AMAPOLA

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

 Randa,

mio  amore  il mio spirito sarà sempre e soltanto tuo. Come il fiore ama la luce del giorno:  “igual que ama la flor la luz del dia”. Come possiamo stare lontani, divisi da questa infame guerra?

Questa notte  l’ospedale di Al Shifa è stato di nuovo colpito. Siamo agli stremi. Gaza è un cimitero di corpi e di macerie. Opero con il minimo di anestetici. Non posso più sopportare le grida dei bambini ai quali procuro sofferenze atroci. Ma lo devo per un possibile loro bene.

Randa mio amore ricordo troppo bene i tuoi terribili racconti. Ho sempre presente quando mi parlasti  di quei due cappellani cristiani in Ucraina nel 43 o nel  44. Erano entrati in una casa  dove erano rinchiusi  in condizioni insostenibile dei bambini ebrei  tra i pochi mesi  ed i 5/6 anni, i cui genitori erano stati fucilati giorni prima. Il loro pianto continuo terrorizzava i due prelati. I bambini erano sdraiati sul pavimento coperto dai loro escrementi. Alcuni più grandicelli grattavano l’intonaco della parete per mangiarlo. I bambini di pochi mesi piangevano e vaginavano in continuazione. Nessuna pietà. I soldati li caricarono su camion e li portarono a fucilare.

Eri sconvolta ed io comprendevo tutto il tuo dolore per il tuo popolo. Un essere umano può morire due volte. La prima volta quando muore fisicamente, una seconda volta quando è dimenticato. Era giusto che tu ne facessi  memoria. Auschwitz-Birkenau non potranno mai essere lasciati nell’oblio. Ma ora, nella mia terra, il mio popolo?

Ascolta, io mi sento come Aljòša. Se tutti devono soffrire per acquistare con la sofferenza l’eterna armonia che c’entrano i bambini? I bambini sono tutti ugualmente innocenti, ebrei o palestinesi che siano. Comprendo tutto ma non potrò mai comprendere la sofferenza di un bambino sacrificato in nome dell’eterna armonia. Quelle lacrime non saranno mai riscattate. Mai! Io come l’eroe del nostro Dostoevskij voglio restituire il mio biglietto di ingresso all’armonia universale di AdonaiAllah. Io ho l’obbligo di restituirlo prima  possibile.

Quando  la lama incide il piccolo braccetto per amputare l’arto io debbo questa terribile azione alla mia professione. Ma perché anch’io debbo essere partecipe del dolore? Vorrei essere con te, vorrei gridare il nostro amore a tutti coloro che reputano impossibile amare al di là delle razze, delle religioni, degli odi. Può la religione impedire il nostro amore?

Randa questa maledetta guerra mi devasta. Giorni fa una donna ha assistito alla morte dei suoi bambini. Una scheggia ha decapitato i suoi figlioletti. Colta da una follia ha afferrato quei due corpi mutilati ed ha cominciato a danzare la nostra Dabka. Danzava roteando inebetita con quei due corpi, la follia  ha alleviato il suo strazio ma per noi che stavamo lì era l’inferno.

Randa  dove abita il dolore di Dio? La crisi mi divora: l’uomo ha il diritto di chiedere conto ad Allah dei suoi peccati, del suo silenzio. Perché Dio ha parlato solo ai nostri antichi padri? Perché ha parlato agli orecchi antichi ed ora tace da millenni? Perché permette il male? Perché Randa!

 Tu sei la mia sola speranza. Ho perso ogni fede.

Rispondimi. Come sempre invierò questa mia ad Asif quando con il veicolo della Mezzaluna Rossa arriverà al valico.

Ti amo. UHibbuki.  Anee ohe othak.

 

 

Mio amore, Sayed,

anch’io sento nelle mie orecchie il tuo “yo te quiero amata niña mia”.Mi manchi terribilmente ed ho tanta paura: riguardati, non osare oltre, non debbo perderti, non permetterlo.

Perdere la fede in questo martirio è possibile. Vorrei, tuttavia, dirti qualcosa su questo.

“Chissà se Dio può fare una montagna così alta che nemmeno Dio la può scalare?”

La frase è di David Grossman, ricordi il testo “La grammatica interiore?”.

Il silenzio di Dio, meglio di AdonaiAllah, potrebbe essere spiegato in un solo modo molto rabbinico: Dio non ha potere! Forse ha creato una montagna che non può scalare. La montagna che non può scalare è il mondo, è la sofferenza dei bambini del mondo. Se il male coincidesse con il peccato e con la colpa tutto potrebbe essere chiaro ma questa coincidenza non c’è ed il male colpisce vittime innocenti .Ricordi quella pagina dei Karamazov sull’agonia di Iljùša?  A memoria ricordo che il bimbo diceva al padre, il povero capitano:  “ Babbo, babbo io so ciò che il dottore ti ha detto di me….non piangere, babbo, quando sarò morto prendi un altro, un bravo ragazzo e chiamalo come me ed amalo al mio posto”. Perchè un bimbo muore, Sayed dimmelo! Perchè muore a prescindere da chi arreca la morte, se la mano umana assassina o il destino governato da Dio di cui avvertiamo solo l’immenso silenzio?

Vivere come ebrea senza Dio io non sono d’accordo. Si può essere contro Dio, si può essere con Dio. Ma senza Dio, mai! Ed è lo stesso per un uomo islamico. E’ la stessa cosa!Ed allora, Sayed, non rimane che pensare che la sua assenza coincide con la sua non onnipotenza. Il suo esilio è dovuto al suo dolore per non poter fare. Jonas, Buber e tanti altri nostri pensatori hanno tratto questo dalla Shoà.” Ester panim”, come sai,significa nascondere il volto: questa è la passione di Dio, la sua eclissi, il suo nascondimento.

La strage di bambini a cui tu assisti, la strage perpetrata ai nostri figli anche neonati, la strage dell’olocausto non potranno mai essere comprese se non ricorrendo ad un Dio che non può.

L’Angelo che siede presso il trono dell’Altissimo disse: “Dio non piangere, io ti ubbidirò se tu non piangi”. Ed allora Dio disse all’Angelo: “Se vuoi che io non pianga, allora io andrò in un luogo dove tu non potrai seguirmi”.

Sayed dove è quel luogo? Noi non potremo mai saperlo ma è solo sapendo di quel pianto che potremo sopportare il dolore che esiste e che tu piangi e che io piango.

No può esserci altra spiegazione. Dio è lacerato perché incompleto ed ha bisogno che la sua perfeziona sia accresciuta. Forse è proprio Dio che ha bisogno di “salvare se stesso”! “ Anì wa-ho hoshia nà !” Certo, è proprio così:  Deh, salva me e anche Dio!

Ti supplico ritorna a me.

Ti amo. Anee ohevet otkha.UHibbuka.

.  .  .

Il 20 novembre al  valico di Rafah Asif giungeva con la sua autoambulanza. Si fermò ad una decina di metri dal mezzo della Croce Rossa . Randa era lì che attendeva di consegnare la lettera.  Asif scese e si arrestò immobile. Non era necessario pronunciare parole. Tutto era così chiaro, così drammaticamente prevedibile , consueto, ordinario. Come lo era quel silenzio assordante che proveniva dall’alto.

Il finale della melodia dice: Amapola, còmo puedes tù vivir tan sola?

CARLO ALBERTO FALZETTI

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