I CANTASTORIE TRADITI — COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.

di EZIO CALDERAI ♦

Capitolo 38 (parte 2): I nuovi cavalieri dell’Apocalisse: demografia, educazione e sapere, migrazioni, religioni.

Vi sembrerà eccessivo, ma il fallimento della scuola anticipa le campane a morto della democrazia.

Se la scuola è mediocre, la parte del paese che ne ha la possibilità, manderà i figli nelle poche scuole d’eccellenza. Professionisti di buon livello, giornalisti e scrittori di spicco, ma lautamente compensati dal servizio pubblico, che gli affida la conduzione di programmi televisivi di tutti i tipi, politici non scappati di casa, grandi funzionari dello stato, professori universitari, imprenditori, influencer, artisti, calciatori, sportivi, dirigenti di istituzioni pubbliche nazionali e locali, manager di società partecipate dallo Stato, direttori RAI. Per farla breve, un sistema abbastanza ampio, che comprende donne e uomini che dispongono di un reddito tra 350.000 e 600.000 euro all’anno, avrà e tenderà ad avere il monopolio della conoscenza per i propri figli.

Queste fasce sociali, troppo spesso parassitarie, hanno scoperto il potere del censo, che consentiva il voto soltanto ai possidenti e i posti migliori alla messa della domenica. Saranno i loro figli a formare la classe dirigente che verrà, non solo avranno frequentato le migliori scuole patrie, ma frequenteranno le migliori università del mondo, parleranno più lingue, per loro si spalancheranno le professioni, gli uffici di Banca d’Italia e quelli del Parlamento, perché saranno in pochi a saper scrivere una legge. I figli dei loro figli saranno ancora più preparati ed ecco l’oligarchia, che Atene non riuscì a realizzare.

Se questo accade nei paesi europei, figuriamoci in giro per il mondo. A parte i regimi dittatoriali, dove la scuola e l’insegnamento funzionano perché i ragazzi debbono essere indottrinati fin da piccoli, altrove si tornerà al lavoro minorile e all’analfabetismo di massa. Nei paesi più poveri e densamente popolati, a parte poche, striminzite élites, i bambini non avranno altra scelta.

Sarà il fallimento delle straordinarie politiche promosse dall’ONU all’inizio della seconda metà del secolo scorso, che avevano come motore le democrazie occidentali. Queste ultime, tuttavia, dai primi anni 2000 sono diventate minoritarie nell’Assemblea dell’ONU e il bello e cattivo tempo lo fanno regimi ai quali è inutile chiedere rispetto per le donne e attenzione per i minori.

Quel che è accaduto in Afghanistan è sintomatico. Per vent’anni, dopo la sconfitta dei talebani, quel paese ha sprigionato energie positive a lungo represse: i ragazzi, comprese le bambine, tornavano a scuola e molti si laureavano, cinema e teatri riaprivano, la libertà faceva rifiorire tutte le attività, le donne non erano costrette a coprire il volto con quell’orribile strumento di tortura che è il burka. Poi, all’improvviso, è finito tutto. Gli Stati Uniti hanno negoziato la pace con i peggiori tagliagole in servizio permanente effettivo. Lì NATO e alleati non hanno contato niente. Zitti e mosca.

In quel paese si è spenta la luce.

Non so quanto, i combattenti ucraini, possano fidarsi degli Stati Uniti targati Biden.

La sicurezza e le migrazioni, anche quelle inaspettate.

I due fenomeni sono intimamente connessi. L’Europa e in genere le democrazie occidentali hanno adottato il principio, sacrosanto, di concedere asilo agli stranieri perseguitati nei paesi d’origine, poi dilatato a quelli che fuggono dalle guerre.

Con il tempo, neppure tanto, i principi sono saltati e chiunque si sentisse insoddisfatto della vita, spesso assai grama, che conduceva in patria, ha imboccato il percorso della speranza. A rischio della vita. I popoli occidentali invecchiano, rifiutano i lavori ingrati, e, con l’ipocrisia della accoglienza, hanno coperto lo sfruttamento della manodopera a basso costo.

Di migrazioni ce ne sono state di tutti i tipi, più dolorose, per le perdite di vite umane, quelle verso i paesi bagnati dal Mediterraneo, e la via dei Balcani, che attraversa paesi dichiaratamente ostili.

Si è trattato di una follia collettiva: improvvisazione, nessuna solidarietà tra i paesi dell’Unione Europea, incapacità di regolare flussi sempre più consistenti, commozione per i migranti in mare o tra la neve e i fili spinati dei Balcani, ma nessuna possibilità di far seguire all’accoglienza politiche di integrazione, fondate sul lavoro. I picchi, in effetti, ci sono stati negli anni in cui, specie nei paesi del Mediterraneo, il lavoro non c’era neppure per i residenti, con risorse sempre più scarse.

Angela Merkel ha accolto d’un colpo un milione di siriani, che fuggivano dalla guerra, ingenerando ancor di più la convinzione che le porte fossero spalancate. Non era così. La Merkel si rese conto che non poteva accogliere tutti e si mise nelle mani di Erdogan, che bloccò il transito, facendo pagare a caro prezzo all’UE il costo dell’indecente commercio, con vantaggi politici egualmente osceni, come le mani libere per lo sterminio dei Curdi, i quali, dopo aver sconfitto i tagliagole dell’Isis sul campo, hanno detto al mondo che per amici avevano soltanto le loro montagne.

