I CANTASTORIE TRADITI — COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.
di EZIO CALDERAI ♦
Capitolo 40 (seconda parte): La Marcia irresistibile del Belpaese verso il gradino più alto del podio. Il vuoto lasciato
dagli anticorpi del conformismo e della stupidità: Ennio Flaiano, Leo Longanesi. Un verso di
Omero anticipazione del sogno. Il rifiuto di quelli che ci vogliono controllare e punire per il nostro
bene. Il destino della civiltà occidentale legato ai cantastorie, che ci hanno regalato momenti di
felicità in una bella serata di luglio a Via Monte Grappa, strada storica di Civitavecchia?
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Vi ho ingannati, ma a volte la filosofia batte come il «friccico nel core» di Rugantino, splendida commedia musicale di altri tempi, quando l’Italia camminava sulle idee. D’altra parte, il mio non è stato un «Dialogo con Io», non melo sarei potuto permettere, ma una speculazione di provincia.
Ora, però, andiamo al sodo. Mentre scrivo queste ultime pagine si celebra il rito dell’ennesima crisi di governo, questa volta planetaria, avendo coinvolto tutto il mondo occidentale per sostenere, come un sol uomo, il Presidente dimissionario, Mario Draghi, non a caso la notizia figurava a caratteri cubitali, otto colonne, sulla prima pagina della «Gazzetta della Fortezza».
In Italia da una settimana non si è parlato d’altro, le opinioni, i pronostici, le soluzioni hanno invaso
le pagine di tutti i giornali e impestato l’etere, con la loro stupidità, conformismo, abuso di luoghi comuni e furbizie.
Mai come in queste occasioni si sente la mancanza di Ennio Flaiano, geniale scrittore, autore e sceneggiatore di innumerevoli film nell’epoca d’oro del cinema italiano, tra cui la ‘Dolce vita’ di Federico Fellini, giornalista, drammaturgo, umorista fulminante, vincitore del Premio Strega, il primo, nel 1947, con un romanzo scritto in tre mesi solo perché Leo Longanesi, altro protagonista della cultura e del costume italiano prima e dopo la guerra, gli disse che non ne sarebbe stato capace.
Ecco, proprio in occasione di una crisi di governo, Flaiano scrisse: «La situazione politica è grave, ma non seria». Purtroppo, Flaiano e Longanesi se ne sono andati ed è caduta la diga alzata contro l’opportunismo e la stupidità.
La crisi ha qualcosa di surreale, per due ordini di considerazioni.
Primo, è stata aperta dai 5S, un partito, pardon movimento, ormai inesistente, allo stato liquido, come il gas che ci verrà persino dall’Iran – Dio non voglia, ma, nell’eventualità, ho già detto a mia moglie che ci dovremo arrangiare con un fornelletto a spirito -, che pretende un’agenda di governo per l’attuazione della quale ci vorrebbe una legislatura e mezzo, per non parlare dei soldi, quando mancano pochi mesi, nella migliore delle ipotesi, per la fine della legislatura.
Secondo, sono tra quelli che stimano Draghi per la sua competenza e la sua autorevolezza, doti apprezzate in tutto il mondo e che sono state molto utili all’Italia negli ultimi due anni, ma non posso credere che in un paese, pur malconcio come l’Italia dei giorni nostri, non ci siano altre figure capaci di guidare gli italiani. In pratica, noi stiamo dicendo al mondo che, senza Draghi, non possiamo farcela, dando ragione a quello stesso mondo che per Draghi sta facendo un tifo da stadio.
Si è ripetuto il copione, talvolta grottesco, dell’elezione di Mattarella per il secondo mandato al Quirinale, come se un paese di 60 milioni di abitanti, settima potenza industriale del mondo, dovendo partecipare ai campionati mondiali, potesse schierare solo due giocatori: Mattarella e Draghi.
“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, lo scrisse il grande scrittore e drammaturgo tedesco Bertold Brecht, e umilmente mi sento dalla sua parte.
