Trovami qualcuno da odiare, per favore.
di SIMONETTA BISI ♦
Li vedo: sono lì che scrutano compulsivamente il pc, vagando a casaccio con febbrile velocità
oppure, i più esperti, utilizzando parole chiave adatte alla ricerca. Cercano la caramella migliore
per gustarla e farla gustare al mondo intero. C’è il gusto dolce offerto dall’avere trovato ‘ la notizia’
da pubblicare sulla stampa cartacea o online, e il gusto acre e bilioso di chi cerca il post giusto per
dare sfogo agli istinti peggiori degli esseri umani. In entrambi i casi sono persone che vanno a
caccia, ben muniti delle loro armi cariche di parole: parole di critica spietata, o parole d’odio,
spesso entrambe.
Deve rendere felici trovare qualcuno da attaccare, da mettere sotto processo, da perseguitare. Sono
gli odiatori. Mi chiedo se alcuni lo facciano per professione. 
Non sto parlando delle manifestazioni di odio nei confronti di alcune categorie di persone, oggetto
di discriminazione per il colore della pelle, l’origine, il sesso ecc. Abbiamo più volte dovuto fare
ricorso alle leggi per combattere episodi ricorrenti, leggi non sempre ottenute con la rapidità e la
concordia necessaria. Basti pensare alle resistenze sulla cosiddetta Legge Zan contro l’omofobia
(gay, lesbiche queer e altro) nonostante tanti episodi di cronaca, chiara espressione di intolleranza e di istigazione alla discriminazione e alla violenza. Eppure, dovrebbe essere considerata prioritaria
per tutti la necessità di offrire una tutela rafforzata anche in questi casi di omofobia, così come già
previsto nella legge Mancino per reati la cui motivazione si fonda sul razzismo o su motivazioni
religiose.
“L’apologia del nazismo e i continui attacchi antisemiti, i cori razziali nelle curve degli stadi, il
pericolo della violenza di matrice suprematista, l’orribile contatore dei femminicidi, gli atti di
bullismo contro disabili, le vigliacche discriminazioni contro le comunità gay. Notizie che leggiamo
tutti i giorni: crimini legati dal filo rosso dell’odio contro chi è diverso per razza, religione, genere,
orientamento sessuale. A testimonianza di quanto spesso il concetto sia divisivo, non esiste una
definizione giuridica dei crimini d’odio, pur trattandosi di reati fortemente connotati dal pregiudizio per una caratteristica della vittima che attiene a un aspetto profondo della sua identità e di quella del gruppo cui appartiene.” (Quando l’odio diventa reato. Caratteristiche e normativa di contrasto degli hate crimes di Stefano Chirico, Lucia Gori e Ilaria Esposito (2020).
Qui mi rivolgo a quella massa informe e non ben definita che, non sapendo evidentemente godere
delle tante forme di bellezza e piacere che la vita ci offre, sposta il godimento sul sadismo della
vituperazione e sopraffazione verbale di un soggetto. Novella forma di vampirismo, questi odiatori
online sopravvivono solo se riescono a succhiare l’anima di qualche soggetto che si offre sul web
come preda.
Facile delinearne i contorni. Con una sola parola, infatti, si può sintetizzare la loro peculiarità:
vigliacchi.
Il caso di Giovanna Pedretti, concluso con un suicidio mette in evidenza due punti: la volontà di
fare notizia per affermarsi come ‘influencer’, e la capacità di trovare le parole giuste per scatenare
l’orda dei propri seguaci. Se il caso della Ferragnez poteva avere motivazioni valide – lo vedremo,
se ne sta interessando la procura che ci dirà se si tratta di illecito o di mancanza di tutela, mi chiedo:
che bisogno c’era di ‘creare la notizia’ nel caso di Giovanna Pedretti? Quale l’urgenza di
evidenziarsi, di creare un caso di cronaca? Evidentemente questo signor Biagiarelli, forse infastidito dalla risonanza avuta dal post di una persona qualunque, ha pensato che fosse il caso di distinguersi dai benpensanti non omofobi. E come? Mettendo in dubbio quello che una donna lavoratrice aveva messo sul suo sito Facebook: lo screenshot del post di un utente, che si lamentava per essere stato fatto accomodare accanto “a dei gay e a un ragazzo in carrozzina che mangiava con difficoltà”, con la relativa risposta della titolare, che lo invitava a “non tornare da noi, a meno che non ritrovi in sé i requisiti umani che nel suo atteggiamento sono mancati” (repubblica 15/2/2024).