Nei campi profughi in Turchia ci sono oltre tre milioni di poveri diavoli e complessivamente nel mondo oltre 100 milioni.

La mancanza di lavoro, le illusioni create dalla televisione, che descriveva un mondo che non c’era più, ammesso che ci fosse mai stato, la presenza quasi esclusiva di migranti di sesso maschile, hanno determinato conflittualità sociali, che, sempre più spesso, si stanno trasformando in rivolte.

Il multiculturalismo è fallito e i teorici, che l’hanno imposto in nome dell’accoglienza universale e del rispetto delle abitudini, dei costumi e della religione dei nuovi venuti, incolpano del fallimento i governi, incapaci di favorire la libertà di culto e di rispettare i loro modelli culturali.

L’accusa, almeno in Europa, è priva di senso. Prendiamo la Francia, dove la libertà di culto è un dogma. Tutte le confessioni religiose sono tutelate, ma quella islamica ha una posizione di privilegio ed è stato permesso che si espandesse, come ho già detto. Solo recentemente alcune moschee sono state chiuse per le predicazioni di incitamento all’odio e alla jihad di imam radicalizzati.

La Francia ha limitato, allora, comportamenti e costumi dei musulmani? Cerchiamo di capirlo.

A parte Mila, una diciottenne francese, che, da quando aveva 16 anni, solo per aver manifestato la sua opinione sulla natura violenta del Corano, ha ricevuto decine e decine di migliaia di minacce di stupro e sgozzamento a vista dagli integralisti islamici, anche se i moderati non hanno fatto nulla per prendere le distanze, vive segregata, scortata a volte persino da unità speciali dell’esercito 365 giorni all’anno, ha dovuto fare gli esami di maturità in un liceo militare; a parte le stragi a Parigi alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, al supermercato Kasher e al Bataclan, a Nizza sul lungomare gremito di uomini, donne e bambini, tra essi sicuramente anche musulmani, in occasione della festa della Repubblica il 14 luglio 2016, a Montauban e a Tolosa, quando nel marzo 2012 vennero uccisi tre militari e quattro persone in una scuola ebraica, il rabbino e tre studenti, tra cui una bambina di otto anni con un colpo alla tempia e un ragazzino di 15 anni; a parte il professore sgozzato per aver insegnato ai suoi studenti il valore della libertà di parole ed opinione, lezione non gradita a una ragazzina musulmana, che si è lamentato con il papà, il quale l’ha subito accontentata; a parte il giovane padre sgozzato davanti alla scuola dove stava accompagnando la sua bambina; a parte i preti e i fedeli sgozzati in chiesa, alcuni simbolicamente sull’altare, a parte le aggressioni e le uccisioni di ebrei e gli attacchi alle loro sinagoghe, che hanno provocato l’ennesima diaspora verso Israele e gli Stati Uniti; ecco, lasciamo da parte tutto questo e anche i 44.000 accoltellamenti verificatesi nel 2021, e che hanno lasciato sul terreno morti e feriti, sono davvero così islamofobi e illiberali i nostri perfidi cugini d’oltre alpe?

Marsiglia, fondata nel VII secolo a.C. da coloni greci, è la città musulmana più grande al mondo dopo Il Cairo e, in molti quartieri, i francesi non possono entrare se non a rischio della vita e i codici napoleonici sono stati abbandonati a favore della sharia, legge del Corano. Più dei codici servirebbe Napoleone Bonaparte.

Saint Denis, una delle città principali dell’Ile de France, la regione di Parigi, dove nella Cattedrale sono sepolti i Re francesi, è praticamente un’enclave musulmana, già i cittadini ebrei l’hanno lasciata e i francesi un po’ alla volta se ne stanno andando. Si vende principalmente cibo halal e abiti di foggia usata dai fedeli, uomini e donne, indossati anche dai ragazzi nelle scuole, malgrado il divieto di portare a scuola simboli religiosi. Il territorio è controllato da bande di giovani radicalizzati e la polizia evita di intervenire, se proprio deve farlo entrano in azione reparti di élite armati fino ai denti.

Sono rari i nuovi arrivati, la gran parte dei ragazzi sono di cittadinanza francese di terza generazione, almeno. I nonni e i padri sono arrivati in Francia nel XX secolo, hanno lavorato duramente e si sono perfettamente integrati, hanno servito nell’esercito francese, hanno avuto la possibilità di studiare, di farsi strada nelle professioni liberali, nella politica, nello spettacolo.

Figli e nipoti non si sentono francesi, tifano Marsiglia, ma più ancora sono attratti dalle sirene dei «Fratelli Musulmani» e, a differenza di Ulisse, non si sono fatti legare all’albero maestro, quando anch’essi dovevano scegliere la rotta tra Scilla e Cariddi. Molti di essi sono stati reclutati dall’Isis per combattere la folle battaglia per la rifondazione del Califfato.

Non si può parlare, allora, neppure di multiculturalismo, ma di rinuncia all’integrazione, che già possedevano e che, per fortuna, la maggioranza, almeno spero, dei giovani ha voluto conservare.

Analoga situazione in Belgio, paese di storia colonialista per eccellenza, che nelle grandi città ha rinunciato alla giurisdizione su molta parte del suo territorio. Non a caso, a Bruxelles, il quartiere di Molenbeek, all’ombra degli eleganti palazzi della Commissione Europea, è stato cuore e cervello degli attentati in Francia del 2015.

EZIO CALDERAI                                                                                                                                        (continua)

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