“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – Sul nasello; il merluzzo: “baccalà e stoccafisso”. Il “baccalà spinozzato”
di GIORGIO CORATI ♦
Questo articolo pone in evidenza e confronta due distinte specie ittiche: il nasello e il merluzzo. Soltanto il nasello è una specie ittica presente nel Mar Mediterraneo, anche se il consumo del prodotto derivante dalla conservazione del merluzzo da cattura esterna a tale mare è radicato nella tradizione gastronomica civitavecchiese.
Il nasello Merluccius Merluccius è una specie selvatica di forte rilevanza per volume di pesca e per valore economico, catalogata come Quasi Minacciata (NT) nella Lista Rossa italiana IUCN.1 Presente nel Mediterraneo e molto frequente sul mercato, il nasello, denominato anche merluzzo, è tendenzialmente in una condizione di sovrapesca (ndr.) nonostante abbia un ciclo vitale “breve” ovvero si riproduca in un arco di tempo molto ridotto.
In dialetto civitavecchiese il nasello, detto merluzzo e anche merluzzetto se di piccole dimensioni, è una specie molto nota, commercializzata fresca con una taglia minima di 20 cm, una specie estremamente versatile in gastronomia. Tra le principali tecniche di cottura, ad esempio, si possono annoverare la frittura, la cottura a bagnomaria, la cottura al vapore, l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la cottura ai ferri, la cottura al salto, la cottura in umido, la gratinatura, la cottura all’acqua pazza, la panatura.
Come detto, il nasello è indicato anche con il termine “merluzzo” e generalmente si tende a confonderlo con tale specie ittica. “Merluzzo” è il termine che definisce delle specie ittiche non presenti nel Mediterraneo. Ne esistono diverse come, ad esempio, il merluzzo d’Alaska o Pollack d’Alaska Theragra chalcogramma, il merluzzo o nasello del Pacifico Mercluccius productus, il merluzzo o nasello sudafricano Merluccius capensis, il merluzzo o nasello australe Macruronus novaezelandiae, il merluzzo o nasello atlantico Merluccius albidus. Generalmente, tali specie sono presenti sul mercato come prodotti della pesca surgelati.
Del merluzzo, inoltre, due specie in particolare, non presenti nel Mediterraneo, sono ormai storicamente utilizzate e note come prodotto lavorato e conservato. Si tratta del merluzzo nordico Gadus macrocephalus e del merluzzo nordico Gadus morhua.
Il merluzzo Gadus macrocephalus è la specie maggiormente utilizzata per produrre il noto “baccalà”.
In questo caso il pesce pescato viene salato e stagionato. Un prodotto molto ricercato è il Gaspè San Giovanni, la cui origine, come pescato, è il mare intorno all’isola di Saint John in Canada.2
Il merluzzo nordico Gadus morhua è la specie maggiormente utilizzata per produrre lo “stoccafisso”, detto anche stocco in dialetto civitavecchiese. In questo caso il pesce fresco viene essiccato. La specie è tipica nel Mare del Nord e nell’Oceano Atlantico settentrionale delle coste europee.3
Si tratta di due prodotti della pesca un tempo oggetto di un’importante attività alieutica per l’economia di Civitavecchia (e non soltanto) e ampiamente utilizzati dalla popolazione locale (e non soltanto), consacrati nella gastronomia della tradizione civitavecchiese.
Il baccalà è senza dubbio più versatile in cucina.
Tra le molte note storiche interessanti in merito, che riguardano la storia della pesca a Civitavecchia, diffuse dagli studiosi e storici civitavecchiesi Carlo De Paolis e Enrico Ciancarini, ricordiamone alcune sulla “fabbrica del baccalà” di Civitavecchia.
De Paolis (2006)4 riporta che […] “negli anni Trenta del Novecento”, [la società a partecipazione francese S.A.I.M., acronimo di Società Anonima Italiana Merluzzo, fondata nel 1934] […] “diede vita ad una fiorentissima industria di salagione, essiccazione e sfilettatura del merluzzo pescato nei mari nordici, rimasta nella memoria collettiva come “fabbrica del baccalà”. La fabbrica, ubicata a quel tempo tra la darsena romana e l’adiacente via Nino Bixio, lavorava il merluzzo fresco per conservarlo sia come baccalà sia come stoccafisso: si trattava di pesci interi e di filetti di baccalà che venivano confezionati in scatole da mezzo chilo per poi essere spediti ai mercati di tutta Italia. Il consumo di tali prodotti era diffuso anche sul mercato civitavecchiese.
