La “simbiosi alieutica”. Un’idea creativa e potenzialmente concreta di “sistema” di simbiosi industriale applicato al settore della pesca.
di GIORGIO CORATI ♦
La “simbiosi alieutica” è un’idea astratta, di possibile realizzazione.
Concettualmente è una “frontiera innovativa” sia come modello economico sostenibile, impostato su di un approccio detto “scarto ittico zero”,1 sia come possibile “strumento” di policy2 utile per posizionare la produzione ittica primaria lungo la traiettoria della sostenibilità in senso lato.
Ho già sostenuto che lo scarto o i residui del pesce come pelle, viscere e lische e, nel caso dei crostacei, i carapace sono utili nella moderna bioeconomia,3 laddove la ricerca ne estrae molecole bioattive4 al fine di un loro riuso come materie per la produzione innovativa, eco- e biocompatibile di materiali e prodotti.
Dunque, se, sulla base di criteri economici, una risorsa è considerata di valore insufficiente per un’azione di recupero, la possibilità di un suo “uso condiviso-scambio e riuso” è pressoché nullo. Tuttavia, se si prende in considerazione la possibilità che il suo scarto o rifiuto, che deriva già da un solo utilizzo, possa generare nuovo valore o un valore aggiunto, se recuperato, usato come materia prima seconda e ottimizzato in un nuovo processo produttivo, allora anche il valore della materia prima tenderà ad essere riconsiderato. In tal senso, lo scarto o il rifiuto recuperato e reso materia prima seconda viene immesso in un nuovo ciclo di produzione. Ad ogni nuovo ciclo di “uso condiviso-scambio e riuso” tipico del modello di economia circolare, 5 lo scarto di materia rientra nel processo con un nuovo proprio ciclo di vita, mantenendo il proprio valore più a lungo, fino a quando le sue caratteristiche qualitative ne assicurano l’utilità per un successivo processo produttivo. In tal modo il conferimento dello scarto o del rifiuto in discarica è drasticamente ridotto e l’inquinamento ambientale minimizzato. La valorizzazione della risorsa in un nuovo processo produttivo, dovuta al recupero del suo scarto e a processi che gli attribuiscono un valore, e dunque un valore aggiunto della materia prima, comporta la riconsiderazione, appunto, in termini di valore della risorsa stessa e ciò determina una maggiore attenzione al recupero e alla conseguente ottimizzazione dello scarto nella logica della circolarità e nell’ottica di strategie produttive connesse.
Un mio recente studio sul settore della pesca, che segue altri scritti secondo la mia personale analisi sul comportamento di consumo di prodotti della pesca, prospetta una proposta per una soluzione che deriva da una problematica dibattuta, ma anche osservata, e che è relativa a vari temi contingenti che affliggono il settore della pesca.
Nello studio si fa riferimento ad attività di “recupero” e di conseguente valorizzazione dello “scarto ittico” e dei “flussi biologici della frazione organica” 6 del pesce quale buona pratica per assicurare l’”ottenimento” di molecole bioattive e di sostanze utili da poter usare per la creazione di materia che sostituisce risorse di origine estrattiva, chimica o sintetica ovvero di materia prima seconda utile per la produzione di materiali e prodotti bioinnovativi anche tramite strategie di economia circolare ed applicazioni nei processi di “upcycling” (riciclo).7
Ciò detto, dalla visione di un’idea astratta e creativa al tempo stesso, è potenzialmente definibile la proposta un modello di simbiosi a rete, concretamente strutturabile, che trae spunto da un modello di simbiosi industriale,8 che intende valorizzare principalmente le risorse ittiche. Concettualmente, si tratta di una “frontiera innovativa” quale modello strategico di sviluppo, che si definisce “simbiosi alieutica” come un modello economico sostenibile, impostato su di un approccio detto “scarto ittico zero” che si pone in contrasto al depauperamento, alla dissipazione e allo spreco di risorse ittiche. La “simbiosi alieutica” non è esclusivamente un modello sostenibile, cioè fondato sulla creazione e l’attuazione di strategie che considerano in modo equilibrato le dimensioni economica, sociale e ambientale, bensì è anche un possibile “strumento” di policy, utile per posizionare la produzione ittica primaria lungo la traiettoria della sostenibilità in senso lato. La dimensione economica riguarda la creazione di materie, materiali e prodotti eco- e bioinnovativi e prodotti biobasati, quali opportunità per la creazione di valore da flussi biologici e da flussi tecnico-fisici di “scarto”, oltre che di diversificazione di prodotto su nuovi mercati. La dimensione sociale fa riferimento agli aspetti relazionali tra imprese della rete e tra queste e il contesto sociale in una visione condivisa e comune, come nel modello di simbiosi industriale. La dimensione ambientale mira a rispettare e valorizzare maggiormente la biodiversità ittica e a rispettare e proteggere l’ecosistema attraverso strategie di circolarità, creando e realizzando materie, materiali e prodotti eco- e bioinnovati e prodotti biobasati tramite un uso efficiente delle risorse, valorizzando quanto genericamente ritenuto di scarto e minimizzando gli impatti sia sull’ambiente marino sia su quello antropico. La “simbiosi alieutica” è intesa, dunque, come un modello utile per la “transizione” dall’ottica dell’economia lineare9 verso il paradigma dell’economia circolare, principalmente nel contesto dell’economia del mare (Blue economy), definita anche economia blu, ed anche, come si dirà, nell’ottica della bioeconomia e della bioeconomia blu.10
La “simbiosi”, connessa e interrelata in modo non esclusivo all’attività di produzione primaria della pesca, crea le basi per uno sviluppo economico sostenibile e diffuso di innovazione di prodotto e di processo, che riguarda ed investe positivamente l’ambiente, le sue risorse naturali e la prosperità delle persone che vivono nella comunità ospitante, la quale deve essere considerata estesa, cioè nel senso che va intesa oltre il significato comune del termine municipalità. Uno sviluppo da sostenere, accogliere, accompagnare e osservare sia sotto gli aspetti della responsabilità sociale di impresa e della responsabilità estesa del produttore sia per quanto concerne gli aspetti ambientale e sociale, relativi principalmente agli interessi della comunità ospitante. Uno sviluppo a sostegno dell’attività della produzione primaria della pesca, da cui derivano sia attività di ricerca e sviluppo, oltre che nuove opportunità economiche, connesse all’uso di strategie di economia circolare e nell’ottica della bioeconomia e della bioeconomia blu.
