerrieri e di stupidi idoli sanguinari.
Io fedifraga? Sappiate che il corpo di Agamennone giace nel sangue accanto alla sua schiava concubina Cassandra .Il conto del mio tradimento si pareggia.
Non fu un matricidio? Il mio grembo è solo culla di un seme fertile? Oreste non è forse carne e sangue e fibbre e nervi del mio stesso corpo ben più di quanto è prodotto di suo padre?
Non sono io forse la vittima della tracotanza di malefici idoli che hanno piegato le belve della vendetta materna al loro sporco volere?
Perché la femmina dovrebbe essere umile, devota, casta, in attesa perenne del suo compagno padrone della sua vita, libero di vivere la sua vita come desidera? Penelope, la pacata, la fedele, la prona è il modello che volete?
Per secoli vi siete ingozzati con questa maledetta storia. Vi siete inebriati di questo bevanda ed il vostro animo ha condiviso l’ira di Athena, la coercizione delle Erinni traditrici, la benevolenza verso Oreste ed Elettra, la gioia della vendetta nei confronti di una sposa maledetta assassina.
E la femmina ha così meritato d’essere ingannevole, cagna, vipera per il tramite del mio agire.
Siete satolli, ormai. Che cosa volete ancora?
Eppure io conosco la falla che si è aperta nel fondo del vostro animo. Io so della vostra inquietudine. Continuate a fare violenza, a calpestare i musi di cagna, a colpire le ingannatrici, a schiacciare le serpi ma…….il vostro cuore è turbato.
Cassandra ha pagato, doveva morire ma piango il suo destino, il suo vaticinio incompreso. La sola che aveva smascherato l’inganno maschile di dar spazio alla guerra, al sangue, all’eroismo brutale , alla bestialità di Achille, alle atrocità rivestendo tutto questo con il rapimento di una donna, che forse mai ebbe dimorato in Troia.
Ecco, questa è la via della verità.
. . .
Con l’assunzione di Clitennestra al cielo delle vittime della tracotanza del maschio si rafforza il delitto del matricidio e le Erinni non si fanno Eumenidi e viene meno l’orrida giustificazione del grembo passivo punto fondamentale del potere del detentore di sperma.
Il pensiero va a Marguerite Yourcenar, Christa Wolf, Dacia Maraini, Colm Tòibin, personaggi che hanno tentato di far uscire dall’ombra maledetta la Signora di Micene.
L’ 8 marzo dovrebbe essere ricordato solo per un evento tragico accaduto a N.Y. Fino a che ad una metà del cielo sarà dedicata un dies festus questo sarà segno di una discriminazione ancora in atto.
CARLO ALBERTO FALZETTI

Hai nominato Christa Wolf. Nel suo Medea. Voci ribalta completamente il mito
classico: non solo la maga della Colchide non è l’assassina dei figli, ma è la
vittima di un pregiudizio razziale, di un rifiuto da parte dei corinzi dell’alterità
del suo essere donna. Ma c’è un’altra figura femminile che meriterebbe
attenzione, in alternativa a Clitennestra, una figura che mi è familiare avendo
messo in scena anni fa l’ilarotragedia euripidea Alcesti. Spesso si è
considerato questo personaggio affetto da “sindrome da crocerossina” per aver
salvato dalla morte il marito sacrificando se stessa. Ma mi preme sottolineare
la superiorità morale di questa donna non solo rispetto al vile e imbelle
Admeto, ma soprattutto rispetto alla comunità dei nobili tessali immersa in un
misero egoismo: non è la donna sottomessa che si immola perché così impone l’ordine
gerarchico familiare; Alcesti possiede un patrimonio valoriale del tutto
estraneo ai nobili guerrieri. In qualche modo sfida i presunti o aspiranti eroi
della corte battendoli nella dimensione che dovrebbe essere loro propria,
quella del coraggio. Lo stesso Eracle che la salva dagli inferi (ma la salva
veramente poi?, il finale è aperto) non è il supereroe maschio per eccellenza,
ma un crapulone e, forse, millantatore.
Ettore
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Amo anche io Alcesti, il suo coraggio, la sua indipendenza…E poi, visto che parliamo di Classici, consentitemi il ricordo della grande Antigone.
Grazie, Carlo e Ettore, per le vostre riflessioni.
Maria Zeno
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Carlo, la retorica (nel senso adeguato del temine) nel vendicare Clitennestra ti avvicina a Gorgia nell’encomio di Elena! Che dire oltre, che le donne hanno una natura differente rispetto a quella degli uomini, perché incapaci di controllarsi e sempre pronte a mettere il naso nelle questioni maschili…Accade anche ora che uomini , anche “banalmente”, appellino le mogli, le amanti, le figlie, con puttana, vipera, cagna! Ma se ora noi viviamo con una radicalizzazione dell’ individualismo, allora, nella Grecia della tragedia non erano in scena individui, ma maschere, simulacri, archetipi : ciò che ha preso in prestito la contemporanea psicoanalisi, l’ unica, forse, che non vede nella passione e nella follia qualcosa di assoluto patologico.
Noi viviamo nell’epoca delle passioni tristi, la guerra, il degrado dell’ambiente naturale, la mancanza di comprensione, la mancanza di passione., lo spirito apollineo e il dionisiaco nella sintesi della tragedia antica. Ma basta una scintilla dell’ ES, un Fuoco, come ci narra Marguerite Yourcenar, perché la regina agisca, ignorata dal marito: “Io non ero una cosa senza importanza che si può lasciar cadere o cedere al primo venuto”. La complessità psicologica è tutta nostra, di noi contemporanei, più capaci di relazionarci con l’altro, ma incapaci di vederci allo specchio e incapaci di vedere il cambiamento d’epoca.
Ciò che non rientra nel Logos viene definito patologico, la passione é vista cieca e non visionaria, ma la passione, il presagio ( Cassandra), la follia sono ricordi ancestrali (inconscio) del nostro passato.
Certo, sono contraria al patriarcato, anche se ,infantilmente, permango in una fase edipica, direi che sono ancorata al riferimento a Platone. In principio gli uomini erano l’uno e l’altro (amphoteroi), la loro forma era circolare, il loro aspetto intero e rotondo, “non generavano per reciproca unione, ma per unione con la terra” (Simposio). Zeus tagliò l’uomo in due. Ora la metà cerca l’altra metà, l’altra metà del cielo.
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