“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – SPORT E CUORE
di STEFANO CERVARELLI ♦
Dopo una storia di sport e amore, questa volta voglio raccontarvi una storia di sport e… cuore; direte: “Ma non è la stessa cosa?”. No, perché se lì il cuore rappresentava l’emblema dell’amore, questa volta il cuore è al centro della storia nella sua funzione vitale.
Francesco Fiore, 35 anni, originario di Matera, fin da bambino aveva un hobby, che poi si trasforma in passione e quindi in pratica sportiva.
Francesco Fiore, però, non è un tennista come gli altri. Quando ha 10 anni è sottoposto ad un trapianto di cuore, a ventinove anni deve nuovamente subire un trapianto, questa volta doppio: cuore e reni.
L’intervento, oltre a restituirgli la vita, gli permette di tornare in campo arrivando a giocare nella Nazionale Italiana guidata da ANED SPORT, Associazione Nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianti partecipante ai giochi mondiali per trapiantati disputatesi in Australia dal 15 al 22 aprile.
Francesco Fiore non solo partecipa, ma vince due medaglie di bronzo nel singolo e nel doppio.
Raccontando la sua storia Francesco, sorridente, per prima cosa dice: “Le mie vicissitudini possono tornare utili a far capire che la donazione è vita. Io sono stato fortunato, ma la fortuna dipende anche dalla volontà di tutti di donare; purtroppo, ancora, molti dicono di no”.
Poi racconta la sua storia fatta di sport, cuore e donazioni.
“A cinque anni, dopo una polmonite molto grave, mi venne diagnosticata una cardiopatia dilatativa, in poche parole si riduce la capacità del muscolo di pompare il sangue. La mia vita cambiò radicalmente; non potevo più fare quelle cose che normalmente fanno i bambini, correre, saltare, in poche parole non potevo più giocare. Al compimento del decimo anno i medici decisero che avevo bisogno di un trapianto e mi misero in lista d’attesa; dopo alcuni mesi la chiamata arrivò, l’operazione andò benissimo e da quel momento, posso dire, è iniziata la mia vita”.
Francesco prosegue: “Vivevo in una famiglia di tennisti, un mio fratello è tecnico nazionale, l’altro è istruttore e mio padre maestro di tennis, avvicinarmi a questo sport dunque è stata una conseguenza oltremodo scontata; mio padre, oltretutto, dopo la diagnosi di malattia che ebbi a cinque anni, decise di insegnarmi a giocare, proprio per non farmi sentire troppo diverso rispetto agli altri bambini; giocavo con lui un paio di volte a settimana, questo fino al primo trapianto.
In seguito i medici non mi dettero più il permesso di fare attività agonistica, ed allora ho continuato a praticare il tennis come semplice hobby, limitandomi negli incontri e nella loro durata. Ero molto dispiaciuto per questo, perchè a me piaceva il confronto, la competizione sportiva, ma che potevo farci?…”
“Poi”- continua a raccontare Francesco -”intorno ai vent’anni è arrivato il momento più difficile, quando i miei reni hanno smesso di funzionare; ho iniziato a fare dialisi e ho dovuto abbandonare completamente il tennis; fu un periodo davvero molto duro, sopratutto dal punto di vista emotivo.
Avevo deciso di vivere alla giornata nella consapevolezza che oramai l’unica soluzione fosse il trapianto.
La chiamata però non arrivava e le mie condizioni peggioravano sempre più; come se non bastasse dopo dieci anni ecco che anche il cuore trapiantato comincia a risentire delle mie condizioni fisiche; ho rischiato l’arresto cardiaco ed ero talmente demoralizzato da aver perso ogni speranza.
Non avevo nè più tempo nè scelta: i medici decisero di inserirmi in una lista d’attesa per un doppio trapianto: reni e cuore”.
“Ora”- dice Francesco- “ne parlo quasi con aria distaccata, come se la cosa non mi riguardasse”.
“Che successe allora?”.
“I giorni passavano e la chiamata non arrivava, stava diventando un’angoscia, finché un giorno questa sospirata chiamata arrivò, così, all’improvviso”.
“E che emozione hai provato?”.
“A dieci anni la voglia di essere come gli altri bambini vinceva la paura di ricevere l’organo di una persona morta; questo non destava in me grande emozione o apprensione; non mi importava, non ci pensavo più di tanto, per me significava solo che potevo tornare a correre, a giocare.
Il secondo trapianto invece è stata un’esperienza molto diversa.
Mi sono subito sentito “connesso”al mio donatore. Pensavo a lui come a un fratello che non c’è più ed era, ed è ancora, difficile descrivere quello che avverto quando poggio la mano sul petto e sento questo cuore, non mio, che batte dentro il mio corpo permettendomi di vivere.
Dopo l’intervento ho vissuto un periodo come dire, strano? Perché dopo 10 anni di malattia, improvvisamente stavo bene, per la prima volta non avvertivo il “peso del futuro”; così nel 2019 decisi di fare, da solo, il cammino di Santiago, e quando sono arrivato ho realizzato che stavo bene”.
“Quel cammino”- aggiunge Francesco-”è stato come un passaggio: dalla percezione di me come persona malata alla consapevolezza di poter riprendere la vita in mano come persona sana. Ovviamente devo osservare determinate cautele e ogni quattro mesi sottopormi alle visite di Follow-up, ma posso risvegliarmi al mattino pensando al futuro.”
“ E con il tennis?”
“Dopo il trapianto temevo che il tennis fosse fisicamente troppo impegnativo finché, due anni dopo il trapianto, casualmente mi trovai a giocare in vacanza con un mio amico. Non prendevo la racchetta in mano da 10 anni, mi accorsi che il fisico rispondeva bene e così piano piano ripresi l’attività sportiva. E’ stato come riprendere una parte del mio destino che la malattia mi aveva tolto. Adesso il tennis è la mia più grande passione e ogni volta che metto piede in campo per me è già una vittoria”.
“Uno sport che ti ha fatto conquistare due medaglie di bronzo. Per te cosa vuol dire?”
“ Innanzitutto, ovviamente, una grande soddisfazione personale, visto che il mio rapporto con il tennis è stato abbastanza tormentato; poi non avrei mai creduto di poter tornare a giocare a questi livelli ed infine, ma non certo come ultima cosa, dedico questa vittoria al mio donatore perché è grazie a lui che, oltre naturalmente a vivere, posso di nuovo esprimere il mio amore verso questo sport, dal quale sono stato separato per più di 10 anni; e pensare che ero arrivato quasi ad odiarlo perché in casa mia si parlava solo di quello ed io non volevo più sentirlo nominare né vedere una racchetta”.
“ I tuoi prossimi progetti?”
“Vorrei iscrivermi al corso di Scienze Motorie, studiare i vantaggi che offre lo sport per le persone che devono convivere con una malattia e poi devo allenarmi per i giochi nazionali che si terranno a Cervia il prossimo settembre e presentarmi nel miglior modo possibile all’appuntamento più importante: i World Transplant Games che si terranno nel 2025 in Germania, a Dresda.
Per lui ci sarà a sostenerlo di certo tutta la forza dei nostri cuori.
STEFANO CERVARELLI

Un’altra storia meravigliosa narrata…con il cuore
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Bella storia.
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