Vero? Falso? Ma è davvero così importante saperlo?
Per Biagiarelli sì. Infatti, intervista la signora per telefono, pubblica i suoi dubbi, e sulla questione
gli dà una mano perfino Rai3 per sviscerare una questione davvero rilevante, non futile come quella
di Olindo e Rosa. La signora, non abituata a essere al centro di quella che le appare una trappola,
non è abile nel difendersi, forse si contraddice, lei non conosce tutte quelle peculiarità dei caratteri
google… quando l’ha fatto? Chi era l’utente? Vede, signora, i caratteri sono diversi. Ha detto a
maggio, o a ottobre? La signora conferma. Ha solo ingrandito il post e fatto uno screenshot.
La compagna di Lorenzo Biagiarelli, Selvaggia Lucarelli, riprende la notizia: “Una persona inventa
una storia usando disabili e gay per avere quella popolarità sui social che ormai tutti vogliono”. “Lo
fa confezionando un commento fatto male, molto ingenuo da un punto di vista tecnico. Era
chiaramente falso al primo sguardo”, ed ecco i vampiri si buttano sulla notizia infamando e
attaccando con ferocia la signora e il suo locale.
Dice Lorenzo Biagiarelli, dopo la risonanza nazionale ottenuta dalla sua scoperta: Per me finisce qui, anche per umana pietà per la signora e per la sua attività, vittima un po’ del suo
tentativo di ribalta… (Repubblica 15/02/24)
Anche per Giovanna Pedretti la storia è finita qui.
SIMONETTA BISI
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Le immagini nascono da un’idea di Simonetta Bisi.

Cara Simonetta, anche io, nel nostro piccolissimo mondo civitavecchiese, in cui facebook, non è più certo fenomeno globale, ma più termometro sociale e politico della città, sono spessa vittima di malcelati attacchi di odio, scritti in generale, senza fare nomi, come sanno fare bene i vigliacchi, anche per me è motivo di dolore, perché, anche se so di non piacere a tutti, menomale! Non credo di meritarmi di essere bersaglio di insulti gratuiti, me, il mio corpo, il mio modo di essere, il mio modo di essere madre. Ciò che più mi addolora a volte e vedere il plauso di amici ed amiche sotto queste invettive che non sanno essere riferite anche a me. Hai ragione trattasi di bile.
