SUL NATALE
di STEFANO CERVARELLI ♦
Un paio di riflessioni sul Natale, confortate dal pensiero di due grandi personaggi della nostra cultura, sebbene abbiano percorso cammini totalmente diversi e diverse quindi siano state le loro esperienze sociali. Mi riferisco ad Alberto Moravia ed a Monsignor Gianfranco Ravasi.
Del primo, in un volumetto di circa venti anni fa, dal titolo “I pensieri di Natale”(ed. Bur), leggo la frase di presentazione con le parole di Moravia, che non ho potuto non fare mie. Il grande scrittore dice:
“Lo spirito dl Natale somiglia ad una vecchia anfora recuperata dal fondo del mare. Una superficie lucida, limpida, integra alla base, ma ormai ricoperta dalle incrostazioni del consumismo e del vivere contemporaneo”. Parole che, oggi, hanno, purtroppo, una grande attualità.
Inoltre devo confessare che da cattolico mi ha fatto piacere leggere definizione data da Moravia al Natale ”integro alla base”.

In un libro di Monsignor Ravasi leggo un brano nel quale l’illustre prelato cita Luigi Santucci, che, a commento di uno scritto del poeta francese Paul Caudel nel quale questi parla dell’amara verità di ogni nostro Natale, definisce questa festività “effimera tregua della nostra malizia”.
Indubbiamente, in questi giorni, anche il cuore più arido riesce a provare un brivido di tenerezza mentre la nostalgia può forse aiutare la coscienza alla conversione.
Il Natale, per il poeta francese, contiene la forza di sollecitare il “nostro volere”, conducendoci a scelte di luce e non solo a “emozioni ritrovate”. Claudel però è anche consapevole che “ fragile e breve è il nostro volere”.
Il “tabernacolo” del Natale ci ospita come un rifugio sicuro, ma la nostra smania ci riconduce fuori, ci riporta alla consueta freddezza, all’indifferenza, alla cattiveria.
Del Natale si assorbe solo l’atmosfera ”festaiola” e sentimentale legata alle note dello Stille Nacht o al più mediterraneo Tu scendi dalle stelle, che qualche brivido riescono sempre a strappare.
Un altro poeta, Montale, addirittura scriveva in una sua strofa: “Il Natale è il giorno dell’anno che svuota le caserme e ci riporta gli amici persi…” nulla più.
Spesso, però, è anche la nostra incostanza e superficialità.
Con la speranza che possiamo riscoprire quella “integrità” che è alla base del Natale, auguro a tutti un sereno anno nuovo.
STEFANO CERVARELLI

Il significato del Natale è ormai non più univoco. Al concetto cristiano si è aggiunto molto significato esteriore.
Un tempo, quando si decise nella fase aurorale, di canonizzare l’evento si scelse quel solstizio d’inverno che assicurava la vittoria del sole che trionfa sulla oscurità. Al culto di Mitra si contrapponeva Christus Sol! “Io sono la luce del mondo”
Poi avvenne la de-mitizzazione e fu mercato.
Festa della famiglia, festa dei bambini, luci e canti in lingua inglese, luccichio e festa nello zampillare di sensazioni che nella normalità sono interrate.
Eppoi il ritorno al pagano ma non più del mediterraneo. La Julfest festa principe dei Germani in onore di Odino Freyer e Thor. Il Natale nordico delle renne e dei ghiacci.
Possiamo aggiornare, alterare, de-mitizzare come vogliamo purchè sia chiaro che cosa demoliamo: kai o logos sarx egheneto .
Carlo Alberto
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