In un interessante listino dei prezzi datato 19405, oltre allo sgombro sott’olio e al tonno all’olio, tra le tipologie di pesce conservato sono riportati il baccalà e lo stoccafisso: il baccalà ha un prezzo variabile da 3,70 a 5,40 Lire al chilogrammo, mentre lo stoccafisso ha un prezzo che va da 5,50 a 7 Lire al chilogrammo. Tra le varietà di baccalà riportate vi sono il nazionale (tipo Islanda) sia secco sia bagnato, lo style sia secco sia bagnato, il San Giovanni sia secco sia bagnato e il Salinato gran banco, da 2 chilogrammi di peso in su, sia secco sia bagnato, mentre tra le varietà di stoccafisso figurano il Finmarken, l’Italiano e olandese, il Bergen Westre Lofoen Westre e il bagnato.
La memoria delle varie fasi della lavorazione, come riporta Ciancarini (UILA Pesca, 2019)6 ci vengono restituite da un filmato “dell’Istituto Luce del 19 febbraio 1936”.7 […] “Il pesce, estratto dalle stive dei pescherecci, è depositato in capienti ceste che tramite un paranco arrivano a terra in fabbrica. Nei piani superiori avviene la prima lavatura, successivamente una spazzolatrice meccanica provvede a togliere il sale superfluo, in seguito il pesce viene pressato in grandi pile per liberarlo dall’eccesso di acqua. Infisso in telai mobili è posto in ampi corridoi per l’essicazione artificiale tramite correnti di aria calda. Se il tempo atmosferico lo permette si procede con l’essicazione naturale all’aria libera sul terrazzo della “fabbrica del baccalà”.
Un tempo, dunque, all’attività di pesca, specificatamente di cattura, seguiva direttamente in loco un’attività di lavorazione e conservazione che aveva risvolti economici e sociali molto importanti.
Quello che rimane sono dei piatti tradizionali nella gastronomia civitavecchiese soprattutto a base di baccalà, che, come riporta ancora De Paolis,8 sono il “baccalà uso stocco”, il “baccalà in agrodolce”, i “filetti di baccalà”. il “baccalà spinozzato”. Anche il “baccalà a scottadito”, il “baccalà in umido” e “baccalà con patate” sono altrettanto noti.
Il “baccalà spinozzato”. Si tratta in concreto della ricetta di un’insalata a base di baccalà, molto gustosa e anche semplice da preparare, il cui poco tempo necessario alla preparazione può essere considerato un valore aggiunto alla ricetta in sé.
Il baccalà deve essere dapprima ridotto in piccoli pezzi sfilacciati già spinati e successivamente tenuto a bagno per almeno mezz’ora (in genere). Ai pezzi di baccalà, da mantenere rigorosamente crudi, va poi tolta l’acqua in eccesso prima di mescolarli con gli altri ingredienti.
Nel frattempo, tagliare a fette o a piccoli pezzi dei ravanelli (o a piacere lasciarli interi), dei pomodori, un cetriolo (o più), una carota (o più), qualche costa bianca di sedano o in alternativa del finocchio e poi aggiungere delle olive nere. Riporre il tutto in una ciotola grande (meglio un‘insalatiera) per l’utilizzo successivo.
Dopo aver “asciugato” i pezzi di baccalà ed averli mantenuti crudi, procedere alla realizzazione vera e propria dell’“insalata” ovvero del “baccalà spinozzato”.
In un’insalatiera, al baccalà aggiungere gli ingredienti precedentemente tagliuzzati e messi da parte e condire il tutto, o meglio il “baccalà spinozzato”, con olio extravergine di oliva e con una manciata di pepe nero. Il sale può essere aggiunto a piacere. Prima di servire e gustare il “baccalà spinozzato” è bene lasciare insaporire.
Senza dubbio si tratta di una ricetta interessante e semplice e di un piatto dal gusto delicato e “fresco” che risulta anche accattivante se osservato per il suo effetto cromatico.
GIORGIO CORATI

Interessante!
Anna Luisa
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