“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – MA I BAMBINI GIOCANO?
di STEFANO CERVARELLI ♦
E’ scoppiata l’estate.
Un mio amico dice che l’estate è bella per chi può godersela, per chi può andare al mare, per chi non può rimane solo, solo caldo, sudore, zanzare.
Forse sarà anche così, ma per l’estate è anche la stagione più propizia per “liberare” il corpo dalle pareti in cui è rinchiuso per tutto l’anno, il periodo che ci permette di vivere maggiormente all’aria aperta, godere della luce del sole, del movimento; basta andare, nelle ore giuste, a fare una passeggiata sul lungomare o approfittare del verde, dei boschi, delle colline vicine.
L’estate, indubbiamente, è la stagione preferita da bambini e ragazzi anche se sono andate sempre più scomparendo le occasioni e le possibilità di giocare, correre all’aperto, intendendo con questo il gioco libero, spontaneo; riguardo questo, o per meglio dire in conseguenza di questo, oltretutto c’è da porsi una domanda, che in un certo modo è angosciante: ma i bambini ed i ragazzi di oggi sanno correre? Sembra questa una capacità che va scomparendo, insieme ad altre capacità motorie fondamentali.
Troppi bambini e ragazzi appaiono poco coordinati nei movimenti riguardo la corsa: la prima causa del “declino”, di quella che dovrebbe essere la principale attività spontanea, sta risentendo di una “lunga” ondata di pigrizia, così almeno dicono gli esperti; e questo si registra maggiormente tra bambini e ragazzi che vivono in città.
Poche sono rimaste le occasioni per giocare liberamente attingendo agli schemi motori fondamentali, la mancanza di spazi, le preoccupazioni – indubbiamente condivisibili dei genitori – fanno sì che lo stile di vita dei bambini e dei ragazzi stia cambiando.
Non è certo mia intenzione fare dietrologia, ma tutti ricordiamo i tempi della nostra infanzia cresciuta nelle piazzette e nelle strade; il paragone oggi è improponibile, certo, ma le conseguenze poi sono visibili: i nostri ragazzi, quando corrono, sono meno naturali, la coordinazione lascia a desiderare, rispetto ai genitori e ancor più ai nonni.
Manca purtroppo la palestra della strada, del giocare, rivaleggiare con i compagni, praticare cioè il gioco spontaneo, quello che più di ogni altra cosa ti obbliga ad affinare le capacità e le doti fisiche; oggi questi giochi non trovano più ospitalità nemmeno nei luoghi dove potrebbero essere svolti, i parchi.
Qui, passandoci, come spesso mi capita, vedo bambini e ragazzi alle prese con giochi sempre più “immobili”che hanno come strumenti principali telefonini, tablet e così va, anche se da una parte in un angolo capita per fortuna di vedere ancora qualche bicicletta, un pallone.
I ragazzi che fanno agonistica, e che negli anni sono diminuiti, bisogna riconoscere invece che sono migliorati nelle prestazioni, ma rappresentano una nicchia e sono sempre poco coordinati nella corsa, ma anche quando camminano sono meno scattanti, elastici, possiedono meno flessibilità, meno sincronismo. Alcuni camminano senza muovere le braccia, sembrano tanti “robot”.
Apro una parentesi. Sono difetti che poi si portano in età adulta, basta andare sul lungomare o nei parchi e vedere come corrono i grandi. Chiusa parentesi.
Le mie impressioni trovano conferma nelle parole di uno che di motorietà se ne intende ed i ragazzi li conosce: Antonio Andreozzi, vicedirettore tecnico per le Nazionali Under 23, 20,18 della Fidal (federazione italiana di atletica leggera) e che da 40 anni è nel mondo dell’atletica.
Alla domanda cosa sta succedendo risponde: “Lo sviluppo delle capacità motorie di base che aiutano a diventare un discreto atleta, si è ridotto”.
Correre però non è solo un gioco o sport, la corsa, il movimento in generale, ha riflessi sullo sviluppo psico-fisico. A questo proposito sentiamo cosa dice Luana Morgilli, psicologa in ambito sportivo e psicoterapeuta: “Nel correre, nel camminare, ma anche nel palleggiare, osserviamo un decremento di tutti gli schemi motori, quelli che vengono sviluppati da quando nasciamo e che sono essenziali in tutte le attività sportive ed anche in alcune attività quotidiane
Si avverte, spesso, la mancanza di un passaggio importante: la corsa spontanea, il gioco all’aperto”.
Inutile girarci intorno. Il problema è proprio quello: acquisire al momento giusto le competenze fondamentali per svolgere poi compiti motori più complessi.

C’è poi un altro problema. I genitori, quando iscrivono i figli piccoli ad una attività, spesso scelgono una con caratteristiche tecniche specifiche; il bambino invece ha bisogno di svilupparsi e crescere in maniera armonica, senza che ci sia una parte o un lato del corpo predominante, questo anche a livello-cerebrale, ma qui il discorso diventa null’altro.
Dice ancora la dottoressa Morgilli a questo proposito: “La specializzazione precoce rischia di demotivare i bambini per il peso che viene dato al compito prima che al divertimento”. Come non essere d’accordo? Basta farsi un giro nelle varie “scuole” di sport, ad iniziare da quelle del calcio, per rendersi conto della giustezza del concetto sopra riportato.
Ecco, dovrebbero essere proprio le scuole delle varie discipline sportive a cercare di colmare la mancanza di quell’attività spontanea di cui sto parlando, lasciando liberi i bambini di esprimersi attraverso il gioco, un gioco che, nelle sue varie forme, abbia un collegamento con la disciplina della scuola sportiva.