Tuttavia, la crisi attuale non è l’eccezione, il fulmine a ciel sereno, come accreditato dalla vulgata generale, da cui in pochi hanno il coraggio di discostarsi. Nessuno che riconosca che la crisi è l’ultimo atto di una deriva iniziata trent’anni fa e che ha avuto un’accelerazione portentosa (manco Federer ai bei tempi) nel 2018, con la vittoria alle elezioni del movimento del vaffa.
Le condizioni sono disperate, i conti pubblici sono allo stremo, la povertà sta dilagando nel paese, ma sarebbe stato meglio o no affrontare la crisi, interrogandosi sulle ragioni che hanno impedito, da trent’anni a questa parte, all’Italia di crescere agli stessi ritmi di Francia e Germania, sarebbe stato meglio o no avere in tasca i soldi sperperati e che continuiamo a sperperare per Alitalia, che con Ita ha cambiato nome senza essere l’araba fenice, per il Monte dei Paschi di Siena, per tenere ferma un’azienda produttiva come l’Ilva?
Tutte domande retoriche. Malgrado Draghi, i nostri passi in avanti sono stati millimetrici, la riforma della giustizia? Un sussulto. La riforma della concorrenza? Sì, va bene, ma non per i taxi, i bagnini, le società di servizi dei comuni. Il nostro gas? prendiamolo subito, e stiamo ancora aspettando. Le energie alternative? Tutti d’accordo, ma i progetti per la gran parte sono fermi.
Non saremo soltanto io e mia moglie a usare il fornelletto a spirito.
Ciò accade perché le idee sono state sostituite da slogan, i rapsodi del pensiero unico sono convinti, per perpetuare il loro potere, anche miserabili frammenti, di poter dividere la società in modo manicheo tra populisti e sovranisti da un lato e resto del mondo dall’altro, quando invece dovremmo scegliere tra demagoghi e liberi seguaci della responsabilità.
Si parla di crisi mentre Roma, la capitale d’Italia, la maltrattiamo come non ha fatto neppure Attila ‘flagello di Dio’, mentre le città sono nelle mani di spacciatori, italiani o stranieri non importa, di bande, sempre più spesso di minorenni, che praticano alla luce del sole lo spaccio, il furto, la violenza, in una catena di sangue, che nessuno prova ad arginare, mentre l’agricoltura e in grave sofferenza per la siccità, come se fosse evento raro, millenario, e non invece un’eventualità possibile, capitato innumerevoli volte in un paese come il nostro, senza che nessuno abbia il coraggio di dire apertamente che la colpa è solo nostra che in trent’anni non siamo stati capaci di creare invasi d’accumulo di acqua o per mettere a posto, almeno in parte e gradualmente, la rete di distribuzione, ridotta a un colabrodo.
Ora, però, c’è il PNRR, con i suoi miliardi faremo tutto. Peccato che non si stia facendo niente. La burocrazia è slabbrata, inefficiente, incapace di spendere e realizzare e timorosa di farlo.
L’ultima opera pubblica degna di questo nome, in Italia, è stata l’Alta Velocità, realizzata grazie a due uomini di grande capacità e coraggio, Lorenzo Necci, Presidente di Ferrovie dello Stato, ed Ercole Incalza, Direttore Generale del Ministero delle Infrastrutture. Oggi le città italiane sono più vicine tra loro, ma i protagonisti di quell’impresa hanno pagato con la vita, perseguitati – il termine è crudo, ma non riesco a trovarne un altro più adatto – dalla Magistratura: Necci è morto in un disgraziato incidente d’auto dopo un lungo processo, conclusosi in Cassazione per mancanza di indizi di colpevolezza; Incalza è stato arrestato 17 volte, spesso incarcerato e a lungo ai domiciliari, e per 17 volte è stato assolto.
Quando ho parlato di città italiane più vicine, ho omesso di dire che tra esse non ci sono città del sud, fatta eccezione per Napoli. Ora stanno partendo delle linee da Bari. Si è ancora nella fase dell’aggiudicazione dei lavori e già si sente dire che i tragitti interferiscono con l’habitat di non so quali uccelli. Speriamo bene.
Io non la vedrò, ma sogno una ferrovia che raggiunga tutte le città del sud fino a Reggio Calabria.