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Mi tengo lontana dai social, non sono iscritta a nessuno di essi, mia scelta dipendente dal lavoro che ho svolto e che non ho voluto inquinare con queste piazze mediatiche. Ora sono in pensione ma non voglio iscrivermi a nessun social.E i fatti di questi giorni mi confermano nella scelta. Mi conosco, reggo poco le valanghe di assalti e…tengo alla mia salute mentale. Sono fragile? Forse sì forse no, ma se devo discutere amo farlo guardando negli occhi l’interlocutore
Maria Zeno
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Utile e stimolante avviare una riflessione sul tema. Ricordando che esattamente sessant’anni fa, nel 1964, Marshall McLuhan aveva descritto la tendenziale crescente sovrapposizione, nelle cosiddette “società dell’informazione”, del medium – il mezzo tecnico che trasmette l’informazione – al messaggio. Un’intuizione che ha trovato una plateale conferma con la digitalizzazione ma che propone a tutti noi, che disponiamo di strumenti come i social, inimmaginabili solo pochi decenni or sono. Ci troviamo intellettualmente impreparati a dare risposta a interrogativi etici profondi (e niente affatto “moralistici”). Nicola Porro
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Errata corrige (frase saltata). Leggi… Un’intuizione che ha trovato una plateale conferma con la digitalizzazione ma che propone a tutti noi, che disponiamo di strumenti come i social, inimmaginabili solo pochi decenni or sono, questioni inquietanti ma di crescente rilevanza sociale. Sorry… Nicola Porro
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Che lo dico a fa!!!! La mia storia è nota ed è sfociata in una causa ancora in corso; sono andata via da tutti i social tranne Tik Tok che tengo per i video di Barbero, Galimberti, e altri limitando al massimo i miei interventi; l’odiatore da tastiera, stimolato da un post, non ti risparmia nulla anche una stupidata con cui commentavo l’amore che hanno a Istanbul per i gatti che te li ritrovi anche coricati nelle vetrine dei negozi.Mi sono arrivate una montagna di offese solo per avere raccontato un fatto conosciuto da tutti, e non sarà difficile immaginare quello che qualche anno fa mi è arrivato per una battuta che aveva tutto un altro significato e che è stato abilmente decontestualizzato dandogli stato ontologico autonomo; purtroppo le anime brutte esistono e spesso hanno un aspetto insospettabile, a volte con un ciuffo di capelli biondi all’ultimo dei mohicani, a volte con una fluente chioma rossa, a volte con un nome noto e un mestiere da opinionista
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Scusate, ma che sono i social?
Un sarcasmo che forse dovrebbe essere valutato attentamente!
Visto che è , come si espone, luogo di inciviltà la lontananza sembra necessitare. Se a ciò si oppone l’astinenza di relazionalità faccio sommessamente notare che il nostro blog può essere utile rimedio alla carenza di contatti.
Ed ora sotto con gli attacchi!!!
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Vi lascio quello che ha scritto Jonathan Bazzi stamattina: “social sono l’arte della guerra. Tu sbagli, io ho ragione. Tu sei il male, io il bene. E più questo meccanismo si inasprisce, più aumentano il traffico, i like, le condivisioni. I soggetto criticabile – che sia l’omofobo o il fascista, il truffatore o il maschilista – diventa nemico da annientare, perché annientando io cresco, vengo premiato dall’algoritmo. È un ricatto a cui tutti cediamo, prima o poi, perché tutti vogliamo sentirci amati, presi in considerazione, importanti. Ma così la nostra umanità, o quel che ne resta, è polverizzata. Si sgretolano i presupposti di ogni rispecchiamento, sospensione del giudizio, di ogni possibile senso di comunità.
L’unica soluzione passa, credo, per la rinuncia. Ovvero la disciplina, la continenza. Rinuncio a questa botta di adrenalina, a questo senso di centralità, al fremito della micro o macro celebrità. Non sono disposto a cedere, mi privo del premio in palio, prendo una fetta di torta più piccola ma senza veleno. In un sistema fatto per sfigurarci tocca al singolo, se ne ha la forza, la misericordia dell’educazione. Alzare lo sguardo, allargare il respiro, coltivare un potere più grande di quello di cui sentiamo ormai di doverci accontentare.”
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Ricordate cosa diceva Umberto Eco delle piazze virtuali e dei 5 minuti di visibilità concessi a tutti, anche agli imbecilli?
Maria Zeno
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Caro Carlo Alberto, io vivo benissimo senza social, non ho crisi di astinenza non essendovi mai entrata pet scelta, come sopra dicevo.
Sul lavoro ogni tanto un allarmato o allarmata prof correva in Presidenza dicendo:” Preside,sa cosa dicono i genitori etc etc”, la mia risposta era che se avevano qualcosa da dire e da dirmi io ero viva, vegeta e rintracciabile in un luogo fisico dove volentieri li avrei ascoltati de visu.
Maria Zeno
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