Il divertimento dovrebbe essere il primo scopo che un istruttore di bambini deve proporsi, è una una componente imprescindibile dell’insegnamento sportivo; non bisognerebbe mai dimenticarsi che davanti abbiamo bambini che vanno trattati da bambini e devono fare le cose da bambini, non sono “piccoli” adulti, non sono atleti in miniatura, loro vogliono giocare ed è attraverso il gioco che bisogna dare loro le nozioni e gli schemi fondamentali di notorietà. Invece…..
I bambini vanno a fare sport innanzitutto perché vogliono divertirsi.
Permettetemi a questo proposito un ricordo personale.
Quando ero istruttore di minibasket (non ho detto appositamente allenatore perché con i bambini non si è allenatori) all’inizio della lezione la prima cosa che i bambini mi chiedevano era : “Stefano ma alla fine facciamo le gare, sì?”.
Dopo aver parlato di sport dei bambini e dei ragazzi concludo rivolgendomi ai grandi con un appello dai toni senz’altro amichevoli.
Ho iniziato a scrivere parlando dell’estate come stagione favorevole ad uscire, andare all’aria aperta, fare movimento, lunghe passeggiate.
L’invito che vi rivolgo è proprio questo; fate movimento, bastano semplici passeggiate, ovviamente nelle ore giuste.
Alla nostra età è sufficiente fare 150 minuti di camminata alla settimana, ripartiti come volete, il mio consiglio è fare tre volte 50 minuti; l’importante è non stare fermi,i benefici dell’attività fisica sono tanti, inutile che li ripeta, li conoscete.
Ultima cosa: al camminare non ci sono limiti d’età, la specularità del camminare è proprio questa: ognuno può andare tenendo conto delle sue possibilità e delle sue condizioni fisiche, senza nessun problema; la camminata, qualunque sia ed in qualunque modo viene effettuata, va goduta.
“Quando a causa degli anni non potrai più correre, cammina veloce.
Quando non porrai più camminare velocemente , cammina.
Quando non potrai più camminare usa il bastone.
Però non fermarti mai.”
(Madre Teresa di Calcutta)
STEFANO CERVARELLI
P:S: Questo è l’ultimo articolo della stagione. Agorà Sportiva, non avendo certezza di una buona connessione ad Internet dal suo luogo di vacanza, quest’anno anticipa la chiusura estiva. Buona estate a tutti!

L’autore dell’articolo mette il dito su un’antica piaga.
Il problema dei bambini sedentari ed ipocinetici è endemico alla nostra società e, di conseguenza, allo sport; ce lo ponemmo come Federazione Italiana di Atletica Leggera già nel 1993, allora ero dirigente CONI, distaccato presso la Divisione Centro Studi e Ricerche della FIDAL, ma il problema era già noto da tempo. Avviammo degli studi, partendo da tre considerazioni:
– l’importanza, ai fini della prevenzione dell’obesità, delle abitudini alimentari ma anche di quelle motorie;
– l’importanza per le fasce giovanili della pratica sportiva quotidiana;
– l’importanza di attività motoria e sportiva fatta con divertimento,
al fine di allargare e qualificare la base dei giovani praticanti e incrementare la possibilità di reperimento della base dei giovani praticanti. Sapevamo che la pratica sportiva, al di sotto degli 11 anni, se limitata a due- tre ore settimanali non era sufficiente ad indurre un adeguato dispendio energetico a meno che non fosse integrata quotidianamente da altre attività di movimento e da giochi sportivi di movimento e che uno scorretto stile di vita, oltre a favorire l’obesità, favorisce l’insorgere di malattie dismetaboliche.
A partire dagli anni Sessanta, per una serie di ragioni sociali ed economiche, accentuate dalla denatalità, gli adulti, non solo nelle figure dei familiari, ma anche in quelle politico-istituzionali, economiche e sociali, si erano sempre più focalizzate sui propri bisogni e sui propri obiettivi, perdendo la capacità di attenzione per alcune, fondamentali esigenze dei bambini.
Questo atteggiamento ha prodotto:
– un sistema scolastico che ha considerato i bambini destinatari solo di informazioni teoriche, perdendo di vista le enormi possibilità di apprendimento attuabili attraverso qualificate ed adeguate esperienze motorie;
-un sistema urbanistico (soprattutto riferito ai criteri di costruzione degli agglomerati e del sistema viario) che ha omesso e privato i bambini degli spazi idonei per i giochi di movimento;
– un sistema commerciale che ha, prevalentemente, considerato i bambini consumatori, cosicché l’offerta televisiva e la produzione di video-giochi li ha catturati, per diverse ore giornaliere, su una poltrona, privandoli del gioco e del movimento;
– un sistema sanitario focalizzato sulle patologie e non sulla prevenzione che dovrebbe iniziare in età infantile, anche attraverso una corretta alimentazione e un’adeguata attività motoria;
– un sistema sportivo non adeguato a interpretare i bisogni di gioco e di un articolato sviluppo motorio dei bambini, spesso avviati ad una precoce attività agonistica.
Su tali ambiti, ora come allora, è necessario intervenire per favorire l’acquisizione di un insieme sempre più articolato di abilità e proporre un carico fisico graduale e crescente che stimoli i processi fisiologici di adattamento dei bambini, che è bene ricordarlo non sono degli adulti in miniatura.
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Non parliamo poi di attività dove la “Cordinazione” viene prima di tutto, come ad esempio “Saltare a corda”.
Lì si supera davvero l’inimmaginabile e la fantasia.
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