L’AUTOBIOGRAFIA FEMMINILE TRA LETTERATURA E TRADIZIONE ORALE – 1.3 L’AUTOBIOGRAFIA E L’AGIRE SOCIALE. 

di VALENTINA DI GENNARO

Abbiamo già citato testo dello psicologo russo Vygostkij ”Pensiero e linguaggio” : si afferma come le parole che si usano non siano neutre, ma che mentre le si utilizza, siamo già connotate in modo culturale dal proprio retaggio. 

Più specificatamente potremmo dire quasi suggerite dalla comunità a cui si appartiene.

Secondo lo studioso sovietico, infatti, i processi psichici superiori come il pensiero, il linguaggio, la memoria e quindi il narrare, non hanno un’origine naturalistica, organica o biologica, ma rappresentano un agire sociale, sono quindi comprensibili solo prendendo in considerazione la storia sociale e gli eventi storici contemporanei allo sviluppo.

Per dirla con J.S.Bruner: “Ciò che rende possibile. Il linguaggio è la costruzione ed elaborazione di quella rete di aspettative reciproche che è la matrice, la condizione della nascita della cultura”.

Narrare, narrare di sé, con un determinato uso delle parole, significa cioè costruire la propria identità di soggetto, all’interno della propria comunità, inserendosi e conquistando uno spazio pubblico. Quindi fare autobiografia, narrare di sé, è stilare sia un resoconto, ma anche la volontà di proporre una anticipazione per L’agire futuro. 

Attraverso la scrittura di sé, la vicenda delle donne, anche nei suoi risvolti più misteriosi e segreti, si normalizza. E la normalizzazione serve a rendere simile e comprensibile l’essere donna alle altre persone, alle altre donne. 

Il presentarsi di situazioni non conformi, di storie di corpi non conformi, come stimolo alla narrazione stessa, come tentativo di spiegare la divergenza che si rappresenta, attraverso la necessità di normalizzare la propria esperienza.

La narrazione autobiografica ha aperto lo sguardo e l’attenzione alla complessità sociale, all’aspetto interpretativo, ma anche dal punto di vista storiografico. Ha cominciato a rappresentare un vero e proprio nuovo patrimonio di fonti dirette. 

“Il dispositivo narrativo consente ai soggetti di ripensare le proprie esperienze e le proprie azioni ricostruendone il senso, portando alla luce intenzioni, motivazioni, opzioni etiche e valori ali implicate, all’interno di una rete di significati culturalmente condivisi.” 

Duccio Demetrio, già citato come uno degli esperti italiani di metodologie autobiografiche, co-fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, ha riflettuto sul pensiero dello scrittore David Grossman, che afferma come per l’uomo sia impossibile sottrarsi al bisogno di raccontarsi, di narrare di sé, narrare di sé, nel mondo e nella storia. Il pensare, scrivere e comunicare attraverso le storie assomiglia a quella forma spontanea e istintiva che molti autori, studiosi, letterati, hanno denominato “istinto narrativo”, uno tra tutti Jonathan Gottschall.

Duccio Demetrio aggiunge che per fortuna esiste anche l’istinto parallelo di ascoltare storie.

Risulta quindi ormai una opinione condivisa dalla comunità scientifica in diversi ambiti che la capacità di produrre e comprendere narrazioni e auto narrazioni, racconti storici e scritture sia una competenza universale della specie umana e che rappresenti, da sempre, un fattore fondamentale per lo sviluppo personale, sociale e culturale degli individui e delle società.

In questa cornice non stupisce come la narrazione al femminile sulla propria vita sia stata assente per molto tempo dalla storia, ma rilegata soprattutto alla tradizione orale famigliare. 

La narrazione risulta quindi essere onnipresente nel quotidiano di ognuno, anche se nella storia dell’uomo, del maschio, subito assunta a fonte storiografica. Risulta quindi essere una capacità che sviluppiamo, si è detto, interagendo fin da bambini e bambine e che affiniamo con lo sviluppo cognitivo fino alla maturità. Produciamo, facciamo parte, scriviamo e ascoltiamo narrazioni da quando nasciamo a quando moriamo. Per dirla con Paolo Jedlowski: “Siamo una specie narrante”, così come anche rimarcato da Michela Murgia in una intervista a TLON: “Siamo l’unica specie narrante, l’unica del pianeta di cui abbiamo riscontro che si trasferisca le storie di generazione in generazione. È sufficiente saltarne una di generazione e tutta quella eredità è perduta, per cui smettere di raccontare come si sono ottenuti i diritti lottando insieme, significa privare una generazione che nasce degli strumenti per difendere quei diritti.”

VALENTINA DI GENNARO                                                                                                    (continua)

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  • L’immagine di copertina è di Elisa Talentino