La “simbiosi alieutica” si inserisce di fatto nell’ambito di un possibile nuovo ampio modello di business/sviluppo retroportuale e dell’entroterra di una comunità costiera. Ciò determina una nuova catena del valore nel settore della pesca, una catena del valore “rinnovata” e ampliata che assicura un ruolo alle nuove imprese e ai soggetti entranti. In questa visione di sviluppo, il modello di “sistema” si fa portatore e portavoce dell’importanza della biodiversità delle specie ittiche, nonché della sostenibilità dell’uso e del consumo delle risorse in genere, anche al fine del superamento del concetto di economia lineare, proponendo e promuovendo innovazione, e della rinuncia al “fare come al solito” – tale è riferito al concetto di “business as usual”, cioè della “pratica” detta di “affari come al solito”.
Ciò detto, è inteso, date le turbolenze nello scenario globale, data la necessità di ridurre gli impatti della produzione e i loro effetti negativi sull’ambiente naturale, dato il recupero e la valorizzazione strategici delle risorse usate e utilizzate e comunque non soltanto per favorire il mantenimento della biodiversità ittica, date anche contingenze economiche della produzione primaria e la mutevolezza sia nella concorrenzialità tra attività economiche produttive e di trasformazione sia dei bisogni del consumatore che si manifestano sempre più con la domanda di materie, materiali e di prodotti eco- e bioinnovati e prodotti biobasati. Inoltre, dato anche uno scenario competitivo, in cui le stesse attività economiche manifestano e perseguono strategie di recupero di materie prime, di scambio e riuso di materie prime seconde e materiali.
La concezione innovativa del “sistema” si esprime sia nell’azione condivisa al proprio interno sia all’esterno della comunità costiera ospitante a cui fa riferimento. In senso simbiotico, l’operatività è attuata tramite una “forma” che assicura un modo alternativo di considerare il localismo, in quanto il modello prevede una capacità di produzione e di ricerca diffusa lungo un’area territoriale non riconducibile ad una singola municipalità, sebbene non vasta. L’azione è condivisa tra piccole e medie imprese diverse per tipologia di attività e di funzione economica e tuttavia collaborative, per raggiungere l’obiettivo comune, ciascuna secondo il proprio interesse economico e di mercato. La valorizzazione delle risorse è resa possibile anche tramite l’utilizzo di pratiche di Migliore Tecnologia Disponibile, nonché mediante servizi di logistica e servizi complementari condivisi, tra i quali l’utilizzo di piattaforme digitali di condivisione di informazioni e dati di flussi biologici recuperati dallo “scarto ittico” e di flussi tecnico-fisici di materie e di materiali di scarto o residui. In questa logica, tra le imprese della rete è assicurato anche l’uso condiviso-scambio di energia in eccesso, prodotta da fonti rinnovabili, e dell’acqua utilizzata, come flusso in entrata trattato opportunamente per il riutilizzo.
In buona sostanza, le imprese e i soggetti portatori di interesse attivo sono coinvolti dallo scambio di competenze e di conoscenze, di materie prime (“scarto ittico” compreso), di flussi di materie prime seconde e di materiali tramite strategie di circolarità e attività di ricerca nel settore della bioeconomia come quelle degli Organismi di ricerca (OdR).11
La produzione da innovazione – come già accennato, nel senso di innovazione di processo e di innovazione di prodotto – consente la penetrazione potenziale di nuovi mercati, individuati in base alla domanda di biomateriali e bioprodotti ad alto contenuto biotecnologico, mentre, attraverso le entrate derivanti dalle vendite sui mercati esteri, il “sistema” produttivo locale sostiene di fatto la bilancia commerciale.
GIORGIO CORATI