Nell’Ottocento, in pochi anni, il Regno d’Italia completò due linee ferroviarie, tuttora strategiche per il Paese, la Tirrenica Meridionale e la Ferrovia Adriatica, speriamo che la Repubblica Italiana, 130/150 anni dopo, sappia fare meglio.
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Non hai, mi dicono molti amici, tutti i torti, ma il tuo pessimismo cosmico non è giustificato.
Ne sono convinto, e poi cosmico non l’ho mai detto. So perfettamente che il mondo occidentale è ancora all’avanguardia nel campo scientifico, basti pensare al telescopio spaziale, concepito da un consorzio di agenzie americane, canadesi ed europee, che è riuscito a fotografare galassie distanti 13 miliardi di anni luce dalla terra, forse all’indomani del mitico big bang, aprendo la strada a sviluppi inimmaginabili fino a pochi anni fa.
La velocità, con cui grandi aziende sanitarie americane e britanniche hanno messo in commercio vaccini in grado di contenere gli effetti letali del covid 19, ha del prodigioso.
In Italia c’è una miriade di imprese, per lo più medio-piccole, che neppure conosciamo, leader nelle più svariate produzioni di beni e servizi, che esportano in tutto il mondo. Quelle grandi, poi, lo sono diventate. Partite da ambiti territoriali ora primeggiano in tutto il mondo. Pensate a Ferrero a Leonardo del Vecchio, purtroppo recentemente scomparso. Anche aziende pubbliche, che negli anni ’80 del secolo scorso sembravano destinate a sparire, come Ferrovie dello Stato, ora sono la punta di diamante in Europa e nel mondo del genio italiano. Sono almeno 15 anni che il nostro paese vive grazie allo strepitoso saldo della bilancia dei pagamenti, che registra le nostre esportazioni.
Tuttavia, non credo, anche se spero di sbagliare, che la tecnica e la tecnologia possano tenere accesa la fiammella della civiltà. Medicina e farmacologia sembrano voler tenere in vita i vecchi, piuttosto che offrire opportunità ai giovani. La libertà di pensiero è messa a dura prova nelle opere dell’ingegno, spettacoli compresi, e addirittura nelle Università anglosassoni, le migliori del mondo, dal virus del woke, più pericoloso del covid 19, difficile da debellare più di quanto si potesse credere.
Le nazioni occidentali sono dominate dal politicamente corretto, quindi, dal conformismo.
In Italia, l’abbiamo visto nelle reazioni della stampa scritta e parlata in occasioni della crisi, che ha portato alle dimissioni di Draghi. Quasi la totalità dei giornalisti e dei commentatori parlavo come se l’Italia fosse l’ombelico del mondo. Niente paura, volevano semplicemente valorizzare le banalità in cui sguazzavano. Succede sempre. Nessuno ha il coraggio di dire, pur essendo informato più e meglio del vostro distratto cronista, che la crisi italiana è un tassello, per di più residuale, di quella che sta travolgendo il mondo occidentale.
La Commissione Europea non ha più soldi in cassa e si regge sulle mistificazioni per salvare la faccia. Ed in effetti quando comunica enfaticamente l’inflazione è buona e giusta perché dipende dall’aiuto dato all’Ucraina, mente, perché sta infiammando l’Europa e il mondo dalla fine del 2021, quando la guerra in Ucraina era in mente dei, ma non si poteva smentire la Presidente che aveva detto trattarsi di una fiammata, che sarebbe durata lo spazio di un mattino; quando ci dice che è impegnata ad affrontare la crisi energetica, in realtà sta studiando un piano di razionamento per l’autunno.
Aggiungiamo che Putin con la nostra amata Commissione ci gioca a palla, il gas prima glielo dà, poi non glielo dà più, poi glene dà un po’, con parsimonia, però.
L’Italia è senza governo e si avvia alle elezioni, ma la Francia non sta meglio: il Presidente Macron ha vinto le elezioni presidenziali, ma perso le legislative, è un’anatra zoppa, direbbero gli americani.
EZIO CALDERAI (continua)

Ci manchi tanto Ezio, ci manca la tua ironia, ci mancano le tue polemiche, e le nostre discussioni su tu sai chi.Proteggici da lassù
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